Hayat Tahrir al-Sham ha ieri lanciato un ampio attacco contro le truppe dell’esercito siriano. A fianco dei jihadisti ci sono anche i “moderati” dell’Esercito siriano libero. Tensione nell’irachena Kirkuk: imposto il coprifuoco notturno dopo uno scontro sanguinoso avvenuto ieri sera in città
della redazione
Roma, 19 settembre 2017, Nena News – I qaedisti di Hayat Tahrir al-Sham hanno lanciato ieri una grande offensiva nella città di Hama contro l’esercito siriano. Secondo l’agenzia di stampa militare vicina al governo, però, i soldati, insieme ai gruppi alleati, avrebbero respinto per il momento l’attacco uccidendo un imprecisato numero di jihadisti.
A partecipare agli scontri al fianco degli estremisti islamici, sottolinea l’Osservatorio siriano per i diritti umani (OSDU) vicino all’opposizione, ci sarebbero anche il partito islamico del Turkistan, dei combattenti cinesi e, soprattutto, un gruppo che porta le insegne dell’Esercito siriano libero (ESA). Quest’ultimo dettaglio, fornito da un organismo tutt’altro che vicino ad al-Asad, conferma nuovamente che i “ribelli”, definiti “moderati” dalle cancellerie occidentali e da queste sostenuti, continuano a mantenere rapporti saldi, se non di vera e propria alleanza, con gruppi come al-Qaeda di cui, soltanto qualche giorno fa, Washington e le capitali europee ricordavano i suoi “terribili attacchi terroristici” di 16 anni fa.
La parte settentrionale di Hama è adiacente alla provincia di Idlib che, controllata dai qaedisti siriani dell’ex Fronte Fronte an-Nusra, è stata più volte oggetto di intese con Damasco: all’evacuazione dalle aree siriane di jihadisti sconfitti dagli uomini di al-Asad, è stato consentito dal governo il trasferimento degli estremisti nella regione settentrionale. Intese che hanno per ora un carattere temporaneo: l’offensiva di queste ore, infatti, mostra in modo palese come la provincia di Idlib, ormai cuore delle forze jihadiste non appartenenti all’autoproclamato Stato Islamico (Is), dovrà essere prima o poi combattuta e liberata dall’esercito perché il bubbone qaedista è una minaccia pesante per la sicurezza del territorio siriano.
Al momento è difficile ipotizzare quando ciò potrà avvenire: le truppe fedeli al presidente siriano e ai suoi alleati sono già alle prese con la difficile partita orientale di Deir Ezzor contro l’Is e, in misura diversa, contro le forze curde sostenute dagli Usa. Pertanto, almeno fino a ieri, la “bonifica” di Idlib poteva essere rimandata perché non avvertita come priorità. L’attacco jihadista ad Hama però potrebbe cambiare le valutazioni di Damasco e aprire un nuovo fronte.
Che Idlib sia ormai da tempo una regione pronta a scoppiare è apparso evidente anche durante gli incontri della scorsa settimana ad Astana (Kazakhistan) dove Russia, Iran e Turchia hanno concordato sull’invio di osservatori nell’area, una delle “zone di contenimento del conflitto” stabilite in Siria lo scorso maggio da Teheran, Ankara e Mosca. Una tregua su cui però non ha mai concordato an-Nusra che ha denunciato gli incontri in Kazakhstan e ha promesso di continuare a combattere.
Ma a preoccupare non sono solo i qaedisti. Ieri una motocicletta imbottita di esplosivo è stata fatta esplodere nella città nord orientale di Qamishli (sotto il controllo curdo) uccidendo un bambino e ferendo sei persone. Qamishli e la vicina Hasaka sono stati spesso oggetti di attentati da parte dell’Is anche se nell’ultimo anno attacchi simili erano diminuiti. Secondo l’agenzia di stampa del “califfato” Amaq, l’esplosione di ieri è stata opera degli uomini di al-Baghdadi. Diversa è stata la versione offerta dalle forze di sicurezza curda che hanno puntato il dito contro un gruppo paramilitare collegato al governo siriano.
Spostandoci un po’ più a est, è altissima la tensione nell’irachena Kirkuk dove Baghdad ha imposto ieri un coprifuoco notturno in seguito ad uno scontro sanguinoso avvenuto ieri in città. Motivo della decisione? Impedire che quanto accaduto ieri possa dar luogo a conflitti etnici di più grandi dimensioni, soprattutto in vista del referendum sull’indipendenza curda fissato per il 25 settembre (ma si terrà davvero?).
Proprio Kirkuk è tra i punti più caldi dello scontro Erbil-Baghdad di questi ultimi due anni: rivendicata da entrambe le parti, è la città de-kurdizzata negli anni ’80 da Saddam Hussein e oggi de-arabizzata da Barzani dopo la vittoria contro l’autoproclamato Stato Islamico (Is). Al momento le sue immense ricchezze petrolifere sono in mano al governo regionale del Kurdistan che ne ha assunto il controllo dopo che l’esercito iracheno, nel 2014, si diede alla fuga all’arrivo delle milizie del “califfato”.
Le autorità curde vogliono che anche qui si tenga il referendum la prossima settimana. Una ipotesi scartata però sia da Baghdad che dalla parte non curda della popolazione (la città è anche abitata da arabi e turkmeni). La tensione è salita ieri notte quando un curdo è stato ucciso dalle guardie di sicurezza di una sede di un partito politico turkmeno. Nelle violenze sono rimasti feriti anche altri due curdi e un ufficiale iracheno. Secondo fonti della sicurezza locale, i tafferugli sanguinosi sarebbero iniziati quando un convoglio curdo che celebrava il referendum è passato di fronte all’ufficio del partito turkmeno. Nena News