L’attacco nella notte, senza vittime. I pasdaran: è la prima risposta all’omicidio di Soleimani. Trump parlerà in mattinata, il Pentagono getta acqua sul fuoco. Teheran: autodifesa secondo il diritto internazionale
della redazione
Roma, 8 gennaio 2020, Nena News – La prima risposta iraniana all’omicidio del generale Qassem Soleimani, così com’è stata definita oggi dalle Guardie Rivoluzionarie di Teheran, è arrivata nella notte: una ventina di missili hanno colpito due basi aeree statunitensi in Iraq. Ieri, poche ore prima, l’Ayatollah Khamenei, leader supremo della Repubblica islamica, aveva pubblicamente chiesto “una dura vendetta” contro gli Stati Uniti.
Le due basi prese di mira dai missili iraniani tra le 1.45 e le 2.15 della scorsa notte e subito rivendicati dalle Guardie rivoluzionarie iraniane – in risposta, affermano, “all’operazione criminale e terrorista” Usa – si trovano ad Ain al-Assad, nella provincia centro-occidentale di Anbar, e a Erbil nel Kurdistan iracheno.
Non si sarebbero vittime, dicono fonti governative dei paesi che hanno lì contingenti militari parte della coalizione internazionale anti-Isis, Polonia, Italia, Norvegia, Danimarca, sebbene la tv di Stato iraniana parli di 80, forse 100, soldati americani uccisi. Nessuna vittima nemmeno tra i soldati iracheni, anche loro presenti nelle due basi.
A muoversi sarebbero anche le Unità di Mobilitazione Popolare irachene, le milizie sciite filo-iraniane dispiegate contro l’Isis e dallo scorso anno presenti nel parlamento iracheno: anche loro hanno annunciato reazioni contro Washington dopo l’uccisione, insieme a Soleimani, di Abu Mahdi al-Muhandis, comandante della milizia Kataib Hezbollah, secondo quanto riportato dall’agenzia iraniana Tasnim.
La stessa agenzia, ieri, scriveva di 13 possibili rappresaglie iraniane citando Ali Shamkhani, segretario del Consiglio Supremo Nazionale di Sicurezza: “Le 27 basi Usa vicine al confine iraniano sono già in massima allerta: sanno che la risposta includerà probabilmente missili di lungo e medio raggio”.
Poche ore dopo dal lancio dei 22 missili è giunta la reazione dell’amministrazione Usa, in attesa del meeting d’urgenza alla Casa Bianca del presidente con il segretario di Stato Pompeo e il capo del Pentagono Esper. Trump su Twitter ha annunciato una dichiarazione in mattinata: “Va tutto bene! Missili lanciati dall’Iran contro due basi in Iraq. L’assessment delle vittime e dei danni è in corso. Finora, tutto bene! Abbiamo l’esercito più potente e meglio equipaggiato del mondo!”.
Sembra gettare acqua sul fuoco Esper, lo stesso che ieri smentiva il presidente in merito al possibile attacco a 52 siti storici e culturali iraniani – sarebbe un crimine di guerra, aveva detto: stamattina alla Cnn ha fatto appello “ai moderati a Teheran” perché evitino un’escalation e affermato di non voler iniziare una guerra all’Iran ma di volerla terminare.
All is well! Missiles launched from Iran at two military bases located in Iraq. Assessment of casualties & damages taking place now. So far, so good! We have the most powerful and well equipped military anywhere in the world, by far! I will be making a statement tomorrow morning.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) January 8, 2020
Su Twitter parla anche il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, che definisce il lancio di missili “una misura proporzionata di auto-difesa secondo l’articolo 51 del Trattato Onu”: “Non vogliamo nessuna escalation della guerra ma ci difenderemo da qualsiasi aggressione”.
Iran took & concluded proportionate measures in self-defense under Article 51 of UN Charter targeting base from which cowardly armed attack against our citizens & senior officials were launched.
We do not seek escalation or war, but will defend ourselves against any aggression.
— Javad Zarif (@JZarif) January 8, 2020
Reazioni arrivano da ogni parte: l’Amministrazione Federale dell’Aviazione Usa e quella degli Emirati Arabi hanno vietato tutti i voli statunitensi sul Medio Oriente, mentre il prezzo del petrolio decollava a seguito dell’attacco, un +2,7%, fino a 71,75 dollari al barile, il prezzo più alto da settembre.
Sullo sfondo resta l’iniziativa del Congresso Usa, o meglio quella della Camera a maggioranza democratica che, come annunciato dalla speaker Nancy Pelosi, in settimana dovrebbe votare una risoluzione che impone al presidente il ritiro di eventuali truppe dispiegate contro l’Iran entro 30 giorni. I deputati vanno riferimento alla legge del 1973, il War Power Act, che riconosce al Congresso il potere di decidere in merito a un’entrata in guerra.
Forte è stata infatti la reazione dei democratici, a partire dai candidati alle primarie per le presidenziali del 2020, che in modo compatto hanno rigettato la corsa al conflitto iniziata da Trump in questi anni di presidenza. Una posizione condivisa anche da Joe Biden, ex vice presidente sotto Obama, che ha fatto sua la posizione dei candidati considerati più “radicali”, da Bernie Sanders a Elizabeth Warren. Nena News