La nostra rubrica settimanale sull’Africa oggi analizza il lavoro del CPI in diversi stati africani dove da anni indaga su presunti crimini di guerra e genocidi
di Federica Iezzi
Roma, 2 aprile 2022, Nena News -
Repubblica Democratica del Congo
Le indagini della Corte Penale Internazionale si sono concentrate su presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi principalmente nella Repubblica Democratica del Congo orientale, nella regione dell’Ituri e nelle province del Nord e del Sud Kivu, dal luglio 2002.
L’inchiesta è stata aperta nel giugno 2004, dopo numerose segnalazioni di omicidi di massa, esecuzioni sommarie, stupri, torture, sfollamenti forzati, arruolamento di bambini soldato di età inferiore ai quindici anni.
Le prime due indagini hanno portato alle condanne di Thomas Lubanga Dyilo e di Germain Katanga, e all’assoluzione di Ngudojolo Chui. Ancora in corso un processo con 13 capi di imputazione per Bosco Ntaganda, comandante delle operazioni delle Forces Patriotiques pour la Libération du Congo (FPLC).
Lubanga, ex presidente dell’Union des Patriotes Congolais/Forces Patriotiques pour la Libération du Congo (UPC/FPLC), ha giocato un ruolo chiave nel conflitto dell’Ituri. E’ stato dichiarato colpevole nel 2012, per coscrizione di bambini nell’utilizzo attivo alle ostilità. E’ stata la prima persona mai arrestata in base ad un mandato di cattura della Corte Penale Internazionale.
Katanga, presunto comandante delle Force de résistance patriotique en Ituri (FRPI), ha raccolto quattro capi di imputazione per crimini di guerra: omicidio, aggressione a una popolazione civile, distruzione di proprietà e saccheggio, durante l’attacco al villaggio di Bogoro, nel distretto di Ituri.
Thomas Lubanga Dyilo and Germain Katanga transferred to the DRC to serve their sentences of imprisonment https://t.co/Qm9k8KRQMc
— Int'l Criminal Court (@IntlCrimCourt) December 19, 2015
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Uganda
Obiettivo della Corte Penale Internazionale in Uganda sono i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità nel nord del Paese a partire dal 2002, perpetrati dal Lord’s Resistance Army (LRA), di matrice cristiana, e dall’autorità di stato.
Tutti i sospettati sono rimasti latitanti per un decennio, fino all’arresto di Dominic Ongwen. Ancora ricercati membri di spicco dell’LRA, quali Joseph Kony, fondatore del gruppo ribelle, e Vincent Otti.
Solo lo scorso febbraio la Trial Chamber IX della Corte Penale Internazionale, ha dichiarato colpevole Ongwen, comandante di brigata dell’LRA, complessivamente di 61 capi d’accusa legati a crimini di guerra. Dominic Ongwen aveva circa 10 anni quando fu rapito e immediatamente arruolato nell’LRA. La richiesta di appello si basa proprio sul presunto disturbo da stress post-traumatico e su quello dissociativo dell’identità dell’ex comandante, costretto da bambino a subire abusi dall’LRA.
https://twitter.com/IntlCrimCourt/status/1357288881427783682?s=20
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Sudan
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, parlando del Darfur nel 2002, stabilì che la situazione in Sudan continuava a costituire una pesante minaccia per la pace e la sicurezza internazionali.
La Corte Penale Internazionale entra in Sudan per le accuse di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nella regione occidentale del Darfur.
Il rapporto della Commissione internazionale d’inchiesta sul Darfur parla apertamente di atti di genocidio. Secondo le stime delle Nazioni Unite 1,65 milioni di sfollati interni e più di 200.000 rifugiati nel vicino Ciad, sono le cifre che soffocano la regione.
Le indagini della Corte Penale Internazionale coinvolgono funzionari del governo sudanese, leader della milizia filogovernativa Janjaweed e membri del gruppo ribelle United Resistance Front.
Omar al-Bashir è il primo presidente ad essere accusato dalla Corte Penale Internazionale per il crimine di genocidio.
Il primo mandato di cattura per al-Bashir è stato emesso nel 2009, il secondo l’anno successivo. L’ex autocrate, che è in carcere a Khartoum da quando è stato deposto nell’aprile 2019, oggi è ancora latitante per la Corte Penale Internazionale e il suo caso è rimasto nella fase istruttoria.
