Recenti studi mostrano che sempre più israeliani digiunano durante lo Yom Kippur non tanto per un rituale religioso, ma più come un modo per ricongiungersi con la loro identità ebraica o per creare il loro spazio spirituale
Roma, 3 ottobre 2015, Nena News – Un sondaggio del 2010 condotto dal Central Bureau of Statistics ha mostrato che il 25,7% degli ebrei laici in Israele a partire dai 20 anni, digiuna durante lo Yom Kippur. È inoltre emerso che i costumi più frequentemente osservati tra i secolari sono la partecipazione alle tradizionali cerimonie durante la cena della Pasqua – l’81,5% celebrano il Seder ed il 67,3% all’accensione delle candele di Hanukkah – e le occasioni festive della famiglia che non sono fisicamente o spiritualmente impegnative, come un giorno di digiuno.
Un altro sondaggio, condotto dal Bina Center, aggiornato sino allo Yom Kippur del 2013, dice che la parte di ebrei laici che intende digiunare è salito al 46,5%, un aumento significativo. Infatti, molti dei cittadini laici ebrei in Israele effettivamente scelgono di digiunare e visitare una sinagoga il giorno del Kippur. Il sito web di notizie israeliano Mako ha pubblicato un articolo provocatorio, tre anni fa, chiedendosi: Sorge una domanda in una persona laica che digiuna durante lo Yom Kippur, quando continuerà a peccare il giorno dopo?
Quando Rona Speisman di Tel Aviv ha trascorso l’ultimo Yom Kippur in Vietnam, ha portato un libro di preghiere con lei. “Ho mangiato un pasto prima colazione, una zuppa di Pho con carne e pesce avvolti in foglie di banana” descrivendo un pasto non propriamente kosher. Secondo Speisman, non c’è contraddizione in questo comportamento. “È il mio cibo preferito” ha detto ad Al-Monitor “durante la Pasqua mangio gamberetti, ma perché evito di mangiare cibi lievitati, non fritti nel pangrattato [che sarebbero proibiti solo durante la Pasqua]”. Speisman non si dispiace per il suo modo unico di osservare le usanze ebraiche. Per lei “è significativo fare ciò che i miei genitori e nonni hanno fatto in una piccola città in Polonia. È un messaggio forte. L’incontro tra la famiglia e la tradizione che accompagna te è ciò che significa essere ebreo, a mio avviso. Il collegamento tra questo e ciò che lo stato e la costituzione considerano la religione è marginale”.
Dice: “Ho sempre digiunato durante lo Yom Kippur, a partire da quando avevo 12 anni e lo vedevo come qualcosa che fanno gli adulti. Il digiuno è importante per me ora, e lo Yom Kippur anche. È una festa significativa. È semplicemente stare con se stessi, un tempo necessario per elaborare le cose e pensare. Non so come rispondere alla domanda se credo in Dio, ma quello è un momento per auto-valutarsi”.
Eran Baruch, il direttore del Bina Center for Jewish Identity and Hebrew Culture, individua un trend costante negli ultimi 10-15 anni sull’interesse all’identità ebraica tra il pubblico laico. “La loro ribellione contro la religione e la tradizione, è svanita”, ha parlato ad Al-Monitor dei cambiamenti dalla costituzione di Israele. “In gran parte perché la narrazione culturale laica del movimento operaio, non è riuscita a creare un’esperienza abbastanza profonda e potente”.
A tal proposito, lo studioso di religione, Tomer Persico, ricercatore presso la Shalom Hartman Institute e direttore accademico Midreshet Alma (un’associazione per lo studio della cultura e della tradizione ebraica) è d’accordo con Baruch. “Il modello della società socialista stabilito con Mapai si è rotto, e non c’è più il bisogno di un’altra risposta”, ha detto ad Al-Monitor “è da qui che arriva il rinnovato interesse per la tradizione ed il crescente interesse laico per lo Yom Kippur”.
