In Egitto team di negoziatori palestinesi e israeliani: i primi chiedono la fine dell’assedio, i secondi la smilitarizzazione della Striscia in cambio della ricostruzione.
AGGIORNAMENTI:
ore 23.15 – ISRAELE: SI’ AD ALLUNGAMENTO TREGUA. HAMAS: NO SENZA ACCETTAZIONE DELLE NOSTRE CONDIZIONI
Israele ha accettato l’estensione della tregua di 72 ore cominciata martedì mattina e che dovrebbe terminare venerdì mattina. Il leader di Hamas Abu Marzouk ha detto che il movimento islamista riprenderà a lanciare missili alle 8 di venerdì mattina con l’intenzione di fare pressioni per l’accettazione delle condizioni presentate dalla delegazione palestinese.
ore 20.15 – LIEBERMAN CONTRO LE NAZIONI UNITE
Il ministro degli Esteri Lieberman ha duramente accusato oggi le Nazioni Unite di non aver saputo fare il proprio lavoro a Gaza: “L’Onu dovrebbe organizzare una forza internazionale per rimuovere il governo del terrore di Hamas e non aspettare che lo faccia Israele”. Ha poi aggiunto che, prima di accusare Israele di “attaccare le strutture dell’Onu mentre tenta di proteggersi”, il Palazzo di Vetro dovrebbe rendere i suoi rifugi posti più sicuri perché “non diventino magazzini per i missili”.
ore 17.15 – LA DELEGAZIONE ISRAELIANA E’ PARTITA ORA
La delegazione di negoziatori israeliana è partita da poco per Il Cairo, contrariamente a quanto riportato in precedenza. Secondo i media, la delegazione era arrivata già ieri, ma fonti governative hanno corretto la notizia. Il team è guidato da Amos Gilad, funzionario del Ministero della Difesa. Prima di tutto, in Egitto si discuterà dell’estensione della tregua – che dovrebbe durare fino a venerdì mattina – di altre 48-72 ore.
ore 16.20 – LA TREGUA SARA’ ESTESA
Secondo Channel 2, la tregua di 72 ore sarà estesa: le parti avrebbero trovato un accordo sull’estensione del cessate il fuoco. A breve l’annuncio ufficiale.
ore 14.45 – ISRAELE MANDA A CASA 30MILA RISERVISTI. LEADER ARABI IN VISITA A GAZA IN VISTA DELLA RICOSTRUZIONE
Una delegazione di ministri degli Esteri dei Paesi arabi, tra cui Egitto e Giordania, faranno presto visita a Gaza, ha detto il capo della Lega Araba Nabilal-Arabi, per mostrare sostegno alla popolazione. Analizzeranno anche la situazione e i bisogni legati alla ricostruzione, ha aggiunto. Un affare da milioni di dollari che in pochi vorranno farsi scappare.
Intanto l’esercito israeliano rimanda a casa 30mila degli 80mila riservisti dispiegati per l’operazione. Lungo il confine con Gaza, restano circa 50mila truppe.
ore 14.00 – 134 FABBRICHE DISTRUTTE, ECONOMIA DI GAZA AL COLLASSO
La già debolissima economia della Striscia, soffocata da un embargo lungo 7 anni, ha subito ulteriori drammatiche perdite: secondo l’unione industriale palestinese, sono almeno 134 le fabbriche distrutte durante l’operazione israeliana Margine Protettivo, per una perdita totale di almeno 70 milioni di dollari, dovuto allo stop della produzione per un mese e alla demolizione delle strutture. Oltre 30mila persone hanno perso il lavoro: “La macchina da guerra israeliana ha deliberatamente distrutto l’infrastruttura dell’economia nazionale palestinese prendendo di mira le fabbriche che non rappresentavano alcuna minaccia alla sicurezza dell’occupante”, scrive in un comunicato l’unione ricordando come anche le precedenti offensive nel 2008-2009 e nel 2012 avessero messo in ginocchio la struttura produttiva gazawi.
ore 12.00 – ISRAELE HA DISTRUTTO DUE TERZI DEI MISSILI DELLE FAZIONI PALESTINESI, DICE L’ESERCITO
Secondo l’esercito israeliano, che ieri ha ritirato le truppe dalla Striscia, l’obiettivo della missione è stato archiviato con la distruzione dei tunnel costruiti da Hamas. Fonti militari parlano di 900 miliziani uccisi e due terzi dei 10mila razzi in mano alle fazioni palestinesi distrutto: sarebbero circa 3.300 quelli ancora in mano ai miliziani.
ore 11.50 – UNRWA: 270MILA SFOLLATI NEI RIFUGI ONU, 520MILA IN TOTALE (IL 29% DELLA POPOLAZIONE)
Sono 520mila (il 29% della popolazione di Gaza) le persone sfollate a causa dell’attacco israeliano. Di queste, 270mila hanno trovato rifugio nelle sedi Onu, ma la situazione è drammatica. In tutta la Striscia manca l’acqua e i residenti hanno solo 2 o 3 ore di elettricità al giorno. Le pompe delle fognature non funzionano e il cibo marcisce: il timore del diffondersi di malattie è sempre più elevato.
