Il blogger è stato condannato a dieci anni di carcere e mille frustate per aver sfidato le autorità religiose con il sito Saudi Arabian Liberals. La pena fu sospesa un anno fa, dopo la prima fustigazione pubblica, ma adesso la moglie denuncia: presto la pena sarà eseguita
AGGIORNAMENTO ore 12.15 – BADAWI RICEVE IL PREMIO SAKHAROV PER I DIRITTI UMANI
Pochi minuti fa il presidente del parlamento europeo, Martin Schulz, ha annunciato il vincitore del premio Sakharov per i diritti umani di quest’anno: è il blogger saudita Raif Badawi, prigioniero nelle carceri del paese. Schulz ha fatto appello a re Salman perché “lo liberi subito, così che possa ritirare il premio”.
La decisione di premiare Badawi è una presa di posizione da parte dell’Unione Europea che sta facendo pressioni sulla monarchia saudita affinché liberi il blogger, oppositore e voce critica delle istituzioni nazionali.
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di Sonia Grieco
Roma, 29 ottobre 2015, Nena News – Il tempo di far scemare l’attenzione internazionale e la macchina della giustizia saudita starebbe per riprendere in mano la verga per punire il blogger Raif Badawi, colpevole di aver sfidato le autorità religiose con il sito Saudi Arabian Liberals.
La moglie, Ensaf Haidar, che vive in Canada con due figli, ha detto di aver saputo da “fonti attendibili” che a breve riprenderà il ciclo di frustate: ben mille in venti, chiamiamole, sedute, a cui è stato condannato Badawi, oltre ai dieci anni di carcere che sta scontando in una prigione del regno. Al momento non ci sono conferme dalle istituzioni saudite, ma la signora Haidar afferma di sapere che le frustate riprenderanno “presto” e questa volta la pena sarà eseguita tra le mura del carcere in cui è detenuto il blogger.
La prima fustigazione, invece, fu pubblica, come spesso accade, anche nel caso delle decapitazioni, nel regno. Lo scorso gennaio a Badawi furono inflitte le prime cinquanta frustate davanti alla moschea Al-Jafali di Gedda, all’uscita dalla preghiera del venerdì. La fustigazione pubblica scatenò l’indignazione internazionale e un coro di condanne che portarono alla sospensione della pena.
La denuncia della moglie oggi ha riacceso i riflettori sul blogger, considerato un prigioniero di coscienza da Amnesty International che più volte ha ribadito che le punizioni corporali sono vietate dal diritto internazionale e ha chiesto il rilascio del blogger, a cui il Canada ha offerto asilo.
Rafi Badawi è in carcere dal 2012. Il suo caso è passato da un tribunale all’altro. Inizialmente, era stato condannato a sette anni di prigione e seicento frustate, poi il caso è stato rinviato al Tribunale penale di Gedda che ha inasprito la pena.
Una pena durissima e disumana per aver espresso i proprio dissenso su un blog. I reati contestatigli vanno dai crimini informatici all’apostasia (reato per cui si rischia la decapitazione), alla disobbedienza al padre. Con i suoi articoli Badawi avrebbe offeso le autorità religiose del regno, dove dissenso e libera espressione delle proprie opinioni non sono ammessi. Le primavere arabe del 2011 hanno fatto tremare la dinastia wahhabita ed è stata subito la macchina della repressione a mettersi in moto. Raif Badawi non è l’unico attivista finito dietro le sbarre e la sua sentenza non è la più crudele.
Attivisti sauditi e l’Ong britannica Reprieve lo scorso settembre hanno denunciato la condanna a morte per decapitazione e crocifissione del 21enne Ali Mohammed an-Nimr, arrestato quando era ancora minorenne per aver partecipato a una protesta contro il regno e accusato e condannato per terrorismo. Accuse che egli stesso avrebbe confessato, dicono gli attivisti, sotto tortura.
A complicare la posizione di Ali Mohammed an-Nimr è il suo albero genealogico: è infatti il nipote di Shaykh Nimr Baqr an-Nimr, noto imam sciita e oppositore della casa reale sunnita wahhabita. Anch’egli fu imprigionato e decapitato agli inizi delle rivolte arabe scoppiate nel 2011. Nena News