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Washington, che accusa Tel Aviv di manipolare le informazioni sull’andamento dei colloqui e minare così gli sforzi dell’amministrazione per raggiungere un accordo con Teheran, prova a tenere all’oscuro l’alleato mediorientale sulle trattative. Nella speranza di incassare una vittoria prima della fine del mandato

 

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di Giorgia Grifoni

Roma, 19 febbraio 2015, Nena News - Distorcere la posizione degli Stati Uniti sui colloqui sul nucleare iraniano grazie a fughe di notizie accuratamente selezionate. E’ l’accusa rivolta ieri da Washington a Tel Aviv, l’ultima di uno scontro diplomatico che va avanti ormai da quasi un mese, da quando cioè il presidente della Camera dei Rappresentanti John Boehner ha invitato il premier israeliano Benjamin Netanyahu a parlare al Congresso della “minaccia che l’Iran costituisce per la sicurezza in Medio Oriente” senza prima consultarsi con la Casa Bianca.

Se per l’amministrazione Obama la visita di Netanyahu è “inappropriata”, in quanto fissata appena due settimane prima delle elezioni israeliane e e già definita dai democratici una “mossa elettorale”, la tattica della manipolazione da parte delle autorità israeliane delle informazioni sulla posizione negoziale degli Stati Uniti non va proprio giù alla Casa Bianca, che per bocca del suo portavoce Josh Earnest ha “sgridato” il suo alleato di ferro in Medio Oriente. “Vediamo – ha dichiarato Earnest – che c’è una pratica costante di selezione su informazioni specifiche e il loro utilizzo fuori dal contesto per falsare la posizione negoziale degli Stati Uniti. Non c’è dubbio – ha continuato – che alcune delle cose che gli israeliani hanno detto non sono accurate”.

Il nuovo capitolo delle tensioni tra Israele e Stati Uniti, che il New York Times definisce “l’equivalente diplomatico di lasciarsi bigliettini velenosi sul frigorifero”, è iniziato quando – come spiega il quotidiano americano – sulla stampa israeliana hanno cominciato a circolare voci sul fatto che Netanyahu fosse stato escluso dagli Stati Uniti dai briefing sull’avanzamento dei colloqui con Teheran. Su alcuni dei report, poi, si snocciolavano presunti numeri delle centrifughe che all’Iran sarebbe stato permesso di mantenere nel quadro di un accordo, senza però precisare la loro potenza nella fabbricazione di un eventuale ordigno nucleare.

L’amministrazione Usa, furiosa con alcuni network israeliani come Channel 2 per aver dato informazioni “palesemente false” sulla presunta esclusione di Israele dalle negoziazioni segrete, sembra che in realtà stia davvero provando a tenere all’oscuro l’alleato mediorientale. A confermarlo sono stati alcuni funzionari europei, ammoniti dal numero 3 del Dipartimento di Stato americano e capo-negoziatore con l’Iran Wendy Sherman a non rivelare troppi dettagli a Israele, perché potrebbe “distorcere le informazioni e minare gli sforzi del negoziato”. Anche i vertici di Tel Aviv si sono lamentati della mancanza di informazioni poiché, come ha rivelato un funzionario israeliano al New York Times, esse riceverebbero regolarmente i briefing, “ma sono vuoti”.

Secondo le autorità israeliane, infatti, Obama le avrebbe tenute all’oscuro dal round segreto di colloqui intavolati con il governo di Teheran, colloqui che hanno fatto fermare temporaneamente le attività nucleari della Repubblica islamica e che hanno fatto partire l’attuale negoziato. “[Gli Stati Uniti, ndr] sono aperti con noi – si è quindi chiesto il generale Yaakov Amidror, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Netanyahu – o ci stanno nascondendo qualcosa?”. Qualcuno, negli Stati Uniti, ha provato ad azzardare un’ipotesi: “Raccontano solo una parte della storia – ha spiegato un funzionario americano che ha voluto restare anonimo – come il numero di centrifughe che potremmo prendere in considerazione di lasciare agli iraniani. Quello che non dicono è che lasceremmo loro quel numero di centrifughe solo se spedissero la maggior parte del loro combustibile fuori dal paese.”

La preoccupazione è quindi che i funzionari israeliani possano scegliere uno o due dettagli sui negoziati e confezionarli come “particolarmente incriminanti” agli occhi di israeliani, americani ma soprattutto agli occhi del Congresso a trazione repubblicana, che non aspetta altro che una frase azzeccata di Netanyahu per ripartire con l’offensiva all’amministrazione democratica.

Il Congresso, che durante i mesi di colloqui a Ginevra sul nucleare iraniano si è mostrato sempre contrario al compromesso con Teheran rappresentato dall’alleggerimento delle sanzioni, si è impegnato piuttosto a minacciare Teheran – e Obama – di inasprirle. Il braccio di ferro tra Obama e il Congresso sulle sanzioni alla Repubblica islamica si gioca a colpi di sottigliezze giuridiche che consentirebbero a entrambi di ignorare le decisioni e il veto dell’altro. I legislatori, infatti, cercano di accumulare un sostegno sufficiente per ignorare qualsiasi veto di Obama e stanno sviluppando numerosi atti normativi correlati alla questione iraniana, tra cui un disegno di legge per inasprire le sanzioni se non si raggiunge un accordo nucleare finale prima della fine di giugno.

E all’orizzonte si staglia il nuovo round di colloqui tra Iran e potenze del 5+1 che inizierà domani a Ginevra. La data limite di giugno, per un negoziato che annaspa tra le sottigliezze delle clausole e che delude tutte le parti in causa, è sempre più vicina. Obama, verso il tramonto del suo secondo mandato, vuole assolutamente portare a casa questa vittoria. Sgambetti israeliani e repubblicani permettendo. Nena News

 

 

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