La provincia del Quebec ha proposto a Raif Badawi un particolare certificato di immigrazione “per diritti umanitari”. Il giovane attivista è stato condannato da una corte saudita a 10 anni di carcere e a ricevere 1.000 frustate. Proteste dell’Unesco per i bombardamenti sauditi di ieri nel centro antico della capitale yemenita Sanaa.
Roma, 13 giugno 2015, Nena News – La provincia del Quebec si è offerta ieri di ospitare Raif Badawi “per motivi umanitari”. Ciò potrebbe essere possibile grazie ad un particolare certificato di immigrazione che verrebbe dato al giovane blogger. Questo speciale documento è rilasciato “in circostanze particolari agli stranieri che necessitano di protezione” ha detto ieri la ministra dell’immigrazione canadese Kathleen Weil. “Il Quebec è con Raif Badawi – ha aggiunto Weil – come è trattato è scandaloso ed è crudele. [Sta subendo] una pena ingiusta”.
Se Riyad dovesse essere d’accordo – finora le autorità saudite non hanno commentato la notizia – il blogger potrebbe ricongiungersi con sua moglie Ensaf Haidar e i suoi tre figli che già vivono in esilio a Sherbrooke (Quebec) a 150 chilometri da Montreal. Fiducioso riguardo all’iniziativa portata avanti dai canadesi, è il ministro della pubblica sicurezza, Steven Blaney. Secondo Blaney il salvacondotto offerto a Badawi è “un importante sviluppo che di sicuro faciliterà il processo [del suo rilascio]. Speriamo che porti ad un risultato positivo”.
Il trentunenne Badawi è stato condannato da una corte saudita a 10 anni di prigione e a 1.000 frustate “per aver insultato l’Islam”. La pena ha scatenato l’indignazione occidentale che mai, però, si è tradotta in forti pressioni contro l’alleato saudita. L’attivista ha ricevuto lo scorso 9 gennaio le prime 50 frustrate fuori una moschea della città di Jeddah. I successivi turni di punizione (50 colpi di frusta ogni venerdì) sono stati posposti. Scenario che si è ripetuto anche ieri quando la sua pena è stata nuovamente sospesa. In un Tweet postato ieri la moglie del blogger si è appellata nuovamente al re saudita Salman affinché possa perdonare il marito e annulargli la sentenza.
Ma se la provincia del Quebec si mostra attiva per il rilascio di Badawi, più cauta è la posizione del governo canadese. Se da un lato, infatti, il premier Stephen Harper ha criticato le autorità saudite per il trattamento riservato al giovane prigioniero, dall’altro ha dichiarato che le possibilità di un intervento di Ottawa a riguardo sono limitate perché Badawi non ha cittadinanza canadese. L’incapacità canadese di agire per salvare il blogger, però, tradisce anche una scarsa volontà di indispettire Riyad, il caro alleato occidentale insofferente a qualunque interferenza esterna negli affari del proprio Paese (non lo è affatto quando, però, è lei a farlo in Siria, Iraq e Yemen). Due giorni fa l’Arabia Saudita ha respinto stizzita le critiche piovutegli addosso da alcuni paesi occidentali per la riconferma della condanna contro il blogger.
Ma se il destino di Raif è ancora in sospeso, ad Amsterdam gli organizzatori del premio Ludovc Trarieux hanno voluto premiare il suo avvocato Waleed Abu al-Khair per il “lavoro svolto nel difendere i diritti umani”. Il prestigioso riconoscimento internazionale è conferito ogni anno agli avvocati che attraverso il loro lavoro, attività o sofferenza difendono i diritti umani. A causa della sua attività professionale, Al-Khair, fondatore dell’Osservatorio dei diritti umani in Arabia Saudita (MHRSA), ha ricevuto una condanna di 15 anni da un tribunale saudita. Tra i “crimini” imputati al legale di Badawi vi sono “offesa pubblica del sistema giudiziario, oltraggio alla reputazione del re, aver reso le organizzazioni internazionali ostili al regno e aver fatto alcune dichiarazioni che danneggiano la figura del re”.
Ieri, intanto, un raid aereo saudita ha ucciso almeno sei persone nel centro storico della capitale yemenita Sanaa, patrimonio mondiale dell’Unesco. Nell’attacco sono state distrutte alcune case. “Sono profondamente angosciato per la perdita di vite umane così come per il danno inflitto ad uno dei più antichi gioielli paesaggistici urbani islamici” ha detto la direttrice dell’Unesco, Irina Bokova. “Dei piloti criminali hanno colpito civili indifesi che stavano dormendo in pace. [I sauditi] dicono che stanno colpendo siti militari. Dove sono però le basi militari? Dove sono i missili? Qui [nelle case] c’è una base di lancio per uno Scud?”
Silenzio assoluto da parte di Usa e Unione Europea. La distruzione del patrimonio culturale, in fondo, è tra le preoccupazioni dei leader occidentali solo quando sono i loro “nemici” a compierla. Nena News
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