Le storie di Abdel Ghani e Hussein sono quelle di milioni di egiziani: taglio dei sussidi e aumento dei prezzi rendono quasi inutile lavorare perché il salario riesce a coprire soltanto i trasporti e il cibo
di Mohamed Gad – Mada Masr
Roma, 21 agosto 2018, Nena News – Mai Abdel Ghany e Karima Hussein, entrambe ventenni, hanno trovato un posto nel mercato del lavoro contro ogni previsione, ma hanno scoperto che lo stipendio che guadagnano serve per lo più a coprire le spese basilari della vita quotidiana.
Dopo che il governo ha aumentato il costo della metropolitana lo scorso maggio, Hussein, che ha un impiego amministrativo al centro del Cairo, ha pubblicato su Facebook una stima di quanto questo incremento le costerà ogni giorno. Il costo dei trasporti per lei è aumentato di circa mille sterline al mese (49 euro). Il rincaro del prezzo del carburante che è seguito, che ha dunque aumentato il prezzo per i microbus, è stato per lei un ulteriore choc. Un anno fa, Hussein scriveva su Facebook quanto fosse difficile per lei trovare un lavoro con un salario di almeno 1.500 sterline (73 euro). Se il suo stipendio fosse quello, il costo del trasporto renderebbe il suo lavoro insostenibile.
La giornalista Abdel Ghany ha lottato per trovare un posto di lavoro al Cairo che le permettesse di fare visita alla famiglia, che vive fuori città, oltre alle spese per la sua vita di tutti i giorni. La vita è spesso ancora più dura per i giovani che non vivono nelle loro città di origine e che non possono ricevere aiuti finanziari dalla loro famiglia. Il 18 giugno Abdel Ghany ha scritto che il suo budget mensile per il cibo era salito da 400 sterline (20 euro) a 700 (34), dopo la fluttuazione della moneta a novembre 2016, il costo dei trasporti a 500 (24) sterline, con altre 200 (10) per spostamenti di lavoro, e 250 (12) al mese per andare a far visita alla sua famiglia. Le spese mensili per un giovane come Abdel Ghany sono spesso superiori a 4mila sterline egiziane (195 euro), portandola – come Hussein – a chiedersi che senso abbia lavorare in una situazione simile.
Le storie di queste due donne non sono in linea con il modo in cui i politici egiziani e chi gestisce i fondi internazionali descrivono il piano dell’Egitto per ristrutturare i sussidi. Sia il governo che il Fondo Monetario Internazionale – da cui l’Egitto ha ottenuto un prestito da 12 miliardi di dollari dietro l’implementazione di un programma economico – hanno giustificato l’aumento dei costi di carburante e trasporti con il fatto che i sussidi sono stati rivisti, per riconoscerli a chi ha più di diritto di averne.
È comune sentire le persone lamentarsi di come gli ambasciatori stranieri e i ricchi usino la benzina sussidiata per le loro grandi macchine di lusso. Sebbene non sia vero, è vero invece che la maggioranza delle classi medie e basse in Egitto fa affidamento sui mezzi di trasporto che utilizzano carburante sussidiato; per questo tutti loro sono colpiti dalla riduzione o la cancellazione dei sussidi. Inoltre, il tasso di incremento del costo per il carburante “semplice” utilizzato per i mezzi di trasporto che generalmente serve membri delle classi povere è stato percentualmente maggiore del tasso di aumento della benzina raffinata, utilizzata dalle auto di lusso.
Da quando il programma di ristrutturazione dei sussidi per il carburante è stato lanciato, nel 2014, il diesel – utilizzato dai microbus, vitali mezzi di trasporto delle classi media e bassa nelle aree non coperte dal sistema di trasporti nazionale – ha visto il suo prezzo aumentare di circa il 400%. Dall’altra parte, il prezzo per la benzina da 95 ottani (utilizzata per le auto delle classi abbienti) è salito di circa il 180% dal 2012.
Nel 2013 l’allora ministro della Pianificazione Ashraf al-Araby affermò che solo le prime fasi del programma economico avrebbero riguardato un aumento dei prezzi di tutti i tipi di carburante. L’obiettivo, disse, era inviare un messaggio a tutte le classi sociali: il governo è serio sulle “riforme”. Le successive fasi del programma avrebbero previsto tagli dei sussidi solo alle classi più abbienti, aggiunse al-Araby, e il carburante avrebbe continuato a essere sussidiato per chi ne aveva bisogno attraverso l’uso di smart card che i consumatori avrebbero presentato alle stazioni di benzina.
