Sarà fustigato in pubblico l’attivista e blogger saudita che ha osato sfidare le autorità religiose con il sito Saudi Arabian Liberals. È stato condannato a dieci anni di carcere e mille frustate, oggi le prime cinquanta. Amnesty chiede di fermare l’esecuzione della pena
della redazione
Roma, 9 gennaio 2015, Nena News – Sei esecuzioni capitali in otto giorni. È iniziato così il nuovo anno in Arabia Saudita, dopo che il 2014 si era chiuso con 87 condanne a morte eseguite. E oggi è prevista la fustigazione pubblica dell’attivista e blogger Raif Badawi, condannato a dieci anni di carcere, una multa di un milione di Riyal (circa 225.500 euro di multa) e mille frustate per una serie di reati che vanno dai crimini informatici all’apostasia (reato per cui si rischia la decapitazione), alla disobbedienza al padre.
Reati che Badawi avrebbe commesso attraverso il sito web Saudi Arabian Liberals di cui è cofondatore, scrivendo e dando spazio a opinioni non tollerate dai vertici religiosi del regno wahabita. Così, i suoi articoli critici nei confronti di alcune figure religiose saudite gli sono costati una pena così severa da scatenare l’indignazione internazionale.
L’attivista saudita sarà frustato cinquanta volte dopo la preghiera del venerdì, di fronte alla moschea Al-Jafali di Gedda. Il resto della pena sarà scaglionato in un periodo di venti settimane.
Amnesty International (AI), che considera Badawi un prigioniero di coscienza, ha lanciato un appello per la sua liberazione. “Le autorità saudite dovrebbero fermare immediatamente l’esecuzione di questa brutale sentenza”, ha detto Philip Luther, direttore di AI Medio Oriente e Nord Africa. “Le frustate e le altre forme di punizione corporale sono vietate dal diritto internazionale. È spaventoso che una punizione talmente crudele e feroce possa essere imposta a qualcuno colpevole soltanto di avere osato creare uno spazio pubblico per discutere e per esercitare in maniera pacifica il diritto alla libertà di espressione”.
Rafi Badawi è in carcere dal 2012. Il suo caso è passato da un tribunale all’altro. Inizialmente, era stato condannato a sette anni di prigione e seicento frustate, poi il caso è stato rinviato al Tribunale penale di Gedda che ha inasprito la pena.
Non è l’unico attivista/blogger finito dietro le sbarre in Arabia Saudita, dove le primavere arabe del 2011 hanno fatto tremare la dinastia wahabita. Il dissenso non è ammesso e neanche la libera espressione delle proprie opinioni, si rischiano pene pesantissime, come quella comminata al 26enne Fadhel al-Manasef, a Walid Abu al-Khair e a tanti altri attivisti. Nena News
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