Lo street artist napoletano, arrestato sabato a Betlemme dalla polizia israeliana e rientrato in Italia, per 10 anni dovrà fare i conti con un “denied entry”. Intanto restano detenuti 20 dei 22 passeggeri e membri dell’equipaggio della al Awda, l’imbarcazione della Freedom Flotilla bloccata domenica in acque internazionali dalla Marina israeliana mentre faceva rotta per Gaza
di Michele Giorgio il Manifesto
Gerusalemme, 31 agosto 2018, Nena News – «La prossima volta che verrò in questa terra farò un murale con il volto di Yasser Arafat, magari su una facciata intera di un palazzo». È questo il prossimo progetto che Jorit Agoch vorrebbe realizzare nei Territori palestinesi occupati, in memoria dello scomparso presidente palestinese di cui ha sentito parlare tanto quando lui era solo un ragazzino. Ma dovrà aspettare anni per metterlo in pratica. Il writer napoletano, noto ormai ad ogni latitudine per il ritratto della 17enne palestinese Ahed Tamimi che ha fatto sul Muro israeliano tra Betlemme e Gerusalemme, dovrà attendere un decennio per poter entrare in Cisgiordania passando per l’aeroporto israeliano di Tel Aviv.
Le autorità israeliane, disponendo la sua liberazione 24 ore dopo l’arresto avvenuto sabato pomeriggio – assieme a suoi amici, l’italiano Salvatore e il palestinese Mustafa – hanno stabilito che Jorit Agosh (già tornato in Italia) non potrà entrare in Israele per 10 anni. E se teniamo conto che, nel frattempo, le possibilità che possa nascere uno Stato palestinese indipendente e sovrano, con il pieno controllo delle sue frontiere, sono vicine allo zero, lo street artist non potrà far altro che aspettare la fine del lungo denied entry.
La Farnesina e i rappresentanti diplomatici italiani in Israele e a Gerusalemme hanno svolto un ruolo decisivo per la liberazione di Jorit. Tuttavia non si può non notare che il ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi, commentando con soddisfazione il rilascio di Jorit, ha parlato di arresto «in Israele» mentre è avvenuto a Betlemme. Il capo della diplomazia italiana dovrebbe leggere qualche libro e qualche risoluzione internazionale in più. Betlemme è una città autonoma palestinese secondo gli Accordi di Oslo, all’interno della Cisgiordania sotto occupazione militare israeliana dal 1967. Uno status riconosciuto anche dall’Italia in sede internazionale.
Non vogliamo credere che Moavero Milanesi abbia già accettato la legge votata di recente dalla Knesset che proclama la biblica Eretz Israel, ossia tutta la Palestina storica, proprietà esclusiva di Israele e del popolo ebraico. Ieri sera in piazza Habima a Tel Aviv centinaia di ebrei e palestinesi hanno partecipato a una grande lezione pubblica di arabo che la nuova legge ha retrocesso da lingua ufficiale di Israele e lingua con uno “status particolare”.
Nelle stesse ore in cui si negoziava la liberazione di Jorit Agoch e dei suoi amici, altri 20 cittadini stranieri – provenienti da Usa, Australia, Svezia, Canada, Malesia, Indonesia, Singapore e Algeria – a bordo della al Awda, una delle imbarcazioni della Freedom Flotilla dirette a Gaza, rimanevano detenuti nel centro di Givon con l’accusa di «ingresso illegale in Israele» e violazione di norme di sicurezza. Accuse senza senso poiché sono stati fermati dalla Marina militare israeliana, domenica, in acque internazionali, mentre erano a circa 47 miglia nautiche dalla costa di Gaza. La al Awda è stata trainata a forza, contro la volontà di passeggeri ed equipaggio, al porto israeliano di Ashdod. Per i detenuti si prevede una rapida espulsione. I due passeggeri israeliani sono stati liberati su cauzione. Le altre imbarcazioni della Freedom Flottila in arrivo subiranno con ogni probabilità la stessa sorte.
A Nabi Saleh e nel resto della Cisgiordania i palestinesi continuano a festeggiare il ritorno a casa della 17enne Ahed Tamimi che ha scontato di prigione circa otto mesi per aver schiaffeggiato due soldati israeliani davanti alla sua abitazione. È stata liberata anche la madre Nariman, incarcerata per aver postato sui social il filmato con il gesto della figlia. Ahed è un simbolo della resistenza palestinese e lei stessa ieri, rispondendo alle domande dell’agenzia Ap, ha annunciato di avere un «futuro in politica». La ragazza allo stesso tempo in più occasioni in queste ore ha ricordato che mentre lei è a casa, altri adolescenti palestinesi restano nelle carceri israeliane.
Punto sul quale batte anche Saleh Higazi, responsabile dell’ufficio di Gerusalemme di Amnesty International. «Centinaia di bambini palestinesi continuano ad affrontare le dure condizioni e gli abusi del sistema penitenziario israeliano che infrangono i principi della giustizia minorile e gli standard per il trattamento dei prigionieri», ha sottolineato Higazi. Oltre 300 ragazzi palestinesi sono nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani, secondo i dati in possesso delle organizzazioni locali per i diritti umani. Nena News
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