Inquinamento, salinizzazione e razionamento stanno minacciando la fornitura di acqua per la popolazione della Striscia
di Sami Abu Salem – Newsweek
(traduzione di Amedeo Rossi- Zeitun.Info)
Nel campo di rifugiati di Jabalia, al nord di Gaza, i bambini e le donne anziane trasportano bottiglie di plastica raccolte vicino a rubinetti per riempirle di acqua potabile da un recente pozzo artesiano costruito dal Comune Dalal Awwad, un’anziana donna palestinese che vive da sola in una casa vicina, dice di usare regolarmente il pozzo per rifornirsi quotidianamente di acqua potabile.
“Non ho figli che mi aiutino e questa per me è la principale fonte di acqua potabile,” racconta a Newsweek Middle East.
Mentre Awwad riempie il suo contenitore, Abboud Masoud, di 6 anni, e sua sorella Noura, di 8, stanno con altri bambini vicino ai rubinetti, aspettando il loro turno. “Veniamo qui perchè quest’acqua è gratis. Non abbiamo acqua potabile in casa,” dice, mentre sta per andarsene sulla sua piccola bicicletta, già carica di contenitori pieni d’acqua.
A causa del decennale blocco israeliano, circa due milioni di persone nella Striscia di Gaza stanno affrontando una crisi idrica che ha colpito la qualità e quantità dell’acqua nella piccola area geografica lungo al mare, di non più di 360 km². Benché negli ultimi anni organizzazioni internazionali abbiano messo in guardia sulla gravissima situazione a Gaza a causa della scarsità di acqua, le cose sembrano peggiorare senza alcuna soluzione a disposizione.
Nel 2012 l’ONU ha avvertito che la fornitura di acqua a Gaza “potrebbe diventare insostenibile entro il 2016″, ed i danni causati potrebbero essere irreversibili entro il 2020.” Ad aggiungere disgrazia a disgrazia, la maggior parte dell’acqua potabile di Gaza è diventata salata.
Monther Shoblaq, direttore generale dell’azienda municipale per le forniture idriche costiere, dice a Newsweek Middle East che “il 95% dell’acqua di Gaza non è adatta all’uso domestico a causa degli alti livelli di inquinamento e di salinità.”
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) la percentuale di cloruri non dovrebbe superare i 250 mg al litro. Tuttavia a Gaza è di 1.500 mg/l, racconta Shoblaq a Newsweek Middle East. Aggiunge che anche la concentrazione di nitrati è ben al di sopra dei 50 mg/l raccomandati dall’OMS.
“A Gaza è di 150 mg/l. Se la situazione idrica non cambia entro il 2020, Gaza non avrà più acqua potabile,” aggiunge.
L’inquinamento, insieme all’alta percentuale di sale nell’acqua di Gaza ha provocato malattie letali tra la popolazione locale. “Questi fattori sono la principale ragione delle malattie renali ed infezioni delle vie urinarie a Gaza,” dichiara a Newsweek Middle East il dottor Abdallah Al Qishawi, primario del reparto di disturbi renali e dialisi all’ospedale Shifa di Gaza.
“Nitrati e cloruri provocano calcolosi renali così come infiammazioni, che portano a insufficienze renali.. .e causano malattie tra le donne incinte ed i bambini piccoli,” dice Al Qishawi. Secondo quanto afferma, ci sono 550 pazienti in dialisi e circa lo stesso numero soffre di infezioni croniche.
Shoblaq accusa l’occupazione israeliana di Gaza come la principale ragione della crisi, oltre al comportamento irresponsabile delle persone.
Egli sostiene che Israele ha tagliato le risorse idriche trans-frontaliere installando pozzi di bonifica e bacini artificiali non lontano dalle falde acquifere sotterranee di Gaza. Così facendo, secondo Shoblaq, Gaza perde tra i 10 ed i 20 milioni di litri ogni anno.
“Questo modo di procedere impedisce il flusso naturale di acqua a Gaza…è totalmente illegale e viola le leggi internazionali,” aggiunge. Le necessità di consumo della Striscia di Gaza sono circa dai 180 ai 200 milioni di m³ d’acqua all’anno, ma riceve meno di un terzo di questa quantità – da 55 a 60 milioni di m³ circa all’anno -, il che dimostra una gravissima carenza nell’approvvigionamento. Nonostante il ritiro ufficiale dalla Striscia nel 2006, Israele ha continuato a bloccare lo spazio terrestre e marittimo di Gaza. I palestinesi si lamentano del fatto che, prima del ritiro di Israele, quest’ultimo ha fatto in modo di inquinare il luogo per la popolazione assediata.
