Lo studio dell’Internal Displacement Monitoring Centre (Idmc) pubblicato ieri sostiene che a causare la maggior parte degli sfollati interni (9,8 milioni) sono state le catastrofi naturali. Ma gli altri 4,8 milioni sono il risultato dei conflitti, soprattutto in Siria, Repubblica Democratica del Congo e Burkina Faso
della redazione
Roma, 24 settembre 2020, Nena News – Secondo un rapporto pubblicato ieri dall’Internal Displacement Monitoring Centre (Idmc), più di 14 milioni di persone sono state sradicate dalle loro case nei primi sei mesi del 2020. La maggior parte degli sfollati interni (9,8 milioni) ha lasciato le proprie abitazioni a causa di disastri naturali come cicloni, alluvioni, incendi e invasioni di locuste. Altri 4,8 milioni invece – un milione in più rispetto alla prima metà del 2019 – a causa di conflitti, in particolare quelli in Siria, Repubblica democratica del Congo e nel Burkina Faso. Dati impressionanti che dovrebbero porre al centro dell’agenda politica internazionale l’urgenza di intervenire sulla questione degli sfollati interni stimati l’anno scorso globalmente sui 50,8 milioni. “I dati sconcertanti registrati nei primi sei mesi dell’anno testimoniano la continua instabilità delle crisi relative ai trasferimenti (di persone) a livello mondiale”, ha detto Alexandra Bilak, direttrice dell’Idmc. “Ad aggravare la situazione – ha aggiunto – è la pandemia del Covid-19 che ha ridotto l’accesso alle cure sanitarie e ha esacerbato le difficoltà economiche e i rischi di protezione per le comunità sfollate”.
Nella regione mediorientale i numeri forniti dal centro di monitoraggio svizzero lasciano poco spazio all’ottimismo. In Siria quasi un milione e mezzo di persone sono state sfollate internamente tra gennaio e giugno, il dato più alto calcolato in Medio Oriente quest’anno. La situazione è assai complessa nella provincia di Idlib dove, sottolinea l’Idmc, gli attacchi del governo siriano hanno causato il numero più alto di sfollati in tre mesi registrato nel Paese dall’inizio della guerra civile in Siria. I più colpiti sono donne e bambini (sono l’80% di quelli che sono fuggiti dalle loro case) e più della metà degli sfollati è già stata costretta a scappare precedentemente in almeno due, quando non tre, casi precedenti. “La situazione umanitaria si è aggravata dal fatto che le opzioni per i rifugiati sono limitate, soprattutto perché il confine con la Turchia è chiuso”, scrive il rapporto.
Non è rosea nemmeno la situazione in Libia dove almeno 39.000 persone sono state costrette a lasciare le loro case negli ultimi sei mesi a causa degli “intensi combattimenti” fra il Governo d’Accordo nazionale (Gna) e le truppe di Khalifa Haftar dell’Enl. Passi positivi invece si sono registrati in Iraq dove gli sfollati sono stati “solo” 4.000 nella prima metà del 2020, un calo netto rispetto ai 51.000 del 2019.
Drammatica è la situazione dello Yemen dove guerra e disastri naturali sono stati un binomio micidiale. Nello stato meridionale della penisola araba, infatti, le persone sradicate dalle loro case causa guerra sono state 89.000. Un dato che va letto anche alla luce di una indagine pubblicata a inizio mese dell’Onu in cui alcuni paesi (tra cui gli Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Francia e Iran) sono stati accusati di partecipare alla devastazione dello Yemen continuando a fornire armi alle parti rivali del conflitto. Il rapporto dell’Idmc fa seguito a quello d’inizio mese pubblicato dalla Brown University secondo il quale negli ultimi due decenni la “guerra al terrorismo” degli Usa ha provocato direttamente 37 milioni di sfollati (per lo più civili). Nena News