In una specie di veloce ribaltamento degli eventi, però, l’attuale ministro del Petrolio Tarek al-Molla ha cancellato le smart card a metà giugno di quest’anno. Molla ha criticato l’idea di vendere carburante a due prezzi diversi e affermato che il governo sta lavorando per eliminare del tutto i sussidi per la benzina.
Una filosofia più precisa dell’assistenza al reddito, come applicata dai programmi di aiuti finanziari del governo, Takaful e Karama, avrebbe dovuto prendere il posto del sistema dei sussidi, molto criticato perché beneficiava tutte le classi, ricchi e poveri. Annunciare la cancellazione dei sussidi ha minato questa nozione.
Lo Stato ha tentato di mitigare l’impatto del rapido aumento dei prezzi dell’energia incrementando i sussidi per il cibo e attraverso sospensione delle tasse e aumento dei salari. Quest’ultima misura, però, è stata applicata solo agli impiegati pubblici permanenti, non a larghi strati del settore privato e di quello informale, senza contratti ufficiali (che rappresenta almeno la metà della forza lavoro).
Un rapporto del 2014 della Banca Mondiale indica come la difficile ricerca di un lavoro che copra le spese quotidiane di Hussein e Abdel Ghany non è un’esperienza unica. Circa un quarto della forza lavoro in Egitto, secondo il rapporto, deve percorrere una discreta distanza per raggiungere il luogo di lavoro, con il 13,8% che si sposta in un altro governatorato e il 26,4% che si sposta in un’altra regione, cosa che succede soprattutto nelle zone rurali. Non sorprende, i lavoratori si spostano verso i centri metropolitani in cerca di migliori opportunità e salari più alti.
Sarebbe irrealistico, ad esempio, che Abdel Ghany resti a vivere nella sua città natale, Mansoura, lavorando per un importante giornale del Cairo. Lo stesso dicasi per altri lavori, vista la centralizzazione dello sviluppo in Egitto. Questo pone le persone in posizioni difficili: o fanno i pendolari, spendendo buona parte dello stipendio per spostarsi, o accettano lavori pagati peggio vicino casa.
Hussein, che è basata al Cairo, vive a Helwan, un quartiere alla fine della linea della metro dove la vita è meno costosa che nel cuore della capitale. Compie lunghi viaggi da casa al lavoro. Con il nuovo sistema di prezzi, più stazioni attraversi e più paghi. Questo incremento ha un impatto sulla gente con fasce di reddito più basse che vivono nelle periferie della capitale.
Per chi lavora molte ore in città, spesso lontano dalla famiglia, il fast food diventa essenziale: il cibo preparato a casa è un lusso per chi ha a disposizione più tempo. Dopo la svalutazione della sterlina, molte catene di fast food hanno aumentato i prezzi del 30%, prezzi che erano già saliti dopo l’implementazione dell’Iva, nel settembre 2016, rendendo le cose ancora più difficili.
Le statistiche pubblicate dall’Agenzia centrale per le Statistiche (Capmas), ente statale, suggeriscono che chi può permetterselo non lavora, appoggiandosi al sostegno della famiglia. Il più recente rapporto trimestrale della Capmas sulla forza lavoro in Egitto mostra che il 25,5% di chi ha un’educazione universitaria è disoccupato, mentre solo l’1,2% degli analfabeti non ha un lavoro.
Molti dicono che il taglio dei sussidi e l’aumento dei prezzi erano inevitabili, o addirittura necessari, perché lo Stato non ha le risorse che aveva nei decenni precedenti. Questa argomentazione ha qualcosa di valido, perché il governo fatica a coprire i suoi debiti. Tuttavia lo Stato ha cominciato a guardare ai fornitori di energia elettrica come compagnie commerciali. Anche chi riceve sussidi statali riporta perdite e prezzi in crescita. Ma carburante, acqua, elettricità possono essere trattati come beni commerciali o addirittura di lusso, che solo alcuni possono permettersi di avere?
Senza dimenticare che la tassazione in Egitto non colpisce chi guadagna di più, seppure esistano modi per implementare un sistema fiscale più intelligente. La retorica del governo sulla tassazione, come quella sui tagli ai sussidi, continua a essere la stessa: che le misure economiche in corso sono inevitabili e che tutti gli egiziani devono compiere sacrifici per il bene del paese. Ma cosa significa questo per chi vuole lavorare, come Abdel Ghani e Hussein, in una situazione in cui il costo per farlo in tale clima economica è tale da rendere lo sforzo inutile?
(Traduzione a cura della redazione di Nena News)