Il premier Netanyahu ha subito indicato la pista dello Stato Islamico dopo l’attentato con un camion compiuto a Gerusalemme da un palestinese. I giornalisti spiegano che Israele non è la Francia o la Germania
Middle East Eye
(traduzione di Amedeo Rossi – Zeitun.info)
Roma, 16 gennaio 2017, Nena News – Alcuni commentatori israeliani hanno condannato duramente Benjamin Netanyahu per aver messo in relazione con lo Stato Islamico un attacco a Gerusalemme, sostenendo che il primo ministro sta diffondendo una narrazione per inserire Israele nell’ondata di attacchi in Occidente e distogliendo l’attenzione dall’occupazione della terra palestinese.
Un palestinese, Fadi al-Qunbar, ha lanciato un camion in mezzo a un gruppo di soldati israeliani nei pressi della Città Vecchia, uccidendone quattro. Subito dopo, Netanyahu ha affermato: “Conosciamo l’identità dell’aggressore, che, in base a tutti gli indizi, era un sostenitore dell’IS.”
Ma, scrivendo sul “Times of Israel” [giornale on line che si definisce “apolitico”. Ndtr.], l’esperto Avi Issacharoff afferma che non è “ancora chiaro cosa o chi lo abbia spinto a mettere in atto l’attacco” e che “non ci sono chiari indizi” che provino l’affermazione di Netanyahu.
“E’ possibile che la dichiarazione di Netanyahu possa spingere l’IS ha dichiarare la propria responsabilità per l’attacco, ma è dubbio se ci sia un qualche rapporto diretto tra il gruppo e Qunbar.”
“L’affermazione, comunque, è utile all’argomentazione di Netanyahu nei confronti dell’Occidente secondo cui “Lo Stato Islamico è qui”, e a quella del gruppo di avere una presenza nella “Palestina occupata”, sostiene.
Issacharoff avanza un’altra teoria: “Per il momento, pare che Qunbar abbia agito in base allo stesso modus operandi che abbiamo visto in precedenza a Gerusalemme: un terrorista senza un’affiliazione organizzativa, ispirato dai media informativi, da una moschea o dalle reti sociali, che ha condotto un attacco senza assistenza esterna.”
“In seguito, le organizzazioni terroristiche lo rivendicano come uno di loro per cavalcare l’onda del suo ‘successo’.”
Afferma che la “chiave della tensione” che guida questi attacchi non è la presunta presenza dell’IS, ma “la mancanza di qualunque prospettiva diplomatica, la costante frustrazione nei confronti dell’Autorità Nazionale Palestinese, l’odio verso Israele e i continui massicci incitamenti sulle reti sociali.”
“Tutto ciò crea un’atmosfera tesa, permeata di odio, che può portare in qualunque momento a ulteriori attacchi ‘spontanei’”, sostiene.
Su Haaretz, sotto il titolo “la teoria di un attacco dell’ISIS sta bene a Netanyahu, ma Gerusalemme non è Berlino”, l’editorialista Nir Hasson scrive: “Per quanto riguarda il primo ministro…la teoria dell’ISIS si addice al messaggio che cerca di diffondere – cioè che Gerusalemme, come Berlino e Nizza, è solo un’altra città occidentale che affronta un terrorismo brutale, irriducibile, messo in atto da membri dell’islamismo internazionale.”
“In base a questo messaggio, questa forza del male assoluto non ha motivazioni né ragioni e non ha niente a che vedere con l’occupazione o con qualunque altra politica israeliana.”
“Gerusalemme non è Nizza, Nizza non ha il 40% dei suoi abitanti che vivono senza diritti civili, sotto occupazione e in condizioni di vita umilianti.”
“A Nizza il primo ministro non annuncia la chiusura di un quartiere che ospita decine di migliaia di persone solo perché uno di loro è un terrorista.”
“Anche se l’attacco di domenica fosse stato ispirato dall’ISIS, ha comunque avuto origine a Gerusalemme ed è parte di un’infinita serie di attacchi di cui la città ha sofferto negli ultimi due anni e mezzo.”
Aggiunge che ogni potenziale spostamento dell’ambasciata USA a Gerusalemme potrebbe solo gettare benzina sul fuoco.
“Non lontano dalla scena dell’attacco mortale c’è il luogo candidato ad ospitare la nuova ambasciata USA a Gerusalemme. Mentre il 20 gennaio [data dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca. Ndtr.] si avvicina, lo stesso avviene con la possibilità che l’ambasciata venga spostata lì,” afferma.
“Una simile iniziativa potrebbe benissimo aggiungere benzina sul fuoco che sta bruciando in città da oltre due anni e mezzo.”
Dan Cohen, un altro giornalista ebreo, su Twitter critica i media occidentali che ripetono pappagallescamente la narrazione di Netanyahu e sostiene che il primo ministro sta cercando di utilizzare l’attacco per promuovere politiche repressive contro i palestinesi.