Una ricerca governativa ha rivelato che il sesso a pagamento ha prodotto nel 2014 ricavi per oltre 300 milioni di dollari. Tra i motivi principali che spingono le donne a prostituirsi vi sono le difficoltà economiche
di Rosa Schiano
Roma, 15 marzo 2016, Nena News – Nei giorni scorsi un’indagine governativa israeliana condotta dai ministeri degli affari sociali e della sicurezza ha rivelato cifre preoccupanti sul giro di prostituzione nel paese. Nel 2014, vi si contano tra gli 11.420 e 12.730 operatori del sesso, di cui il 95% sono donne, per un giro d’affari di 308 milioni di dollari.
Un mercato che interessa anche i minori, almeno 1.260 sono quelli coinvolti nel giro o a rischio di esserlo, secondo il rapporto. Sempre nel 2014, il Ministero per gli Affari Sociali aveva stanziato circa 5 milioni di euro per combattere la prostituzione, due terzi dei quali destinati a contrastare la prostituzione minorile. Lo scorso mese di novembre un rapporto del Comitato ONU sui diritti dell’infanzia aveva criticato il modo di affrontare il tema della prostituzione minorile da parte governo di Tel Aviv ed aveva lamentato l’assenza di un piano concreto per contrastarla. In particolare, la relazione riferiva di un bassissimo numero di indagini avviate su persone sospettate di crimini sessuali contro minori, di una percentuale molto bassa di casi processati ed infine di una inadeguatezza delle condanne emesse per prostituzione minorile o pornografia rispetto alla gravità dei crimini commessi.
In Israele, come accade in molti paesi, i minori iniziano ad entrare nel giro di prostituzione in cambio di un posto dove dormire, di cibo, o di qualche soldo da spendere. La prostituzione tra i minori sembra inoltre essere collegata ad abusi sessuali, abbandono, problemi scolastici, difficoltà socioeconomiche, criminalità organizzata. La maggior parte di loro ha un’età compresa tra i 13 ed i 14 anni, ma si riportano casi di sfruttamento di minori anche di età inferiore.
I dati sono allarmanti, secondo il Ministro Haim Katz, che, in una dichiarazione rilasciata ad Haaretz a margine della pubblicazione dell’indagine condotta dai ministeri israeliani, ha asserito “non possiamo restare indifferenti davanti ad un tale fenomeno” ed ha annunciato un maggiore stanziamento di fondi nel bilancio statale al fine di lottare contro la prostituzione minorile.
La ricerca, condotta su 600 prostitute, ha rivelato che tra le ragioni che spingono le donne a fare questa scelta di vita, figurano al primo posto le difficoltà economiche. Il 66% delle donne intervistate ha detto di aver iniziato a lavorare per estinguere i propri debiti, mentre il 10% ha dichiarato di non essere riuscite a trovare un lavoro ed un modo per sostenere i propri figli. Oltre il 70% delle donne ha affermato che lavorare come prostitute non ha risolto i propri problemi finanziari e pertanto non hanno potuto smettere. Lo studio riporta interviste a donne che hanno scelto di prostituirsi perché in difficoltà a pagare la rata del mutuo o per l’aumento dei prezzi dovuti all’inflazione. Il 20% delle donne intervistate ha titoli universitari. Oltre alle ragioni economiche, alcune donne (9%) hanno dichiarato di essere state spinte alla prostituzione da un’altra persona, altre (il 7%) hanno citato tra le ragioni l’uso di sostanze stupefacenti, mentre il 5% ha rivelato tra le motivazioni quella di aver subito abusi sessuali.
Il 40% delle donne intervistate ha un’esperienza sul campo che va dai 5 ai 15 anni, mentre il 12% di esse lavora da oltre 16 anni. Mentre il 76% delle donne desidera lasciare la prostituzione, soltanto il 24% crede di poterlo fare. Ci sono donne che vorrebbero infatti una vita normale, ma non vedono alternative e sono spaventate dal non riuscire a guadagnare abbastanza per mantenere se stesse ed i propri figli. Il 45% delle donne intervistate ha dichiarato di aver iniziato ad esercitare la professione tra i 25 ed i 39 anni, solo il 9% ha detto di aver iniziato sotto i 18. La maggior parte di esse (62%) erano madri quando sono entrate nel mondo della prostituzione ed in parte (9%) erano sposate. Il 52% delle donne israeliane intervistate sono native dell’ex Unione Sovietica o Europa dell’est, la maggior parte di esse si trasferì in Israele negli anni novanta. Con la grande immigrazione sul finire degli anni Ottanta, migliaia di donne provenienti dai paesi dell’ex Unione Sovietica, munite di falsi documenti di ebraicità, furono immesse nei giri di prostituzione e ricattate dai loro protettori.
Per quanto riguarda gli uomini, il 68% offre prestazioni sessuali soltanto ad altri uomini, il 23% esclusivamente a donne, il 9% ad entrambi uomini e donne. Le ragioni che li hanno spinti ad intraprendere questo mestiere sono in parte le difficoltà economiche (40%), in parte (41%) l’attrazione per la professione.
