Kamikaze e autobombe stanno segnando questi giorni di Ramandan. Almeno 25 morti nell’aultimo attentato. Intanto, il presidente Buhari ha approvato un pacchetto di aiuti per pagare gli stipendi. In programma una radicale ristrutturazione del settore petrolifero
della redazione
Roma, 8 luglio 2015, Nena News – Moschee, chiese, mercati in Nigeria sono diventati il bersaglio di attentati che negli ultimi giorni hanno fatto strage tra la popolazione civile. L’ultimo attacco, nella città settentrionale di Zaria, ha fatto almeno 25 morti e oltre 30 feriti. L’esplosione è avvenuta vicino a un palazzo governativo, dove in tanti, tra cui molti giovani, facevano la fila per cercare un impiego nell’amministrazione. Ancora non ci sono rivendicazioni, ma per molti dietro le stragi c’è la mano di Boko Haram, il gruppo attivo dal 2009, legatosi all’Isis lo scorso gennaio.
Ieri una giovanissima kamikaze, stando a quanto riferisce Al Jazeera, si è fatta saltare in aria a Kano, altra città del Nord martoriato dall’insurrezione armata di Boko Haram che sta seminando terrore e morte nel Paese, allo scopo di imporre la sua fanatica versione della sharia a una popolazione, quella del Nord a maggioranza musulmano, stretta tra le scorrerie dei miliziani capeggiati da Abubakar Shekau, un esercito accusato di abusi sulla popolazione e una povertà diffusa, che lo contrappone al Sud, cristiano, più ricco.
La scorsa settimana sono stati quattro gli attentati e i miliziani hanno compiuto un massacro nelle moschee di Kukawa: sono stati passati per le armi oltre 140 fedeli. Secondo Amnesty International, negli ultimi sei anni sono stati almeno 17mila i musulmani uccisi dai miliziani e un milioni e mezzo di persone hanno dovuto abbandonare le proprie case per sfuggire alle carneficine.
Una crisi che sta destabilizzando un Paese con una storia di golpe, regimi militari, rivalità etniche-religiose e un presente di disparità sociali, corruzione, violenze, povertà. Un Paese di contraddizioni, che è il maggiore produttore di petrolio del continente, ma anche ai vertici delle classifiche della povertà.
La raffica di attentati che sta insanguinando il Ramadan nigeriano si è intensificata all’indomani dell’elezione alla presidenza di Muhammadu Buhari, musulmano (ha sconfitto Goodluck Jonathan, cristiano, alla guida del paese dal 1999), politico di lungo corso, noto per la sua lotta alla corruzione, che ha già guidato la Nigeria sotto il regime militare negli anni Ottanta.
Buhari ha di recente deciso di rimuovere i checkpoint dell’esercito, affidando il controllo della sicurezza alla polizia. Sono state rafforzate le misure di sicurezza nei luoghi sacri ed è stato vietato il commercio per strada (anche la falconeria), invitando la popolazione a evitare i luoghi affollati. Misure criticate da diversi analisti, che collegano l’intensificazione degli attacchi alla rimozione dei posti di blocco militari.
In effetti le bombe degli ultimi giorni sono seguite all’annuncio del capo della polizia, Solomon Arase, delle nuove misure, ma in passato i soldati nigeriani sono stati accusati da diverse Ong internazionali di violazioni e di abusi contro la popolazione civile. La loro presenza, soprattutto al Nord, è spesso significata arresti indiscriminati, detenzioni arbitrarie, esecuzioni sommarie, rappresaglie. Una brutalità che ha creato un terreno favorevole a Boko Haram che nel nord-est ha il suo bacino di reclutamento, anche è stato ricacciato dalle forse regionali, che sono riuscite a riprendere il controllo di diverse città e centri abitati.
È di questi giorni la dichiarazione alla Bbc del portavoce delle Forze armate, Sani Usman, sul rilascio di cento uomini, 24 donne, e decine di minorenni accusati di legami con i miliziani. Alcuni hanno trascorso mesi in carcere prima che le indagini li scagionassero.
Buhari è stato eletto a marzo, con l’impegno a contrastare e sradicare l’insurrezione di quelli che prima dell’affiliazione all’Isis erano chiamati i “taliban nigeriani”. Un’impresa che non è riuscita a Goodluck Jonathan , poco amato al Nord, e che coinvolge anche altri Stati della regione, toccati dalle scorribande dei miliziani di Abubakar Shekau. Per molti la soluzione non va cercata soltanto nelle armi, ma in politiche di sviluppo economico e di equità sociale che sottrarrebbero consenso a Boko Haram. Un anno fa Kashim Shettima, governatore del Borno, lo Stato più colpito dall’emergenza, parlò di un “Piano Marshall per il Nord”.
L’economia nigeriana, che dipende per l’80 per cento dalle royalty per le estrazioni (entrate abbattute dalla drastica riduzione del prezzo del greggio l’anno scorso) e per il 90 per cento dalle entrate in valuta estera, è arrivata quasi al collasso sotto il governo di Jonathan. Quale sia precisamente il piano di Buhari non è ancora ben chiaro, essendo rimaste centrali le questioni di sicurezza e la corruzione. Il presidente, che si è impegnato a ridurre i ministeri da 42 a 19, dovrebbe nominare a breve la sua squadra di governo, ma ha già messo in piedi alcune commissioni, tra cui la ‘commissione di transizione’ per la realizzazione di riforme.
La Reuters ha ottenuto qualche indiscrezione: tra le raccomandazioni, il ridimensionamento dell’amministrazione, noto luogo di corruzione in Nigeria, una radicale riforma della criticata compagnia petrolifera nazionale, il taglio dei salatissimi sussidi per il petrolio e il cherosene. Ma la cosa più urgente da fare, per evitare disordini, è il pagamento degli stipendi arretrati e dei sussidi. Almeno 12 Stati su 36 devono ai propri dipendenti oltre 550 milioni di dollari in salari. Molti lavoratori non percepiscono uno stipendio da mesi. Per far fronte alla questione, Buhari ha approvato un pacchetto di interventi da 2.1 miliardo di dollari per aiutare gli Stati in bancarotta a corrispondere i salari. I soldi li prenderà da un prestito della banca central e dai dividendi corrisposti dalla agenzia statale del gas.
Tra gli obiettivi del mandato di Buhari c’è il recupero dei soldi rubati dagli ex funzionari statali e dalle compagnie petrolifere, ha detto il presidente. Nel 2013 un’indagine dell’ex governatore della banca centrale, Lamido Sanusi, rivelò che la Nigerian National Petroleum Corporation (NNCP) non aveva versato venti miliardi di dollari in entrate nelle casse statali. Accusa negata dalla NNCP (il cui consiglio è stato disciolto dal presidente il mese scorso) che è nel mirino dei cambiamenti nel settore petrolifero che vorrebbe fare il presidente, partendo dalla revisione dei contratti con le compagnie petrolifere, come Shell, Exxon, Chevron. Riforme non facili, che prenderanno tempo e dovranno essere realizzate sotto la costante minaccia di Boko Haram. Nena News
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