Per Washington l’amicizia con Tel Aviv è incrollabile. La Camera dei Rappresentanti ha approvato una legge che rafforzata la cooperazione tra i due Paesi in campi come la difesa e la sicurezza, l’energia, la ricerca, l’agricoltura. Il testo passa alla firma di Obama. Intanto, proseguono arresti e demolizioni a Gerusalemme est e nei Territori occupati
della redazione
Roma, 4 dicembre 2014, Nena News – C’è di tutto nella legge (United States-Israel Strategic Partnership Act of 2014) approvata all’unanimità dalla Camera dei Rappresentanti, che definisce lo Stato di Israele un “alleato strategico” degli Usa. È la consacrazione di una lunga amicizia tra i due Paesi, che di recente aveva mostrato qualche crepa, e la promozione di Tel Aviv a primo alleato non-Nato di Washington. La legge, approvata dal Senato lo scorso settembre, ora passa alla firma del presidente Barack Obama.
Al “faro della regione”, come il democratico Eliot Engel ha definito lo Stato ebraico, si spalancano le porte del mercato americano, e soprattutto della sua industria bellica. La legge, infatti, incrementa lo status di Israele al fine di accelerare le concessioni per le licenze all’esportazione, vale a dire che sarà rafforzata la cooperazione tra i due Paesi in campi come la difesa e la sicurezza, l’energia, l’ingegneria idraulica, la ricerca e lo sviluppo, il commercio, l’agricoltura, le università. E in questa rafforzata collaborazione ci sta anche un maggiore potere decisionale sul dislocamento di armamenti Usa in territorio israeliano.
Secondo il quotidiano libanese Al Akhbar, la legge prevede un aumento del valore dell’arsenale americano in Israele dagli attuali duecento milioni di dollari a 1,8 miliardi. Il Pentagono potrà così “migliorare” le sue operazioni militari in Medio Oriente. Inoltre, Tel Aviv potrà disporre dell’arsenale in caso di emergenza. Cosa che ha fatto saltare sulle sedie molti analisti, se si considera che le bandiere dell’emergenza e delle sicurezza sono state sventolate da Israele per giustificare l’offensiva israeliana contro la Striscia di Gaza della scorsa estate.
Per 51 giorni l’enclave palestinese è stata bombardata dal cielo, dalla terra e dal mare, senza risparmiare ospedali, luoghi di culto, scuole ed edifici delle Nazioni Unite. I morti sono stati oltre duemila, i feriti migliaia, e nel 70 percento dei casi erano civili. Centinaia di bambini sono rimasti orfani e in 241.000 necessitano di assistenza psicologica, secondo l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi Unrwa. Gaza è un lembo di terra quasi completamento distrutto, con 80.000 case danneggiate o abbattute. Dal lato israeliano del fronte i morti provocati dai razzi di Hamas e dai combattimenti nella Striscia sono stati 72: 66 soldati e sei civili.
Inoltre, fa notare ancora Al Akhbar, c’è un ampio consenso al mondo sul fatto che Israele possegga armi nucleari. È cosa che non si può verificare, perché Tel Aviv non ammette controlli sul suo territorio, ma la legge prevede anche l’autorizzazione all’esportazione verso lo Stato ebraico di tecnologie e prodotti bellici americani di altissimo livello. Proprio ieri all’Onu è stata votata un risoluzione non vincolante, avanzata dall’Egitto, che chiede al governo israeliano di rinunciare agli armamenti nucleari e di fare entrare ispettori internazionali nei suoi impianti.
Intanto, mentre Washington e Tel Aviv rafforzano i propri già stretti legami, in Israele il clima è già da campagna elettorale. Il cavallo di battaglia sarà la sicurezza e dai primi sondaggi, l’elettorato sembra gradire la linea dura del premier Benjamin Netanyahu. Arresti e demolizioni per portare “ordine” a Gerusalemme est e nei Territori occupati.
Ieri a finire in manette è stato un bambino palestinese di otto anni, Obeida Ayesh, del quartiere di Silwan, a Gerusalemme est. Sono seicento i minorenni palestinesi arrestati dallo scorso giusno, secondo l’Olp. Nena News