La rabbia degli haredim non si placa: i cortei contro il servizio di leva proseguono da mesi. Ieri a Bnei Brak erano in 2.000 a bloccare la strada principale. A guidarli è la “Fazione di Gerusalemme”. Il motivo: l’arresto di alcuni studenti delle yeshiva che si erano rifiutati di presentarsi all’ufficio di reclutamento per essere ufficialmente esentati dall’arruolamento militare
di Roberto Prinzi
Roma 21 novembre 2017, Nena News – Non si fermano le proteste degli ultraortodossi (haredim in ebraico) in Israele contro il servizio militare. Ieri un corteo di 2.000 manifestanti ha attraversato le vie della città ultraortodossa di Bnei Brak (vicino a Tel Aviv) per protestare contro l’arresto di alcuni studenti delle yeshiva (istituzione educativa ebraica) che, rifiutandosi di arruolarsi nell’esercito, sono considerati dallo stato israeliano dei disertori. In realtà, sottolinea la stampa israeliana, gran parte delle persone condannate domenica era stata fermata per aver “disturbato la quiete pubblica” in una precedente manifestazione e che solo successivamente si è scoperto che erano stati anche ricercati per essere disertori. Un particolare che cambia poco la sostanza dei fatti: la determinazione ultraortodossa a non far parte dell’esercito.
A scendere in piazza per il secondo giorno di fila è stata ieri la cosiddetta “Fazione di Gerusalemme”, un gruppo radicale all’interno della comunità chasidica ashkenazita. A guidare il movimento è il rabbino Shmuel Auerbach che ha chiesto ai suoi seguaci di “andare in strada e protestare per l’onore della Torah calpestata”. Nonostante gli studenti ultra-ortodossi delle yeshiva continuino ad essere esentati dal servizio militare, a scatenare la rabbia de “la Fazione”, c’è il fatto che sono comunque costretti a presentarsi agli uffici di reclutamento per ottenere ufficialmente l’esenzione. E qualora non dovessero farlo, potrebbero essere arrestati in quanto disertori.
L’obbligo di presenza nelle sedi di arruolamento è rispettato da gran parte del mondo haredim israeliano, ma risulta ancora indigesto al gruppo di Auerbach che nella sola giornata di domenica ha visto 11 dei suoi membri condannati a 90 giorni di carcere per renitenza alla leva.
Quello di non presentarsi negli uffici di reclutamento può sembrare ad un occhio esterno un particolare irrilevante, una piccola “noia” burocratica” che non cambia la sostanza dei fatti: il privilegio dei religiosi a non essere arruolati nell’esercito come è invece imposto a tutta la cittadinanza israeliana (“arabi” esclusi). Eppure, per gli haredim più radicali, quella semplice imposizione legale è letta come un primo passo per l’estensione in un futuro non troppo lontano dell’obbligo di leva anche per loro. Dunque rispettarla vorrebbe dire in qualche modo scendere a compromessi con quella “divisione del fardello” sociale che tanta fortuna politica in termini elettorali ha portato al centrista Yair Lapid di “Yesh Atid” nella scorsa legislatura.
Una prospettiva, del resto, che appare sempre più concreta: a inizio anno la Corte suprema israeliana (noto con l’acronimo ebraico Bagatz) ha deciso di annullare la legge che esenta gli ultraortodossi maschi dal servizio militare perché impegnati in studi religiosi. Secondo il Bagatz tale differenza di doveri “mina l’uguaglianza” tra i cittadini dello stato (in Israele il servizio militare è obbligatorio per uomini e donne che hanno raggiunto i 18 anni).
Consapevole della sensibilità della questione, la Corte Suprema ha tuttavia sospeso la sua decisione finale per un anno in modo da dare il tempo al governo di formulare una nuova legge. Per ora la coalizione governativa guidata da Netanyahu – di cui fanno parte anche i due partiti ultraortodossi Shas e Giudaismo unito della Torah – tace aumentando il malcontento e le preoccupazioni della comunità haredi. Così come fa orecchie da mercante sulle insistenti richieste delle formazioni parlamentari ultraortodosse di interrompere qualunque attività (dai lavori stradali alle partite di calcio) nel corso dello shabbat.
Il premier non va allo scontro e prova a compiere un difficile lavoro di mediazione tra le componenti della sua coalizione. Bibi, infatti, sa che non può deludere gli haredim perché così metterebbe a rischio la maggioranza parlamentare (e quindi l’attuale legislatura). Ma, d’altro canto, è conscio che non può accontentarli del tutto perché questo risulterebbe indigesto a parte di alcuni alleati di governo, nonché ad una ampia fetta del suo elettorato che si sente distante dalla visione della società proposta dagli ultraortodossi.
In queste ultime settimane il rabbino Auerbach aveva mantenuto un profilo basso invitando il suo gruppo alla calma sperando che una sua eventuale buona condotta avrebbe portato al rilascio di alcuni giovani studenti delle yeshiva che non si sono presentati all’ufficio reclutamento. Una speranza che è rimasta tale però: il tribunale militare di Jaffa ha infatti esteso la loro incarcerazione scatenando le ire di Auerbarch che, per rappresaglia, ha dato l’ok ai suoi seguaci della “Fazione” di tornare in strada.
I manifestanti si sono riuniti ieri nel primo pomeriggio a via HaHalutzim a Bnei Brak. Da lì, il corteo dei religiosi è giunto in via Jabotinsky dove era ingente lo schieramento delle forze dell’ordine (presente anche il reparto della polizia a cavallo). Qui sono avvenuti i primi tafferugli con gli agenti che, nel tentativo di disperdere la manifestazione che aveva bloccato una delle principali arterie cittadine, hanno fatto uso di cannoni acqua.
Scene simili si erano viste nel Paese anche domenica non solo a Bnei Brak ma anche a Gerusalemme. Il bilancio complessivo delle due manifestazioni è stato di 41 persone arrestate (a ottobre erano stati oltre 100 gli haredim detenuti). La polizia ieri ha rilasciato un comunicato dove ha detto che, pur rispettando la libertà di espressione e il diritto di manifestare, “non permetterà violazioni della legge e violenza di alcun tipo” e che, nel caso ciò dovesse accadere, risponderà con la forza.
Non una novità per la verità: proprio la violenta repressione delle forze dell’ordine aveva scatenato lo scorso mese vibranti proteste nel mondo ultraortodosso. Se la “fazione di Gerusalemme” lamentava a fine ottobre “il significativo incremento della severità delle misure usate” contro di loro, avevano fatto indignare molti israeliani le immagini dei numeri scritti su mani e polsi degli haredim arrestati, un’agghiacciante reminiscenza delle pratiche anti-giudaiche dei nazisti.
Di fronte alla determinazione degli ultraortodossi e alla negligenza dello stato, la repressione della polizia non costituisce affatto un deterrente: le manifestazioni continueranno, il governo lo tenga presente. Del resto uno degli slogan scanditi dai manifestanti haredim lo dice chiaramente: “Preferiremo morire piuttosto che essere arruolati”. Nena News
Roberto Prinzi è su Twitter @Robbamir