In fuga verso l’interno, da Hasakeh a Raqqa. Ad accoglierli le organizzazioni locali, scuole abbandonate, stazioni di benzina, famiglie che aprono le porte. Quasi impossibile attraversare il confine con l’Iraq
di Chiara Cruciati il Manifesto
Roma, 15 ottobre 2019, Nena News – A piedi, su carretti stracarichi di quello che si spera possa servire ad affrontare una nuova fuga dalla guerra. Chiamarla emergenza sfollati non basta: negli ultimi otto anni la Siria ha perso cinque milioni di persone, rifugiate all’estero, altri sette milioni gli sfollati interni.
A Rojava stavano tornando dopo la liberazione delle comunità settentrionali dall’occupazione islamista. Ora scappano di nuovo. Secondo l’Onu sono 160mila gli sfollati, numero che cresce a ritmi spaventosi. Secondo l’Amministrazione autonoma sono molti di più: almeno 200mila.
«Tutte le città lungo il confine sono state colpite da pesanti bombardamenti – ci dicono gli attivisti del Rojava Information Center (Ric) – La situazione peggiore è nelle città e le periferie di Tal Abyad e Sere Kaniye, dove ai raid aerei si aggiungono i combattimenti terrestri. È da qui che arriva la maggior parte degli sfollati, diretti verso sud, verso Hasakeh and Raqqa».
Non solo curdi, a dimostrazione della ricchezza multietnica di Rojava e dell’intera Siria: «Una varietà di comunità etniche e religiose sta subendo la stessa sorte. Curdi, arabi, musulmani, cristiani».
Scappano il più possibile lontano dal confine: «A Tel Temer e nei villaggi intorno – continua Rci – sono arrivate 1.300 famiglie. Vediamo persone rifugiarsi in scuole abbandonate, stazioni di benzina, ospiti di altre famiglie. Ma è la città di Hasakeh quella che sta accogliendo il numero maggiore di sfollati, 100mila persone, la metà del totale. La situazione è pessima. Buona parte della città non ha più accesso all’acqua e cibo e medicinali non sono sufficienti. Molte ong hanno lasciato il nord della Siria o hanno ridotto lo staff».
Raggiungiamo al telefono Cecilia domenica pomeriggio mentre arrivano le prime notizie di un bombardamento turco a Sere Kaniye contro un convoglio di civili in fuga. Il bilancio finale sarà di 11 morti e 73 feriti; tra le vittime un giovane giornalista curdo, Seed Ehmed, corrispondente di Hawar News.
Cecilia è volontaria di Heyva Sor a Kurd (Mezzaluna rossa curda, in Italia ha lanciato una raccolta fondi su buonacausa.org/cause/emergenza), che si occupa a Rojava di assistenza sanitaria: «Per gli sfollati il confine iracheno sta diventando un problema: le autorità del Kurdistan iracheno fanno passare solo chi ha già la residenza o chi attesta di avere una parte della famiglia nella regione – ci spiega – Dunque chi non va a gravare come sfollato o rifugiato, ma ha già appoggi interni. Ad Aleppo è impossibile andare: sono in corso scontri, spostarsi in quella direzione sarebbe un massacro. Inoltre molti viaggiano a piedi e molti altri vogliono restare dentro i territori controllati dalle forze curdo-arabe».
«L’Unhcr si occupa delle tende attraverso le organizzazioni sul campo. Heyva Sor si occupa della parte sanitaria con unità mobili di primo soccorso, rifornimenti di medicine e vitamine e sta attrezzando strutture per l’accoglienza». Nena News
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