Molto più comune di quella in strada è la prostituzione in appartamento. Il principale centro della prostituzione in Israele è Tel Aviv: il 62% dei cosiddetti “appartamenti riservati” ed il 48% dei centri massaggi si trovano nell’area di questa grande metropoli che si contrappone alla città sacra di Gerusalemme dove è presente solo l’1% di queste strutture. Di fatti, la ricerca rivela che almeno il 40% dei 308 milioni di dollari va a donne che svolgono la professione in “appartamenti riservati”, mentre le entrate totali di coloro che la svolgono in strada ammontano a circa 18.000 dollari.
A Tel Aviv negli ultimi anni l’industria del sesso a pagamento è in rapida crescita. La prostituzione in Israele è legale, mentre illegale è lo sfruttamento. Tuttavia, nei luoghi chiusi, sembra difficile contrastarlo. Questa capitale del sesso offre, oltre agli “appartamenti discreti”, una varietà di “centri benessere” che si rivelano case di appuntamenti dove lavorano principalmente giovani dell’est, locali a luci rosse ed agenzie che offrono servizi di “accompagnamento” a tutte le ore del giorno e della notte ed in ogni quartiere, centinaia di bordelli che, sebbene illegali, operano spesso alla luce del sole, su strade principali, e promuovono i propri servizi sessuali su cartoline distribuite in strada e sulle auto parcheggiate. Una normalità a cui Tel Aviv sembra essersi abituata e davanti alla quale, se non raramente, non mostra cenni di disapprovazione.
Lo scorso agosto, il suicidio di una prostituta che lavorava in un bordello di Tel Aviv aveva scatenato le proteste da parte di molte associazioni. Le leggi in Israele hanno sì criminalizzato l’incitamento alla prostituzione, ma non è reato esserne un cliente. Zahava Gal-On, leader del partito Meretz, aveva sollevato la questione della condizione di inferiorità della donna nella società israeliana, affermando che il consumo di prostituzione è un crimine contro i diritti delle donne ed i diritti umani, esprimendo il proprio favore alla criminalizzazione dei clienti ed allo sviluppo di servizi sociali, alternative di impiego e a programmi di lotta alla povertà.
Un mese fa, alcuni dati avevano rivelato anche un aumento nell’utilizzo di stanze d’albergo per prestazioni sessuali a scopo di lucro. “La posizione di Israele potrebbe peggiorare”, aveva allora riferito ad Haaretz Yariv Lenin, Ministro del Turismo israeliano e, preoccupato che il paese potesse scivolare in basso nell’elenco annuale internazionale del Dipartimento di Stato Usa sul traffico di esseri umani, a margine di una conferenza con associazioni di albergatori ed agenzie di viaggio, aveva annunciato lo stanziamento di fondi destinati a formare personale alberghiero che avrebbe dovuto rilevare segnali di prostituzione da comunicare poi alla polizia. Secondo il Ministero, i protettori preferiscono far lavorare le donne negli alberghi dove è più complicato individuare la loro attività o arrestarne i responsabili.
Allo stesso tempo, con l’evolversi della tecnologia, il rapporto governativo riferisce che sono cresciuti i siti internet per soli adulti (670 nel 2014) e le applicazioni per dispositivi mobili che danno informazioni ed indicazioni sui luoghi dove è possibile usufruire di sesso a pagamento. Mentre in passato quello della prostituzione era un mondo nascosto, il sesso sul web non ha confini ed è a portata di tutti.
In molti casi si rileva inoltre una connessione tra prostituzione e consumo di droghe, in particolare eroina. Tristemente nota a sud di Tel Aviv, è stata l’area della vecchia stazione centrale dei bus dove a lungo si sono concentrate prostituzione, spaccio e criminalità. Un’area degradata che ha raccolto i reietti della società, vite abbandonate a loro stesse, dimenticate ed invisibili. Drogati, prostitute che lavoravano nei loro appartamenti al piano terra, lavoratori irregolari, senza tetto ed africani richiedenti asilo. Per molti anni la municipalità di Tel Aviv ne ha programmato la demolizione ed un accordo per la vendita del suolo della ex stazione sarebbe stato raggiuto solo nel mese di luglio dello scorso anno.
Sebbene in alcune aree della città siano in corso tentativi di coordinamento tra municipalità e forze di polizia per contrastare lo sfruttamento della prostituzione, le cifre pubblicate nel rapporto governativo dimostrano che la normativa in tema di prostituzione non è stata sufficientemente rafforzata né realmente applicata. Nena News
Mi pare opportuno segnalare il film “Promised Land” di Amos Gitai del 2004, che punta la macchina da presa sulle ragazze dell’est Europa che vengono attirate con false promesse e poi sequestrate, violentate, introdotte illegalmente in Israele e costrette a prostituirsi.
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