Il presidente annuncia chiusure notturne fino a fine agosto. Stati Uniti e Ue cauti, ma all’interno i principali partiti accusano Saied di golpe. In piazza manifestazioni contrapposte
della redazione
Roma, 27 luglio 2021, Nena News – A 24 ore dalla decisione del presidente della Repubblica tunisina Kais Saied di rimuovere il primo ministro Mechichi e di sospendere il parlamento, la Tunisia è divisa. Gruppi di manifestanti – sostenitori del partito islamista Ennahda, la principale forza della coalizione di governo, e quelli del presidente – hanno manifestato ieri in piazza, lanciandosi oggetti sotto lo sguardo dell’esercito.
Ieri sera Saied ha annunciato un mese di coprifuoco notturno, dalle 19 alle 6, fino al 27 agosto. In questo periodo saranno anche vietate riunioni di più di tre persone e spostamenti da una città all’altra del paese, se non per comprovate esigenze sanitarie. Lo stesso presidente, in un video reso pubblico ieri sera, ha risposto alle accuse di colpo di Stato mosse da molti dei partiti presenti in parlamento invitandoli a studiare la costituzione: la decisione, ha ribadito, è in linea con l’articolo 80 della carta fondamentale tunisina. Ha poi chiesto ai tunisini di restare calmi ed evitare le provocazioni.
Saied si muove però sul filo del rasoio. Sono molte le voci nel paese che si sollevano per parlare di golpe, mentre più cauti si mostrano gli attori internazionali. Gli Stati Uniti, con il segretario di Stato Blinken, al momento non prendono parte limitandosi a invitare alla calma e a “mantenere aperta la porta del dialogo con tutti gli attori politici”. Promettono sostegno all’economia tunisina e chiedono il rispetto dei diritti civili e della libertà di espressione, ma – come specificato dalla portavoce della Casa Bianca Jen Psaki – Washington non ha ancora determinato legalmente se si possa parlare o meno di golpe.
L’Unione Europea ha fatto appello allo Stato di diritto e ad evitare ogni forma di violenza, mentre la Russia ha fatto sapere di star monitorando la situazione. Di forzatura parla la Turchia, sostenitrice del partito islamista Ennahda.
Più articolata la reazione di Amnesty International che teme pericoli per la fragile democrazia tunisina nata dalla Rivoluzione dei Gelsomini del 2011: Saied, sospendendo il parlamento e il governo, ha assunto tutti i poteri dello Stato, compreso quello giudiziario in assenza della Corte costituzionale. Da capo delle forze armate controlla l’esercito, un controllo ora più consistente dopo il licenziamento del ministro della Difesa Ibrahim Bartaji: agli oppositori ha già lanciato un avvertimento, “sparate un solo proiettile e sarete coperti da una pioggia di proiettili”.
Ma è all’interno che la tensione si tocca con mano. Se il potente sindacato Ugtt ha di fatto avallato la mossa di Saied, il partito Qalb Tounes parla di “palese violazione della costituzione” che condurrà “a un’autocrazia”, mentre Ennahda definisce gli eventi un colpo di Stato contro la costituzione e la rivoluzione tunisine. Di golpe parla anche la Coalizione al-Karama
A monte sta una rivalità lunga oltre un anno e che ha condotto a uno stallo politico serio a fronte di una crisi economica rampante e una situazione sanitaria logorata dai mancati interventi. Il braccio di ferro tra governo e presidenza ha trovato il suo apice a gennaio quando il premier Mechichi (nominato pochi mesi prima dallo stesso Saied per formare un governo tecnico) ha ceduto alle pressioni politiche e ha cercato il sostegno dei principali partiti presenti in parlamento, a cominciare da Ennahda e Qalb Tounes.
Una mossa affatto gradita a Saied che ha rifiutato per mesi di riconoscere i ministri islamisti e di conseguenza il nuovo governo Mechichi. Fino alla rottura del 25 luglio, con le principali città tunisine riversatesi in piazza contro l’esecutivo in occasione della Festa della Repubblica.
Resta sullo sfondo la realtà quotidiana della popolazione tunisina, alle prese con una brutale ondata di Covid-19 (che ha toccato picchi di 9mila contagi al giorno in un paese che conta appena 12 milioni di persone) anche gli ospedali non riescono ad affrontare a causa dei pochi mezzi a disposizione, e con un’economia in caduta libera, spinta giù dal crollo del turismo e dalla marginalizzazione delle aree interne del paese.
Contro questa realtà i tunisini hanno continuato ininterrottamente a manifestare in questi mesi. Ora a prevalere è un mix di sollievo e preoccupazione: se sbarazzarsi di quel governo è considerato da molti un buon risultato, le modalità in cui questo è avvenuto fanno temere un’escalation di tensioni difficilmente gestibile. Nena News