L’esplosione nella stessa stazione dove il 14 aprile un duplice attentato ha fatto oltre 70 morti. Nessuna rivendicazione, ma si sospetta di Boko Haram, la setta islamista che ha scatenato una “guerra santa” nel Nord del Paese
della redazione
Roma, 2 maggio 2014, Nena News – Una nuova strage fa tremare la Nigeria alla vigilia del World Economic Forum. Ieri sera almeno 19 persone sono morte nell’esplosione di una bomba, probabilmente un’autobomba, nella stazione di autobus di Nyanya alla periferia della capitale Abuja; lo stesso terminal dove il 14 aprile scorso un duplice attentato ha fatto oltre 70 morti e decine di feriti.
L’attacco non è stato rivendicato, ma il dito è stato puntato subito contro Boko Haram che ha dichiarato la sua responsabilità per quello del 14. La setta islamista dal 2009 ha iniziato una campagna armata nel nord-est del Paese con l’obiettivo di imporre una rigida versione dell’islam e bandire ogni traccia della cultura occidentale. Da due anni non veniva colpita la capitale nigeriana, ma il Paese è teatro di attacchi contro la popolazione sia cristiana sia musulmana, con assalti ai villaggi, alle chiese, alle moschee, alle caserme, alle scuole. Negli ultimi giorni centinaia di persone sono scese in strada per chiedere al governo di impegnarsi per liberare circa 200 studentesse, dai 12 i 17 anni, rapite due settimane fa dai miliziani. Sul loro destino e sul loro numero reale c’è incertezza, ma secondo alcuni sarebbero state vendute come spose ai combattenti per dieci dollari.
Negli Stati nord-orientali vige lo stato di emergenza da oltre un anno e il governo ha dispiegato in maniera massiccia esercito e forze di sicurezza. Tuttavia Boko Haram non sembra affatto indebolito e, se sarà confermata la sua responsabilità per l’attentato di ieri, non teme di colpire a due passi dai palazzi del potere, mettendo in crisi il presidente Goodluck Jonathan. Dall’inizio dell’anno sono morte almeno 1.500 persone negli attacchi e negli scontri
La “rivolta” di Boko Haram, e di altri gruppi armati, minaccia la stabilità di un Paese in bilico tra boom economico e sottosviluppo. La Nigeria è una delle prossime quattro economie emergenti, le cosiddette MINT (Messico, Indonesia, Nigeria e Turchia). Con una crescita economica trainata dal petrolio, è il primo produttore del continente e la prima economia africana, ma anche uno dei tre Paesi con più poveri al mondo. La diseguaglianza sociale è evidente, c’è una marcata disparità tra il Nord musulmano povero e insicuro e le zone meridionali a prevalenza cristiana più ricche. E c’è disparità anche nella distribuzione della ricchezza derivante dalle estrazioni petrolifere, dovuta soprattutto a una dilagante corruzione: secondo la Banca Mondiale, l’80 per cento delle entrate del petrolio e del gas vanno all’1 per cento della popolazione, mentre il 61 per cento dei nigeriani vive con meno di un dollaro al giorno e oltre la metà non ha corrente elettrica, nonostante la Nigeria sia uno dei maggiori esportatori mondiali di petrolio. Infrastrutture e servizi sono sottosviluppati, il tasso di disoccupazione è al 24 per cento e tra i giovani sfiora il 47 per cento. Nena News