Ad annunciare l’uccisione di Qasim al-Rimi è stata la Casa Bianca: “La sua morte deteriora ulteriormente il movimento globale qaedista”. I ribelli sciiti houthi, accusa intanto l’Onu, ostruiscono la consegna degli aiuti umanitari nelle aree sotto il loro controllo
della redazione
Roma, 7 febbraio 2020, Nena News – Qasim al-Rimi, comandante di al-Qaeda nella Penisola arabica (Aqap), è stato ucciso dagli Stati Uniti durante un raid in Yemen. Ad annunciarlo è stato ieri la Casa Bianca con un comunicato. “Rimi – si legge nella nota – è entrato a far parte di al-Qaeda negli anni ’90, lavorando in Afghanistan per Osama bin Laden. Sotto di lui, Aqap ha commesso violenze inconcepibili contro i civili nello Yemen e ha cercato di condurre e ispirare numerosi attacchi contro gli Stati Uniti e le nostre forze”. Pur non fornendo dettagli sull’operazione (non è chiaro ad esempio quando sia stato ucciso), Washington ha gonfiato il petto perché “la morte di Rimi deteriora ulteriormente Aqap e il movimento globale di al-Qaeda”.
Rimi, che guidava Aqap in seguito all’uccisione nel 2015 per mano statunitense del precedente leader qaedista Nasser Wohaishi, era nell’obiettivo dell’amministrazione di Donald Trump già da qualche anno: nel febbraio 2017 Rimi riuscì salvarsi da un raid statunitense che provocò però come “effetto collaterale” l’uccisione di 23 civili (tra cui un cittadino Usa di 8 anni).
Eppure, nelle ore in cui Washington si esalta per il colpo inferto ad al-Qaeda in Yemen, andrebbe ricordato che proprio la stessa organizzazione jihadista ha combattuto in diverse occasioni a fianco del governo yemenita del presidente Hadi appoggiato dalla coalizione a guida saudita anti-houthi e dalla comunità internazionale. Il governo yemenita di stanza ad Aden ha sempre negato legami con i qaedisti per evitare sanzioni internazionali, eppure i contatti tra le due parti sono apparsi evidenti in più occasioni.
Nel Paese arabo dilaniato dalla guerra voluta da Riyad nel 2015, intanto, si continua a morire. Mercoledì il ministero dell’informazione del governo yemenita ha detto che 4 donne e 4 bambini sono stati uccisi da un attacco balistico houthi nel popolato distretto di Rawda a Marib. L’azione giungeva nelle stesse ore in cui l’esercito yemenita, coadiuvato dalla coalizione a guida saudita, annunciava di aver conquistato porzioni significative di territorio degli houthi.
Proprio le autorità houthi appoggiate dall’Iran sono state duramente criticate ieri dall’Onu perché nel nord del Paese (sotto il loro controllo) ostruirebbero le operazioni di consegna di cibo a milioni di persone che ne avrebbero bisogno. “Il clima delle operazioni nel nord dello Yemen è peggiorato così drammaticamente negli ultimi mesi che gli operatori umanitari non possono più assumersi i rischi di fornire assistenza all’attuale volume” ha detto un ufficiale delle Nazioni Unite. Almeno che le cose non migliorino, ha aggiunto il diplomatico, gli operatori e i donatori “non avranno altra scelta” se non quella di ridurre l’assistenza, ovvero diminuire l’aiuto previsto dal Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Wfp) che riguarda più di 12 milioni di yemeniti al mese, l’80% dei quali si trova in aree controllate dagli houthi.
Al momento l’organismo degli houthi che si occupa degli affari umanitari non ha risposto a queste accuse. Accuse, va però precisato, non nuove: già l’anno scorso molti operatori del settore umanitario avevano lamentato le ostruzioni poste dagli houthi nei loro confronti. In particolar modo la mancanza dei permessi viaggio che fortemente, se non del tutto, ha limitato le operazioni di consegna di aiuti , ma anche la sospensione del sistema biometrico che serve a registrare chi riceve gli aiuti e che aveva portato lo scorso giugno il Wfp a sospendere parzialmente la consegna di cibo nella capitale yemenita Sanaa.
Allora un ufficiale houthi aveva spiegato alla Reuters che la richiesta del Programma alimentare mondiale violava la legge yemenita e che il suo gruppo aveva proposto sistemi alternativi per la distribuzione degli aiuti. Quel che è certo è che i ritardi e gli ostacoli posti dagli houthi si sono tradotti concretamente nel povero distretto di Hajjah con la distruzione di circa 2.000 tonnellate di cibo che dovevano essere distribuite a inizio anno tra le fasce di popolazione più in difficoltà.
Per ora né i donatori, né le agenzie dell’Onu hanno pubblicamente annunciato le riduzioni di aiuti. Raggiunti però dalla Reuters, due fonti hanno però detto che i tagli potrebbero iniziare a marzo. Nena News