Tra il 1960 e il 2000, il numero complessivo di colpi di stato e tentativi di colpo di stato è cresciuto esponenzialmente insieme alle richieste di riforme democratiche e costituzionalismo
di Federica Iezzi
Roma, 15 gennaio 2021, Nena News – Circondato da soldati e con la bandiera della Guinea alle spalle. E’ così che è apparso il colonnello Mamady Doumbouya poche ore dopo aver guidato un colpo di stato lo scorso settembre.Le forze speciali di Doumbouya hanno preso d’assalto il palazzo presidenziale sequestrando Alpha Condé, il primo presidente eletto democraticamente nel Paese.
La storia del 2020 in Africa sub-sahariana si è ripetuta. Le forze armate sudanesi hanno arrestato i leader civili del Paese prendendo il potere a ottobre. E lo scorso maggio il Mali ha attraversato il suo secondo colpo di stato nell’arco di 10 mesi. Ciò è avvenuto solo qualche settimana dopo che il generale Mahamat Idriss Deby ha preso il potere in Ciad, congelando la costituzione e sciogliendo il parlamento. Nella seconda parte del ventesimo secolo, i colpi di stato militari in Africa sono stati usati come mezzo comune per cambiare l’ordine politico sulla scia della decolonizzazione. Tra il 1960 e il 2000, il numero complessivo di colpi di stato e tentativi di colpo di stato è cresciuto esponenzialmente, vicino alle richieste di riforme democratiche e costituzionalismo.
La recente ondata di militarizzazione della politica è influenzata da un insieme disomogeneo di fattori esterni, tra cui il numero crescente e diversificato di attori internazionali attivi nel continente per dare priorità ai propri interessi, e di fattori interni, come la diffusa frustrazione pubblica contro corruzione, insicurezza e malgoverno.
Il colpo di stato guineano, ad esempio, ha avuto luogo dopo una diffusa insoddisfazione e proteste contro la mossa in gran parte impopolare di Condé di eliminare il limite di due mandati presidenziali. La militarizzazione arriva nel mezzo di una crescente crisi di legittimità per i governanti. Quando un leader gioca con le costituzioni, i limiti di mandato e il processo elettorale, aumenta il sostegno pubblico alle forze armate. I militari usano poi il malcontento civico come mezzo per legittimare la loro presa di potere incostituzionale.
Allo stesso modo in Mali, i due colpi di stato militari hanno avuto luogo sullo sfondo delle proteste popolari a livello nazionale contro il presidente Ibrahim Boubacar Keita, il cui governo è stato accusato di corruzione, nepotismo e di non aver affrontato l’aggravarsi della crisi di sicurezza nel Paese. In Mali e in Sudan, i leader militari hanno usato tattiche simili per conquistare il potere.
I golpisti maliani, guidati dal colonnello Assimi Goita, hanno inizialmente accettato di formare un consiglio di transizione misto militare-civile dopo il primo colpo di stato nell’agosto 2020, promettendo di consegnare il potere al governo civile alla fine della transizione. Ma lo scorso maggio, Goita ha imprigionato e poi rimosso il presidente e il primo ministro del consiglio di transizione. Nel frattempo, la promessa dei militari di tenere le elezioni entro il prossimo febbraio sembra sempre meno concreta.
Il generale sudanese Abdel Fattah al-Burhan ha preso il potere arrestando il primo ministro Abdalla Hamdok. Sebbene le proteste a livello nazionale e la condanna occidentale lo abbiano costretto a reintegrare Hamdok, l’esercito rimane l’attore principale nella fragile politica del Sudan. L’Unione Africana e organismi regionali come l’Ecowas (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) hanno sospeso i Paesi destabilizzati dai colpi di stato, ad eccezione del Ciad, nel tentativo di costringere i governanti militari a negoziare con i leader civili.
Ma tali mosse hanno avuto un effetto limitato. In generale hanno favorito un processo di dialogo tra i gruppi armati e le parti interne danneggiate, piuttosto che adottare misure punitive contro la leadership militare. Il risultato è che il consolidamento democratico non ha le premesse per vivere organicamente all’interno del Paese. Nena News
Pingback: FOCUS ON AFRICA | federicaiezzi