“Cercheremo di seguire non solo i bisogni di coloro che stanno nelle nostre scuole, ma anche degli sfollati che stanno tornando nelle loro case e si troveranno in condizioni difficili”, ha detto Pierre Krahenbuhl, commissario generale dell’UNRWA, agenzia Onu per i rifugiati palestinesi.
ore 11.30 – ISRAELE NON COOPERERA’ CON LE INDAGINI DELL’ONU SUI CRIMINI DI GUERRA
Il ministero degli Esteri israeliano ha fatto sapere che il governo di Tel Aviv non dovrebbe cooperare con il Consiglio Onu per i Diritti Umani, che ha aperto una commissione d’inchiesta per indagare eventuali crimini israeliani nella Striscia di Gaza: “Il comitato creato dal Consiglio scriverà un rapporto, ma se sarà formato sulla base di una maggioranza anti-israeliana, dovremo chiedere se Israele dovrà cooperare. Non abbiamo cooperato con il rapporto Goldstone [dopo Piombo Fuso] che poi è scomparso”.
ore 10.30 – A GAZA RIAPRONO I NEGOZI, LA GENTE VA ALLA RICERCA DELLE PROPRIE CASE
Nel secondo giorno di tregua, la popolazione di Gaza esce dai rifugi improvvisati. I negozi stanno riaprendo, i bambini tornano in strada a giocare. Molti vanno alla ricerca delle proprie abitazioni, per verificare i danni, in mezzo alle macerie e ad una devastazione difficilmente immaginabile. Nella foto, scattata dal giornalista della CNN, John Vaus, si vedono alcuni bambini in spiaggia.
ore 10.15 – HAMAS: “ISRAELE NON HA ANCORA RISPOSTO ALLE NOSTRE RICHIESTE”
Izzat Rishak, membro dell’ufficio politico di Hamas, ha detto che il movimento islamista “non ha ancora ricevuto nessuna risposta ufficiale da Israele in merito alle richieste presentate con gli egiziani”.
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Diretta di ieri, martedì 5 agosto
dalla redazione
Gerusalemme, 6 agosto 2014 – Secondo giorno di tregua, dei tre previsti dall’accordo stipulato al Cairo tra la delegazione palestinese e Israele. E mentre proseguono gli sforzi per allungare di altri due giorni il cessate il fuoco, si contano i danni subiti dalla Striscia in quasi un mese di offensiva militare, la più dura di sempre. Oltre 10mila case, uffici governativi, scuole, moschee, università distrutti. Una montagna di macerie mai vista prima, interi quartieri rasi al suolo che gli stessi residenti non riconoscono più. Oltre 1.875 morti e tanti altri ancora sotto le rovine delle case di Gaza, quasi 10mila feriti e danni quantificabili – dice il vice ministro dell’Economia – in almeno 6 milioni di dollari.
Ieri nel primo giorno di calma, sono tre i palestinesi morti per le ferite riportate nei giorni precedenti: Fayiz Ismail Abu Hammad, 34 anni, colpito a Khan Younis; Salah Ahmad al-Ghouti, 22 anni, ferito a Rafah; e il 12enne Nidal Raed Eleiwa, anche lui colpito a Rafah.
Ieri il team di negoziatori israeliani (che non parlerà direttamente alla delegazione palestinese, ma lo farà tramite la mediazione egiziana) ha ripetuto la propria richiesta: sì alla ricostruzione della Striscia ma solo in cambio del disarmo dei gruppi armati palestinesi. Ofer Gendelman, uno dei tre rappresentanti israeliani in Egitto, ha detto che Israele – che ieri ha ritirato le truppe da Gaza – è interessato ad un cessate il fuoco duraturo ma che questo dipenderà dal rispetto di Hamas per le 72 ore di tregua. Alle richieste israeliane si contrappongono quelle palestinesi, portate avanti dai mediatori egiziani: ritiro delle truppe israeliane, apertura dei confini e fine dell’embargo contro la Striscia, rilascio dei prigionieri e diritto dei pescatori ad utilizzare 12 miglia nautiche dalla costa di Gaza.
L’Egitto, secondo i media israeliani, starebbe facendo pressioni su Israele perché accetti l’Autorità Palestinese come responsabile della ricostruzione di Gaza. Un passaggio che sottintende che l’amministrazione della Striscia passi direttamente al governo di Ramallah, e indirettamente un allontanamento di Hamas dall’enclave, seppure il governo di unità nazionale con Fatah sia ancora ufficialmente in piedi.
Restano in un angolo gli Stati Uniti. Il segretario di Stato Usa Kerry, dopo aver proposto una tregua nelle scorse settimane e essere stato imbarazzato dal governo israeliano che ha rifiutato all’ultimo momento e dalla sua stessa amministrazione, ha detto che non volerà al Cairo per i negoziati. Da Washington si è limitato a dire che l’attuale cessate il fuoco deve essere precursore di più “ampi” negoziati per una soluzione a due Stati tra Israele e Palestina, obiettivo a cui ha lavorato nel corso dell’ultimo anno senza alcun successo: “Dobbiamo cominciare a rendere la vita dei palestinesi migliore – ha detto Kerry – Aprire i confini per far entrare cibo e ricostruire, per avere più libertà. Questo deve arrivare con una maggiore responsabilità verso Israele, ovvero abbandonare i missili”. Nena News