Mancano le medicine, la protesta libanese contro il ministero della Salute. Navi Pillay guiderà l’inchiesta Onu per crimini di guerra a Gaza. La Turchia annuncia il controllo dei finanziamenti stranieri ai media nazionali

Macerie a Gaza, durante l’offensiva militare Margine Protettivo lanciata da Israele nell’estate del 2014 (Foto: Oxfam)
della redazione
Roma, 23 luglio 2021, Nena News
Mancano le medicine, la protesta libanese online
Si è diffusa immediatamente, sui social, la protesta dei libanesi contro la reazione del ministro della Salute, Hamad Hassan, di fronte alla carenza di medicinali nel paese. Hassan mercoledì aveva accusato i media del paese di esagerare la crisi economica e sanitaria del Libano. Eppure la realtà è un’altra: chi può permetterselo, si fa inviare medicine dall’estero, dai familiari espatriati, perché nel paese o non si trovano o costano troppo per una popolazione che da due anni vive tra svalutazione della moneta (-90% dal 2019) e inflazione rampante.
Una situazione che ha condotto in alcuni casi alla chiusura delle farmacie per sciopero e a una crescente difficoltà ad acquistare beni di prima necessità, a partire dal cibo. All’inizio di luglio la morte di una bambina di 10 mesi, Jouri al-Sayyid, aveva provocato enorme rabbia: la famiglia ha denunciato la mancanza di cure, entrare in ospedale era di fatto impossibile per l’affollamento dei reparti dovuto sia al Covid sia ai continui blackout elettrici.
Manca anche la benzina: nelle scorse settimane centinaia di automobili hanno fatto file interminabili alle pompe di benzina a causa del razionamento. I libanesi hanno reagito con proteste di piazza, ormai senza soluzione di continuità dall’ottobre 2019 quando è iniziato il movimento popolare che non ha mai cessato di chiedere la caduta del governo e la fine del sistema settario.
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Navi Pillay guiderà per l’Onu l’inchiesta per crimini di guerra a Gaza
L’Unhrc, il Consiglio Onu per i diritti umani, ha nominato Navi Pillay a capo dell’inchiesta internazionale su crimini di guerra commessi nella Striscia di Gaza durante l’operazione israeliana dello scorso maggio, in cui sono stati uccisi 248 palestinesi (di cui 66 bambini) e 13 israeliani a seguito dei razzi lanciati da Hamas.
Pillay, ex giudice sudafricana, è stata commissaria dell’Unhrc tra il 2008 e il 2014. Guiderà il team investigativo formato da tre persone.
L’Onu indagherà eventuali crimini commessi sia dall’esercito israeliano che dal movimento islamista palestinese, che hanno siglato il cessate il fuoco il 21 maggio dopo undici giorni di bombardamenti israeliani dell’enclave palestinese. All’epoca la commissaria dell’Unhrc, Michelle Bachelet, aveva parlato di crimini di guerra commessi da Israele e di violazione del diritto umanitario da parte di Hamas.
Israele ha già fatto sapere che non coopererà con le indagini, mentre gli Stati Uniti – che sono rientrati nell’agenzia dopo l’uscita ordinata sotto la presidenza Trump – hanno comunque mosso critiche: il segretario di Stato Blinken, lo scorso febbraio, aveva parlato di “focus sproporzionato su Israele”.
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La Turchia pianifica il controllo dei finanziamenti stranieri ai media nazionali
Lo ha annunciato mercoledì l’ufficio della presidenza turca: Ankara è pronta a introdurre strumenti di controllo sui media nazionali finanziati dall’estero, che saranno tenuti a fornire report dettagliati delle proprie attività ogni sei mesi. Media come Medyascope, Bianet, Serbestiyet e 140Journos saranno sottoposti dunque a controlli più approfonditi, nell’idea governativa che i finanziamenti stranieri ne dettino un’agenda anti-turca, a fronte di un panorama di stampa filogovernativa divenuta la terza gamba del potere.
Le accuse, a riprova di ciò, non arrivano solo da rappresentanti del governo Akp-Mhp, ma anche dalla stessa stampa filogovernativa che accuse le piattaforme di lavorare contro gli interessi turchi e a favore della propaganda di opposizione. Diversa, ovviamente, la posizione delle redazioni interessate dal controllo extra e che ricevono fondi in modo trasparente, attraverso bandi privati: “La Turchia è un paese di giornalisti disoccupati grazie a questo governo – spiega un giornalista a Middle East Eye – Finanzia i quotidiani filogovernativi con compagnie edili pro-governative che vincono sempre gli appalti pubblici. Ma gli altri non possono ricevere nemmeno pubblicità a causa delle pressioni dell’esecutivo”. Nena News