Omar #AlBashir remains at large. He is suspected of crimes against humanity, war crimes and genocide committed in #Darfur #Sudan. #ICC relies on State cooperation worldwide to arrest & transfer him to the Court. Learn more: https://t.co/QY2Oip2Im5 #justicematters #buildingsupport pic.twitter.com/DfPqkXZbLe
— Int'l Criminal Court (@IntlCrimCourt) November 12, 2018
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Repubblica Centrafricana
Sono due le indagini della Corte Penale Internazionale portate avanti in Repubblica Centrafricana. La prima ha come obiettivo crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nel contesto del conflitto a cavallo del 2002 e 2003. Il secondo si concentra sul genocidio che ha coinvolto i gruppi musulmani Séléka e i gruppi cristiani anti-balaka, le cui violenze hanno provocato migliaia di morti tra la popolazione civile e centinaia di migliaia di sfollati.
La violenza sessuale è stata il tema portante del conflitto del 2002. E il principale protagonista fu Jean-Pierre Bemba Gombo, vice presidente della Repubblica Democratica del Congo e comandante del Mouvement de libération du Congo (MLC).
Nel 2018 la Appeals Chamber della Corte Penale Internazionale ha discutibilmente ribaltato la sentenza di primo grado che nel 2006 aveva condannato all’unanimità Bemba per crimini contro l’umanità commessi dalle milizie ai suoi comandi, nel corso delle operazioni militari intraprese in Repubblica Centrafricana.
#ICC #Bemba sentence starting now, watch here https://t.co/3oPDdWshQE pic.twitter.com/XhM5Q2z2Nc
— Int'l Criminal Court (@IntlCrimCourt) June 21, 2016
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Kenya
Il Kenya ha ratificato lo Statuto di Roma nel 2005, dunque la Corte Penale Internazionale sta ancora indagando su presunti crimini contro l’umanità commessi nel contesto delle violenze post-elettorali in Kenya nel 2007 e 2008, in sei province kenyane: Nairobi, North Rift Valley, Central Rift Valley, South Rift Valley, Nyanza Province and Western Province. Gli scontri videro fronteggiarsi gli appartenenti ai due principali partiti politici, ovvero il Party of National Unity, guidato dal rieletto presidente Mwai Kibaki, e l’Orange Democratic Movement, guidato da Raila Odinga.
Nell’accogliere la richiesta del pubblico ministero di aprire un’indagine, la camera preliminare della Corte Penale Internazionale ha preso atto della gravità e dell’entità della violenza. Oltre 1.000 persone sono state uccise, ci sono stati oltre 900 atti di stupro e violenza sessuale documentati, circa 350.000 civili sono stati sfollati e oltre 3.500 sono stati gravemente feriti.
Ai dibattuti crimini contro l’umanità, si è aggiunto il mandato di arresto nei confronti del giurista kenyano Paul Gicheru, emesso dalla Pre-Trial Chamber II, per reato di intralcio all’amministrazione della giustizia, tramite corruzione e tentata corruzione di testimoni.
Questa è stata la prima situazione in cui la procura ha aperto un’indagine proprio motu.
Situation in #Kenya: Paul Gicheru surrenders pursuant to arrest warrant issued in 2015 for allegedly corruptly influencing #ICC witnesses https://t.co/VSF4KbFbJ3
— Int'l Criminal Court (@IntlCrimCourt) November 2, 2020
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Libia
Nel 2011, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha deferito la situazione in Libia alla Corte penale internazionale nella risoluzione 1970/2011. Condannate la violenza e l’uso della forza contro i civili, la grave e sistematica violazione dei diritti umani, del governo Gheddafi.
La Camera preliminare I ha classificato gli attacchi diffusi e sistematici contro la popolazione civile come crimini contro l’umanità, nell’ambito di un conflitto armato di carattere non internazionale. Ha sottolineato la necessità di rispettare le libertà di riunione pacifica e di espressione, compresa la libertà di stampa.
L’esercito di Haftar è indicato nel rapporto dell’Aia come tra i responsabili di gravi violazioni.
Il governo libico ha riaffermato la giurisdizione dei tribunali del Paese per perseguire tutti gli accusati in conformità con il codice penale, che riflette la sovranità della Libia sui suoi cittadini e sul territorio.
I tre sospetti implicati negli attuali casi attivi del pubblico ministero includono Saif al-Islam Gheddafi, figlio di Muammar Gheddafi, per il suo presunto ruolo negli attacchi ai civili durante la rivolta del 2011, Mahmoud al-Werfalli, comandante del Libyan Special Forces, e Al-Tuhamy Mohamed Khaled, ex capo dell’Internal Security Agency libica.