Persico vede questa tendenza anche in altri luoghi, come nelle pluralistic study houses, nei movimenti Kabbalah e nel crescente interesse per la poesia liturgica. “Lo Yom Kippur ha la reputazione di essere il giorno più sacro dell’anno ed è come un marchio” ha affermato Persico. “Naturalmente, i motivi della sua importanza sono da trovarsi nella tradizione, ma tra il pubblico più vasto è semplicemente apprezzato come buon costume, e non dico questo negativamente”.
Il rabbino Benny Lau, il capo del 929-Tanakh Together initiative, un’iniziativa online per l’apprendimento di un capitolo della Bibbia al giorno, ha detto ad Al-Monitor: “Ogni persona si ritrova in varie identità ed associazioni, quando si identifica come ebreo, lo Yom Kippur viene visto come il giorno più intimo. Una delle più grandi motivazioni per una persona è di sentirsi parte di un gruppo, e questo è quello che permette lo Yom Kippur”.
La differenza, secondo l’opinione di Lau, tra la santità dello Yom Kippur e gli altri digiuni ebrei come lo Tisha Be-Av è che “lo Yom Kippur è il solo digiuno ad esser sprovvisto della celebrazione del lutto. Tisha Be-Av ha delle implicazioni politiche pesanti. Lo Yom Kippur è libero tutto ciò. È l’introspezione tranquilla, una grande pulizia e gioia in silenzio, uno sterile spazio per fermarsi e poi proseguire da lì”.
Uno dei punti rilevanti per quanto riguarda l’attrazione laica allo Yom Kippur è la sensazione che l’establishment rabbinico non imponga la celebrazione al pubblico israeliano. “Non c’è nessuna legge correlata ai costumi di questo giorno, e forse è anche per questo che le persone digiunano. Dal momento in cui il legislatore interviene, si rompe la solidarietà”, ha detto Lau.
Baruch è d’accordo con lui, ed afferma che: “Sullo Yom Kippur non c’è coercizione religiosa così che gli ebrei più laici si sentano a proprio agio nel parteciparvi”.
Persico pensa che l’interesse secolare nello Yom Kippur esprima “un ethos di individualismo e di autenticità. Non c’è alcuna obbligazione. È lontano dall’idea che una persona diventi religiosa cercando di essere fedele a dei comandamenti. Si potrebbe dire anche che la partecipazione irregolare e volontaria permette al pubblico laico di forgiare un’identità ebraica che non è ortodossa e che non è obbligato ad osservare i comandamenti. È un’alternativa di come diventare ortodossi e non un modo per diventare ortodosso. Gli ebrei laici creano così un percorso spirituale indipendente”.
Speisman esprime la stessa opinione in termini pratici. “Non ho alcuna intenzione di diventare religiosa” ha detto. “La mia formazione ed il modo in cui sono stato cresciuto non mi permette di diventare religiosa. Ho una certa affinità alla religione, ma non ho nessun bisogno di cambiare. Non mi faccio nessuna domanda perché ho una risposta, e ne ho sempre avuta una”.
Elin Ajam rappresenta invece un diverso approccio. Dopo aver digiunato per tutta la vita, ha da poco smesso. “Ho avuto la sensazione, da adolescente, di esser stato costretto a digiunare e ho cercato di rompere il digiuno con atti simbolici, ma superati i 20 anni di età in poi, ho digiunato meticolosamente” ha detto ad Al-Monitor. “Vorrei spendere il giorno dello Yom Kippur a casa dei miei genitori, e credo che la complessità del mio approccio deriva dal fatto che se siete ansiosi o confusi, se la vita sembra troppo astratta, la cerimonia e la necessità di collegarsi a qualcosa di “più grande di te” può essere l’ancora che state cercando”.
Per lei, rinunciare al digiuno è stato un collegamento tra l’individualismo e l’autenticità di cui ha parlato Persico. “La prima volta che ho trascorso lo Yom Kippur con i miei amici a Tel Aviv, con un’autenticità che si adatta al mio stile di vita, ero euforica” ha concluso. “Per quanto assurdo possa essere, non è affatto per me il digiuno dello Yom Kippur, è stata l’esperienza più purificante per me. Ha significato la libertà e la scelta”. NenaNews
* (Traduzione di Andrea Leoni)