Un gruppo di circa 350 giovani armati ha fatto irruzione nel complesso di Bor e ha aperto il fuoco uccidendo circa 50 persone, tra cui molte donne e bambini. Al Nord gli insorti hanno riconquistato Bentiu, capitale dello Unity. La recrudescenza delle violenze minaccia il più giovane Stato al mondo
della redazione
Roma, 18 aprile 2014, Nena News – È sempre più tesa la situazione in Sud Sudan dove sono state uccise cirica 50 persone, soprattutto donne e bambini, rifugiatesi nella base dell’Onu a Bor, capitale dello Stato settentrionale del Jonglei. Un gruppo di circa 350 giovani armati ha fatto irruzione nel complesso e ha aperto il fuoco contro i civili, prima di essere ricacciato dai caschi blu. Un atto “abominevole”, ha commentato Toby Lanzer, assistente del segretario generale nel Paese, di cui al momento non si conoscono le ragioni né i responsabili.
Nella base di Bor hanno trovato rifugio circa 5.000 persone da quando, lo scorso dicembre, sono scoppiati gli scontri tra il clan dell’ex vicepresidente Riek Machar, e quello del presidente Salva Kiir. L’esercito si è spaccato e i disertori si sono schierati con Machar, ma questa lotta di potere ha radice nelle rivalità etniche che persistono nel Paese, in particolare tra i nuer, l’etnia di Machar, e i dinka, cui appartiene il capo di Stato. I guerrieri dinka hanno avuto un ruolo di spicco nella guerra decennale che nel 2011 ha portato all’indipendenza dal Sudan settentrionale e questo impegno è valso, alla fine del conflitto, l’ingresso in posizioni chiave della nuova amministrazione sudsudanese.
Da dicembre gli attacchi a opera di entrambe le comunità hanno fatto migliaia di morti e circa un milione di sfollati, gettando sul più giovane Stato del mondo l’ombra di un conflitto etnico quando sono trascorsi quasi tre anni dalla secessione dal Nord, dopo una lunga e sanguinosa guerra con le truppe di Khartoum finita con gli accordi del 2005 (Comprehensive peace agreement-CPA). Il Sud Sudan è un nazione in costruzione, non del tutto pacificata, che galleggia su enormi ricchezze minerarie, ma la cui popolazione resta poverissima. Le violenze tra i clan non sono mai cessate, ma l’acuirsi dello scontro rischia di bloccare il cammino del Paese verso la realizzazione di uno Stato unitario. Le questioni da risolvere sono ancora tante, dalle infrastrutture ai servizi, entrambi quasi inesistenti, fino alla definizione dei confini, questione che mantiene alta la tensione con Khartoum nelle zone settentrionali al confine con tra i due Sudan.
Dalla capitale Juba, negli ultimi quattro mesi gli scontri si sono velocemente propagati in altre aree, in particolare nello Stato settentrionale di Unity, ricco di petrolio. La capitale di Unity, Bentiu, è terreno di battaglia da mesi, nonostante un cessate-il-fuoco raggiunto a gennaio. Le milizie di Machar l’hanno di nuovo occupata dopo essere stati ricacciati dalle truppe governative a gennaio, e anche qui la base dell’Onu è piena di sfollati, circa 12.000 persone protette dai caschi blu.
I peacekeeper parlano di una situazione “molto preoccupante” e alla paura di attacchi indiscriminati contro la popolazione civile, si aggiunge il rischio, denunciato dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, di una carestia che potrebbe colpire oltre un milione dei dieci milioni di sudsudanesi. Nena News