#ICC Prosecutor on escalation of violence in #Libya: “All parties & armed groups involved in fighting must fully respect #IHL. No one should doubt my determination to expand investigations & potential prosecutions, in accordance w/t my mandate” https://t.co/b9t2ob8rSe @UNSMILibya
— Int'l Criminal Court (@IntlCrimCourt) April 16, 2019
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Costa d’Avorio
L’indagine della Corte Penale Internazionale si è concentrata su presunti crimini contro l’umanità commessi durante le violenze post-elettorali del 2010-2011, che hanno provocato almeno 3000 decessi. Le violenze post-elettorali sono scoppiate tra le forze pro Laurent Gbagbo e le forze pro Alassane Ouattara.
La Costa d’Avorio, all’epoca non aderente allo Statuto di Roma, aveva accettato la giurisdizione della Corte Penale Internazionale. Nel 2011, la III Sezione Preliminare ha accolto la richiesta della procura di aprire un’indagine proprio motu sulla situazione in Costa d’Avorio.
Gli attacchi diretti contro la popolazione civile in Costa d’Avorio sono stati diffusi e sistematici, e hanno compreso raid condotti contro le sedi del partito avversario, uso eccessivo della forza in aree densamente popolate per disperdere i manifestanti, e violenze ai posti di blocco militari.
La Corte Penale Internazionale lo scorso marzo ha confermato la completa assoluzione dell’ex presidente ivoriano Laurent Gbagbo.
#Gbagbo #BléGoudé case: #ICC Trial Chamber I files written reasons for the 15 January 2019 acquittal (by majority) on charges of crimes against humanity, allegedly committed in Côte d'Ivoire in 2010/2011. Read on for details ➡ https://t.co/5soKjbM9ft
— Int'l Criminal Court (@IntlCrimCourt) July 16, 2019
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Mali
Il Mali ha deferito alla Corte Penale Internazionale la situazione nel suo territorio dal gennaio 2012.
Le indagini in Mali si sono concentrate su presunti crimini di guerra commessi dal gennaio 2012, principalmente nelle tre regioni settentrionali di Gao, Kidal e Timbuktu, con incidenti avvenuti anche nel sud a Bamako e Sévaré.
Nel 2012 la situazione in Mali è stata caratterizzata da due eventi principali. In primo luogo, l’emergere di una ribellione armata nel Nord e, in secondo luogo, un colpo di stato da parte della giunta militare, che ha portato alla destituzione del presidente Amadou Toumani Touré, poco prima che potessero aver luogo le elezioni presidenziali.
Ahmad Al Faqi Al Mahdi, presunto membro di Ansar Eddine, movimento associato ad al-Qaeda nel Maghreb islamico, è stato riconosciuto colpevole nell’aver diretto intenzionalmente attacchi contro edifici religiosi e storici a Timbuktu.
Sotto la custodia della Corte è Al Hassan Ag Abdoul Aziz, capo de facto della polizia islamica, coinvolto negli attacchi da parte del gruppo Ansar Eddine a Timbuktu.
#ICC Prosecutor: Deliberate attacks on #cultural property have become actual #weapons of #war #Mali #AlMahdi
— Int'l Criminal Court (@IntlCrimCourt) August 22, 2016
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Burundi
Nella sua decisione di autorizzare un’indagine, la Pre-Trial Chamber III della Corte Penale Internazionale ha trovato una base ragionevole per ritenere che agenti statali insieme a membri dell’Imbonerakure, l’ala militante giovanile del partito al potere (CNDD-FDD, Conseil National pour la Défense de la Démocratie-Forces pour la Défense de la Démocratie), abbiano lanciato un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile del Burundi.
L’attacco ha preso di mira gli oppositori del partito al governo dopo l’annuncio, nell’aprile 2015, secondo il quale il presidente Pierre Nkurunziza si sarebbe candidato per un terzo mandato. Sono state uccise più di 1200 persone, almeno 3.400 sono stati gli arresti e le detenzioni arbitrarie e oltre 230.000 civili sono stati costretti a cercare rifugio nei Paesi vicini.
Nel settembre 2016, l’indagine indipendente delle Nazioni Unite in Burundi (UNIIB) ha pubblicato il suo rapporto finale su quella che ha definito una situazione di ‘modelli di violazioni diffusi e sistematici’ nel Paese. Nell’ottobre 2017, il Burundi è diventato il primo Paese a recedere dallo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale.
#ICC #Burundi situation: What crimes allegedly occurred? https://t.co/gyqBC9ETLz pic.twitter.com/vVtsyWUbor
— Int'l Criminal Court (@IntlCrimCourt) November 9, 2017
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