Avviata l’operazione militare contro i miliziani islamisti nel nord-est della Nigeria. Truppe ciadiane e nigerine avanzano da ieri nello stato del Borno strappando territorio al gruppo che sabato ha giurato fedeltà all’Isis. Si teme per i civili, vittime anche dell’esercito nigeriano
della redazione
Roma, 9 marzo 2015, Nena News - E’ cominciata ieri la guerra di Ciad e Niger al gruppo estremista islamico Boko Haram. Un’offensiva congiunta di terra e aria che, lanciata il giorno dopo l’adesione ufficiale dei miliziani di Abu Bakr Shekaku all’Isis, sta avanzando nella martoriata regione di Borno, confinante con Camerun, Ciad e Niger. Secondo fonti militari ciadiane, N’djamena avrebbe già fatto penetrare i suoi militari per decine di chilometri all’interno dello stato nigeriano, dove avrebbero riconquistato porzioni di territorio a ridosso della frontiera camerunense. Secondo i portavoce della coalizione, già trenta tra villaggi e città sarebbero stati strappati ai miliziani islamisti.
L’autorizzazione ad attaccare era arrivata venerdì scorso, con l’approvazione da parte dell’Unione Africana di un contingente regionale di 10 mila uomini promessi da Ciad, Camerun, Niger, Nigeria e Benin: la base era una risoluzione adottata lo scorso gennaio in una riunione del consiglio panafricano sulla scia dei massacri di Boko Haram che non solo stavano devastando il nord-est della Nigeria, ma anche le aree di confine appartenenti agli stati vicini.
Dopo la strage compiuta nel villaggio e nella base militare di Baga – Abuja dichiara 150 morti, ma le organizzazioni internazionali e i testimoni oculari parlano di almeno 2 mila vittime – all’inizio di gennaio, Boko Haram aveva attaccato una base militare in Camerun e pochi giorni dopo, con una rapida incursione nel villaggio frontaliero di Mabass, aveva rapito sequestrato 80 persone, tra cui circa cinquanta ragazzi tra i 10 e i 15 anni, per poi rientrare subito in Nigeria.
Non si tratta solo di proteggere le frontiere, ora, ma di “sradicare completamente la presenza” di Boko Haram, come ha dichiarato l’Unione Africana nel meeting di venerdì scorso. Annientare il gruppo nigeriano, che mira a istituire un Califfato nelle regioni settentrionali del paese, significa anche impedire ad eventuali altri gruppi estremisti di attivarsi nei paesi limitrofi e unirsi sotto la bandiera nera del radicalismo islamico. Un radicalismo che in Nigeria, secondo le stime, ha ucciso circa 13 mila persone dal 2009 e creato oltre un milione e mezzo di profughi. Le incursioni di Boko Haram sono cosi sanguinarie che interi villaggi spariscono dalle mappe dopo il suo passaggio.
L’ultima carneficina è avvenuta sabato scorso a Maiduguri, capitale dello stato di Borno, squassata da cinque attacchi suicidi che hanno provocato almeno 50 vittime e oltre 100 feriti. Se il contingente dell’Unione Africana promette di debellare la minaccia islamista nella regione, c’è il timore che a pagarne il prezzo più alto saranno i civili, già vittime in passato – oltre che delle violenze di Boko Haram – dei metodi “poco ortodossi” delle truppe di Abuja: le popolazioni musulmane del nord nigeriano hanno infatti spesso accusato l’esercito di violazioni e metodi brutali, come detenzioni illegali, omicidi e torture. Un esercito malpagato e mal equipaggiato che non solo definiscono corrotto, ma anche vigliacco. Nena News