Negoziati. Secondo il portale israeliano Walla i palestinesi sono disposti a cedere il 3% con piccoli scambi di territorio israeliano. Il ministro dell’Economia israeliano attacca Washington
della redazione
Roma, 6 febbraio 2014, Nena News – Nelle negoziazioni tra Israele e Autorità Palestinese, lo stato ebraico sta cercando di annettere il 10% della Cisgiordania mentre i palestinesi sono disposti a cederne solo il 3%. A rivelarlo è il noto portale israeliano Walla Hadashot citando fonti anonime israeliane, palestinesi e americane.
Secondo Walla, il 70-80% degli insediamenti israeliani della Cisgiordania saranno parte del territorio israeliano. I palestinesi sarebbero d’accordo alla cessione delle terre in cui sorge il blocco di Gush Etzion, a sud di Gerusalemme, ma permangono divergenze riguardo le colonie di Efrat e Migdal Oz che si trovano ad est della Strada 60 che va da Nazareth a Be’er Sheva attraversando Gerusalemme, Hebron e molti terrotori della Cisgiordania.
Le due parti concordano a grandi linee che le colonie che si trovano “più o meno” lungo la Linea Verde del 1967 saranno annesse da Israele (ad esempio Giv’at Ze’ev a nord di Gerusalemme). Per gli insediamenti più isolati (Beit El, Ofra ed altri) Tel Aviv proverà a stipulare accordi di affitto. Walla non fornisce dettagli sul destino di Gerusalemme, la cui parte orientale dovrebbe essere la capitale del futuro stato di Palestina. Tuttavia la situazione è complessa perché Israele non vuole né dividere la “capitale”, né cedere i “quartieri” [colonie, ndr] di Gilo, Pisgat Ze’ev e Har Homa.
In cambio della terra persa, i palestinesi dovrebbero inglobare alcune parti di Israele a sud della Cisgiordania, così come l’area nei pressi di Bet She’an. Tel Aviv avrebbe offerto una “compensazione monetaria” e altre forme di “assistenza economica” per i futuri territori annessi. Walla rivela, inoltre, che gli statunitensi starebbero cercando di convincere le due parti a concordare sulla costruzione di una “strada sicura” che collegherà la Cisgiordania con la Striscia di Gaza. Tuttavia il progetto sarebbe condizionato dagli “sviluppi politici a Gaza”. Secondo le fonti citate dal sito israeliano, se si dovesse giungere ad un accordo su questo punto, Hamas sarebbe sottoposta a maggiori pressioni per firmare un accordo di pace con Tel Aviv.
Il futuro delle colonie aveva scatenato una piccola crisi interna all’interno del governo di destra israeliano la scorsa settimana. Il ministro dell’Economia, Naftali Bennet, aveva ferocemente attaccato il primo ministro Netanyahu che aveva espresso la possibilità di far restare i coloni sotto il governo dell’Autorità Palestinese (e dunque cittadini del futuro Stato di Palestina). “La storia non perdonerà” – aveva esclamato – “che un politico israeliano possa cedere la Terra d’Israele in un trattato di pace”. Bennet fu poi costretto a chiedere scusa, ma non ha mai cambiato la sua posizione.
Non pago del litigio con Netanyahu, il ministro leader di “Casa ebraica” (megafono dei coloni) aveva criticato anche il segretario di Stato statunitense. Kerry, pochi giorni fa, aveva sostenuto che i boicottaggi verso Israele potrebbero aumentare nel caso in cui i colloqui di pace in corso tra palestinesi ed israeliani dovessero fallire. E la sua battaglia contro Washington è continuata anche oggi.
Dai microfoni della radio militare, Bennet ha dichiarato che le “decisioni errate” del governo Usa hanno messo in pericolo la sicurezza d’Israele causando un aumento dei razzi lanciati dai palestinesi nel sud dello stato ebraico. Il ministro ha poi rincarato la dose affermando che è stata l’insistenza degli Usa a indire le elezioni palestinesi nel 2006 a portare Hamas al potere a Gaza. Fattore che, secondo il leader di “Casa Ebraica”, ha aumentato la minaccia terroristica e gli attacchi di razzi contro Israele. Bennet ha commentato negativamente anche la recente proposta del presidente palestinese Abbas di usare la Nato come forza di controllo nei territori del nascente Stato di Palestina. “Non permetteremo a nessun straniero, né alle forze della Nato, né ai palestinesi, di proteggerci. [Lo faranno] solo le Forze di Difesa Israeliane”.
Ieri, intanto, Kerry si è difeso dagli attacchi di importanti esponenti israeliani che lo accusano di voler continuare il processo di pace. “Non mi faccio intimidire, né farò passi indietro” ha detto Kerry alla Cnn. “Sono stato attaccato da persone che usavano pallottole vere, non parole. Nessuno dovrebbe stravolgere quello che noi diciamo solo perché è contrario alle negoziazioni”. Nena News