“Una delle principali cause di inquinamento sono le vasche di acque reflue costruite da Israele in due zone, a sud e a nord di Gaza…quando si tratta di acqua, l’occupazione israeliana ha lasciato Gaza in condizioni disastrose,” dice Shoblaq. Il blocco israeliano ha avuto anche un impatto sulla fauna e la flora della Striscia, che aggrava ulteriomente il problema.
Rebhi Al Sheikh, vicedirettore dell’Autorità Palestinese per le Acque, dice che gli israeliani hanno messo i bastoni tra le ruote, sia sul campo che a livello politico, ostacolando ogni sforzo di risolvere la crisi idrica di Gaza.
Richiesto di fare un commento sul problema, il portavoce dell’esercito israeliano si è rifiutato di rispondere alle domande di Newsweek Middle East.
“Israele fornisce a Gaza 10 milioni di m³ d’acqua all’anno, così come offre assistenza per lo sviluppo delle infrastrutture idriche,” dice a Newsweek Middle East un portavoce del Coordinamento delle Attività di Governo di Israele nei Territori Palestinesi (COGAT).
“In base all’articolo 40 dell’accordo del 1995 [tra Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina] Israele dovrebbe consentire ai palestinesi di avere un supplemento di 70-80 milioni di m³ d’acqua all’anno, di cui 5 milioni sono per Gaza,” dice Al Sheikh.
E’ stato dopo 20 anni di negoziati che gli israeliani hanno consentito ai palestinesi di comprare 5 milioni di m³. “Ma non possiamo comprarli integralmente perché i jet israeliani hanno distrutto il serbatoio per l’acqua in cemento ed altri impianti durante l’ultima aggressione [nel 2014],” racconta Al Shiekh a Newsweek Middle East.
“In uno dei progetti abbiamo perso circa un anno solo nell’attesa che gli israeliani autorizzassero l’attrezzatura,” afferma. Ma gli israeliani negano l’ingresso di materiale da costruzione a Gaza, sostenendo che potrebbe essere usato per scopi terroristici. “L’ingresso di materiale a doppio uso, che potrebbe servire a propositi terroristici, richiede un controllo di sicurezza per determinare la destinazione e l’utilizzo dei materiali per fini civili,” ha detto il portavoce del COGAT in una risposta via mail a Newsweek Middle East.
I palestinesi dicono che le affermazioni israeliane sono assurde.
“Immagina, in uno dei progetti in corso gli israeliani ci hanno chiesto di cambiare la ditta contrattata, che ha bloccato i lavori per parecchi mesi,” dice Al Sheikh. Egli sostiene che Gaza sta costruendo tre impianti temporanei di desalinizzazione dell’acqua di mare di modesta entità per produrre 13 milioni di m³ all’anno. A peggiorare ulteriormente la situazione di Gaza, in seguito alla travolgente vittoria di Hamas nelle elezioni del 2006, i donatori internazionali hanno scelto di interrompere i finanziamenti dei principali progetti a Gaza, compresi gli impianti di desalinizzazione, dice Shoblaq a Newsweek Middle East.
Ciò, oltre ai danni e alle disfunzioni della rete fognaria dovuti alle ripetute aggressioni israeliane, ha provocato l’infiltrazione di acque reflue nell’acquifero della Striscia.
Va rilevato che l’ONU ha dichiarato che, senza trattamento, il 90% dell’acqua di Gaza proveniente dall’acquifero non è potabile. Se la situazione non viene risolta, anche l’acqua di mare si infiltrerà completamente nell’acquifero, prevede Al Sheikh.
Nel contempo anche comportamenti irresponsabili da parte della gente sta minacciando quello che rimane delle forniture idriche a Gaza. Shoblaq dice che almeno 4.000 pozzi illegali sono stati costruiti dai gazawi e che questi costituiscono un vero depauperamento delle fonti naturali della Striscia. “Un sacco di gente ha costruito alberghetti, villette e persino pozzi artigianali illegali che provocano una perdita di 150.000 litri al giorno.”
Allo stesso tempo, la maggioranza del milione 800mila abitanti di Gaza continua a comprare l’acqua dalle autobotti di acqua potabile del settore privato, che si riforniscono dai pozzi scavati lungo tutta la Striscia.
Assef Mousa, proprietario di un camion che vende acqua potabile, afferma che la maggior parte della gente compra “acqua filtrata” dalle autocisterne. E apparentemente secondo Mousa, che progetta di espandere il suo giro di affari, questa attività sta andando molto bene. “Sto pensando di comprare un nuovo camion. Abbiamo molte richieste. I nostri clienti sono in aumento,” aggiunge con un sorriso.