Un noto colono di Hebron ha sporto una denuncia contro il membro più anziano della famiglia Dawabsha, che ha perso un figlio, la nuora e il nipotino in un incendio doloso provocato da coloni israeliani.
di Amira Hass* Haaretz
Roma, 23 gennaio 2015, Nena News – Noam Federman, uno dei leaders della colonia ebraica di Hebron, la scorsa settimana ha sporto denuncia alla polizia contro Mohammed Dawabsheh, padre di Saad, che è morto bruciato vivo in luglio nell’incendio della casa della sua famiglia nel villaggio di Duma in Cisgiordania, in cui rimasero uccisi anche la moglie di Saad, Reham, e il figlio Ali di 18 mesi.
L’accusa si basa su un’intervista che Assaf Gibor, un reporter del settimanale Makor Rishon e del sito nrg news (edizione online del giornale israeliano Maariv, ndt.), ha fatto a Mohammed Dawabsheh, che era in lutto.
Federman ha postato su Facebook la seguente descrizione della sua denuncia:
“Ho sporto denuncia alla polizia di Hebron contro Mohammed Dawabsheh, padre e nonno della famiglia del villaggio di Duma, per incitamento e sedizione per colpire gli ebrei.” (I nomi delle persone morte della famiglia Dawabsheh sono stati cancellati nell’originale). Federman prosegue affermando: “Dawabsheh, che ha rilasciato un’intervista al reporter della Makor Rishon e della nrg Assaf Gibor, ha detto tra le altre cose: ‘Dico ai giovani di rafforzarsi nella loro fede e di avvicinarsi ad Allah, e poi di unirsi alla Jihad contro gli ebrei’. Ha anche detto: ‘Spero e prego che l’intifada riesca raggiungere i suoi obbiettivi. Secondo me, è una pietra miliare verso una reale soluzione. La soluzione non è uno stato palestinese, ma piuttosto un califfato islamico in tutta la Palestina.’ In un video sul sito di nrg, Dawabsheh ha detto: ‘Dio voglia che l’intifada possa vendicare il sangue della famiglia Dawabsheh e di Al-Aqsa.’ E’ interessante come la polizia e il pubblico ministero si scuseranno per non portarlo in giudizio.”
Questo è quanto rispetto a Federman. Parliamo adesso dell’articolo di Gibor, che è uscito il 3 gennaio sul sito nrg con il titolo “Mohammed Dawabsheh: solo l’intifada potrà vendicare il sangue di questi omicidi.” Ancor prima di leggere l’articolo, l’attenzione del lettore è attirata dal video allegato, che presenta la figura del nonno in lutto, magro e con la pelle scura, una corta barba bianca, uno zucchetto in testa, coperto da una galabiya (ampia veste, ndt.) anch’essa consunta e grigia, su una maglia che si intravvede. Sta seduto su una sedia di plastica guardando intensamente il suo giovane ospite, Assaf Gibor. Si può scorgere solo il lato destro di Gibor che si china leggermente verso l’anziano intervistato.
Ciocche di capelli sul volto di Gibor incorniciano una barba che va dalle tempie al mento. Il suo capo è coperto da un tondo cappello grigio bordato di nero. Nonostante vi fosse una stufa a gas, è evidente che nella casa del vecchio facesse freddo. Gibor è infagottato in un cappotto grigio con un collo di lana grigio scuro imbottito chiuso fino al mento.
Il video internet dura solo 52 secondi. La registrazione inizia con i commenti dell’anziano in arabo, espressi a fatica: “ Se Dio vuole, l’intifada li vendicherà.”, segue una breve pausa, “la famiglia Dawabsheh e Al-Aqsa. Dopotutto, Al-Aqsa è sacra, sacra, sacra per la famiglia Dawabsheh. Vedete, bisogna dirlo, com’ è la famiglia Dawabsheh.”
Però la traduzione dei sottotitoli in ebraico nel video è diversa: “Se Dio vuole, che l’intifada vendichi il sangue dei membri della famiglia Dawabsheh e Al-Aqsa. Al-Aqsa era sacra per la famiglia ed ora gli shahids (martiri) membri della famiglia sono santi come la moschea di Al-Aqsa.”
Poi il giornalista chiede a bassa voce, in modo non del tutto chiaro: “Ma il sangue della famiglia Dawabsheh dovete vendicarlo attraverso l’intifada?” Il vecchio scuote la testa affermativamente e ripete ciò che aveva detto all’inizio: “Che Dio voglia che l’intifada li vendichi.” Allora Gibor prosegue chiedendo quale sia l’opinione dell’intervistato sul sistema di giustizia israeliano. L’uomo la ripudia dicendo: “E’ solo una finzione di giustizia. Vogliono abbellire la loro immagine, ma sono brutti, brutti.”
Nell’articolo sul sito ci sono anche altre citazioni di Dawabsheh e di sua moglie che non compaiono nel video, ma alcune delle affermazioni citate nella denuncia di Federman non appaiono affatto nell’articolo (per esempio, il riferimento alla jihad e la soluzione di un califfato islamico). Abbiamo cercato l’articolo su Google, pensando che forse la nrg aveva pubblicato la versione integrale, ma non l’ abbiamo trovata. Abbiamo ulteriormente indagato e ci è stato detto che le altre citazioni si trovavano nella versione stampata di Makor Rishon.
Makor Rishon, il settimanale dei coloni di estrema destra, non arriva a Ramallah, per cui non abbiamo potuto verificare la versione integrale. Comunque siamo convinti che quando Dawabsheh verrà interrogato dalla polizia riguardo alle sue frasi sediziose contro gli ebrei, pubblicate su un giornale rivolto ad un pubblico di ebrei nazionalisti, la registrazione integrale delle sue affermazioni, comprese le domande del giornalista, sarà riascoltata. (E ci chiediamo: anche gli editori saranno interrogati circa le frasi sediziose rivolte ai loro lettori?).
Non abbiamo possiamo evitare di notare i commenti in risposta al post di Federman. Per esempio, la docente Dalia Stern dell’università di Bar-Ilan (ed amica su Facebook della Pantera Nera israeliana [movimento di protesta degli ebrei sefarditi contro le discriminazioni praticate dall’elite askenazita in Israele. Ndtr.] Kochavi Shemesh [uno dei fondatori del movimento. Ndtr.]) ha espresso dubbi condivisi in altre risposte: “La denuncia sarà abbandonata per mancanza di interesse del pubblico, il che significa smettete di farci ammattire e di assillarci.”
Ada Oved, agente immobiliare e assistente medico che ha studiato all’università di Tel Aviv, ha scritto: “Congratulazioni. E’ l’unico linguaggio che capiscono. Non abbiate paura.” Fabian Amrani, che lavora per l’esercito israeliano, ha detto: “Peccato che non sia bruciato anche lui.” E Ohad Cohen, che ha studiato al Centro Interdisciplinare a Herzliya [istituzione accademica privata di Tel Aviv. ndtr.], ha scritto: “Una famiglia di terroristi assassini.
Dio voglia che venga il giorno in cui verranno espulsi dal paese insieme a tutti gli altri clan.” Nena News
*(Traduzione di Cristiana Cavagna)