In una nota congiunta, Unicef, Programma alimentare mondiale e Organizzazione mondiale della sanità hanno lanciato l’allarme: “migliaia” di persone moriranno se l’embargo non verrà tolto. Il Segretario generale delle Nazioni Unite si dice “affranto dalle scene viste nel Paese”
della redazione
Roma, 17 novembre 2017, Nena News – Tre agenzie dell’Onu hanno chiesto ieri alla coalizione militare a guida saudita di rimuovere l’embargo imposto sullo Yemen perché potrebbe causare la morte di “migliaia di persone”.
In un comunicato congiunto, i responsabili del Programma alimentare mondiale, dell’Unicef (agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia) e dell’Organizzazione mondiale della sanità hanno lanciato l’allarme: se non si riaprono i porti attualmente chiusi dalla coalizione, il numero di persone a rischio carestia potrebbe passare dai 7 milioni attuali a 10,2. “Il costo di questo embargo è misurato nel numero di vite che sono state perse. Inviamo un altro appello urgente affinché la coalizione permetta l’ingresso di aiuti nel Paese dove è in corso la peggiore crisi umanitaria al mondo” si legge nel documento firmato da David Beasley, Anthony Lake e Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Senza carburante – scrivono le tre agenzie – la catena del freddo dei vaccini, i sistemi di rifornimento d’acqua e gli impianti di trattamento delle acque reflue smetteranno di funzionare. E senza cibo e acqua potabile, il rischio carestia aumenta ogni giorno che passa”. Secondo l’Unicef, le scorte di carburante nel Paese potrebbero durare per soli altri 20 giorni.
Le Nazioni Unite fanno sapere che da mercoledì 29 imbarcazioni con 300.000 tonnellate di cibo e 192.000 di carburante sono state bloccate. Destino simile per le navi Onu che trasportano rifornimenti sanitari e alimentari del valore di 10 milioni di dollari e 25.000 tonnellate di grano che sono ancora in attesa di attraccare al porto di Hodeidah.
La gravità della situazione è dimostrata dal fatto che ieri, a scendere in campo per la riapertura dei porti, è stato nuovamente il portavoce dell’Onu Staphane Dujarric: “Il segretario generale [delle Nazioni Unite Antonio Guterres] è molto deluso dalla mancata fine del blocco che sta annullando i nostri sforzi”.
“Il segretario generale e il suo team per i soccorsi umanitari – ha aggiunto Dujarric– sono affranti dalle scene che assistono in Yemen”. Sulla questione embargo è intervenuta ieri anche la Francia che, con il suo ministro degli esteri Jean-Yves Le Drian, ha chiesto a Riyadh di aumentare i rifornimenti per i civili che hanno bisogno di “urgente” assistenza. “La coalizione – ha detto Le Drian durante una conferenza stampa congiunta con il suo pari saudita Adel Jubeir – ha compiuto i primi passi, ma ora le misure prese devono essere ampliate”.
L’embargo totale imposto dalla coalizione allo Yemen è iniziato lo scorso 6 novembre dopo che il sistema difensivo saudita ha intercettato un missile lanciato dagli houthi verso la capitale saudita Riyadh. Un attacco che è stato giudicato un “atto di guerra” dai sauditi che ritengono il blocco necessario per fermare “il flusso di armi che dall’Iran arriva ai ribelli”. L’Arabia Saudita ha fatto sapere che gli aiuti possono giungere solo attraverso i “porti liberati”. Non quindi da quello di Hodeidah (controllato dagli houthi), nonostante questo sia il maggiore centro per le importazioni.
Sono inquietanti i dati Onu sul conflitto yemenita: oltre 10.000 morti, più di 2.000 le vittime di colera, 17 milioni di persone bisognose di cibo, 7 a rischio fame. Almeno un milione di bambini sono in pericolo se l’epidemia di difterite non viene arrestata, 400.000 donne incinte, insieme ai loro bambini, potrebbero morire per mancanza di medicine.
Ieri, intanto, la coalizione ha fatto sapere di aver “salvato” due giornaliste francesi di cui si erano perse le tracce in una regione del paese sotto il controllo houthi. Secondo quanto riferisce la rete saudita al-Arabiyya, le due donne (non ancora identificate nel momento in cui scriviamo) erano state “rapite” dai combattenti sciiti lo scorso 2 novembre mentre si dirigevano insieme ad un gruppo di persone dalla provincia di Saada al governatorato di Hajjah. Versione smentita dagli houthi secondo cui le due operatrici dell’informazione, parte di una missione che indaga sulla situazione dei diritti umani nel Paese, non erano state rapite, ma confinate in un hotel perché viaggiavano senza permesso in aree di combattimento nel nord dello Yemen. Nena News