La Casa Bianca nega la ricerca di un coordinamento con l’Iran, ma sono insistenti le voci di un dialogo sulla questione islamista. Inviati altri 1.500 militari Usa. Parla un ex miliziano: “L’Isis collabora con la Turchia”.
dalla redazione
Roma, 8 novembre 2014, Nena News – Nessun dialogo con l’Iran: l’amministrazione di Washington ha ieri negato le notizie che circolavano e che parlavano dell’apertura da parte statunitense all’Iran in merito alla battaglia contro l’Isis. Secondo fonti interne, il presidente Obama aveva inviato il mese scorso una lettera ufficiosa e segreta al leader supremo iraniano, l’Ayatollah Khamenei nella quale spiegava come i due paesi – seppur nemici da decenni – avessero gli stessi interessi nel fermare l’avanzata islamista. Si tratterebbe, secondo il Wall Street Journal, della quarta lettera informale inviata da Obama all’Iran dal 2009.
La missiva sarebbe stata recapitata tramite il governo iracheno che ha stretti rapporti con Teheran. Non avrebbe contenuto richieste di un intervento militare congiunto, ma una sorta di coordinamento delle attività messe in campo da Washington e Teheran. L’Iran ha fin da subito inviato propri uomini a Baghdad per gestire le attività sul terreno del debole esercito iracheno, tra cui il capo dell’unità di élite delle Guardie Rivoluzionarie, il generale Suleimani. E ha inviato, primo paese a farlo, armi ai peshmerga. Non solo: seppur ufficiosamente, si ritiene che unità militari iraniane stiano combattendo in Iraq, dove si sono viste nella ripresa di città e comunità prima occupate dall’Isis, e che Teheran coordini le operazioni di milizie sciite ufficiose.
Secondo le fonti statunitensi, un dialogo con l’Iran si è reso necessario perché si sta agendo sullo stesso territorio e nello stesso spazio aereo: ovvero, parliamo così da evitare di metterci i bastoni tra le ruote. Ufficialmente l’amministrazione di Washington ha subito negato l’esistenza della lettera e del dialogo con la Repubblica Islamica: “Gli Stati Uniti non coopereranno con l’Iran in questo ambito – ha detto il portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, aggiungendo di non essere nella posizione per parlare della “corrispondenza privata” del presidente Obama – Siamo impegnati in negoziati con l’Iran nell’ambito del nucleare e abbiamo discusso a margine di questi incontri, in un paio di occasioni, della campagna in atto contro l’Isis”. Ma niente di più, precisano da Washington.
Da parte sua Khamenei ha parlato della richiesta di un incontro mossa dall’ambasciatore statunitense, tramite l’Iraq, all’inviato iraniano nel paese assediato: “Ho risposto che noi non intendiamo collaborare con gli Stati Uniti perché hanno delle intenzioni sbagliate”. Ovvero, indebolire l’asse sciita e rovesciare il regime siriano di Assad, un’accusa da tempo mossa sia da Damasco che da Teheran, secondo i quali a muovere i fili della coalizione è l’agenda di Turchia e Arabia Saudita.
Gli Usa si muovono anche ufficialmente e di fronte alle difficoltà incontrare dal fronte anti-Isis hanno annunciato ieri l’invio di altri 1.500 consiglieri militari in Iraq, che come i mille già presenti si occuperanno di addestrare l’esercito iracheno e di tre unità di peshmerga, anche nella provincia sunnita di Anbar. Obama ha anche chiesto al Congresso di dare il via libera all’investimento di altri 5 miliardi di dollari per l’operazione anti-Isis.
La decisione giunge – fanno sapere dalla Casa Bianca – su richiesta del governo iracheno. che la strategia militare finora messa in campo sia fallimentare, però, è chiaro a tutti. Lo Stato Islamico continua ad avanzare in aree strategiche in Iraq e Siria e i raid aerei non stanno riducendo le capacità dei miliziani di muoversi liberamente nel territorio.
Il ruolo delle autorità turche a Kobane: parla un ex islamista
Uno dei simboli del conflitto in corso, la città di Kobane, resiste, ma resiste da sola. L’arrivo dei 150 peshmerga la scorsa settimana non ha cambiato niente sul terreno, fanno sapere da Kobane: la parte est della città è ancora saldamente in mano all’Isis.
“Non ci sono stati cambiamenti a Kobane con l’arrivo dei peshmerga – ha detto Rami Abdulrahman, dell’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani – Forse hanno ripreso una o due strade, ma poi le hanno perse di nuovo. Le postazioni dell’Isis sono ben organizzate e i curdi dicono di non avere artiglieria pesante per respingerli davvero. C’è bisogno di più coordinazione tra la coalizione e le unità curde”.
“L’Isis fa entrare nuovi combattenti e armi ogni giorno, ne abbiamo bisogno anche noi – ha detto Idris Nassan, funzionario di Kobane – Hanno preso nove carri armati nell’attacco al giacimento di gas di Sha’ar in Siria e li hanno portati qui”.
E se la coalizione fa poco, Ankara fa peggio: le accuse di sostegno all’Isis ormai si sprecano. A confermarle è anche un ex islamista del gruppo di al-Baghdadi che alla stampa ha parlato di una vera e propria coordinazione al confine tra esercito turco e milizie islamiste. I rifugiati di Kobane ne parlano da tempo, hanno girato video e scattato foto. Secondo Omer, l’ex islamista fuggito dalle fila del califfato, la Turchia permette il passaggio di miliziani verso la Siria perché combattano contro la resistenza curda.
“I comandanti dell’Isis si avevano detto di non temere [quando passammo il confine] perché c’era pieno coordinamento con i turchi e niente sarebbe successo. Quando sono passato al confine di Ceynpinar, i soldati turchi ci hanno illuminato con un faro. Il comandante ci ha detto di stare calmi, ha parlato alla radio in turco e dopo 10 minuti la luce si è mossa: era il segnale che potevamo passare tranquillamente. Isis e Turchia cooperano sul terreno perché hanno un nemico comune da distruggere, i curdi”. Nena News