Le forze di polizia hanno distrutto le tende del presidio di Baghdad, da un anno epicentro della mobilitazione contro settarismo e corruzione. Ma la protesta non cessa. Da giorni si è riaccesa da Baghdad a Bassora e i manifestanti promettono: non è la fine
della redazione
Roma, 2 novembre 2020, Nena News - C’è chi piange, chi gira brevi video in cui mostra cosa resta del presidio permanente di Piazza Tahrir, a Baghdad, epicentro della mobilitazione popolare scoppiata nell’ottobre 2019. Le forze di polizia sono entrate dentro sabato dopo giorni di scontri e manifestazioni nella capitale: hanno rimosso tutto. Tende distrutte, barricate divelte, pannelli con i disegni dei bambini e i poster degli uccisi (oltre 600 in un anno, per mano di agenti e paramilitari), i centri del lavoro collettivo per distribuire cibo, medicine, per curare i feriti.
I bulldozer hanno portato via quel che restava. Così è stata “riaperta” la piazza e il ponte al-Jumhuriyah sul Tigri, accesso verso la Zona Verde, l’area di Baghdad che ospita ambasciate e ministeri e per quasi due decenni chiusa all’intera popolazione. Secondo il generale Qais al-Mohammadawi, capo delle operazioni per Baghdad, la rimozione – che ha permesso di riaprire il ponte 12 mesi dopo – “è stata fatta in coordinamento con i manifestanti, non ci sono state tensioni”.
Chi ha vissuto la piazza in questo anno, autogestendola e usandola come epicentro di dibattito e protesta, oggi non sorride. Sui social si dà sfogo alla tristezza, all’emozione, chi parla di fine della protesta. Ma molti di più sono quelli che vogliono proseguire, consapevoli degli “errori”: l’infiltrazione dentro il presidio di forze “altre”, di sadristi, di miliziani sciiti filo-iraniani, che ha minato dall’interno il campo.
Per questo alcuni pensano sia stato questo il modo per ripulire il presidio dalle presenze esterne: “Abbiamo deciso di ritirarci dalla piazza e lasciare temporaneamente le tende – dice a Middle East Eye una manifestante – per aiutare le forze di sicurezza ad arrestare gli infiltrati, quelli che hanno ucciso e ferito i manifestanti. Ma siamo rimasti sorpresi che di prima mattina sono entrati e ordinato la distruzione delle tende e arrestato le persone mentre dormivano”.
Lo smantellamento del presidio non pone fine alla mobilitazione, dicono in tanti. Che è ripresa con forza dopo mesi di allentamento a causa dell’epidemia di Covid-19, affrontata anche nelle tende con la distribuzione di mascherine, gel disinfettante, medicinali, cibo ai più poveri.
I motivi della protesta sono ancora tutti lì: sistema settario di gestione del potere, corruzione imperante, assenza di servizi pubblici, disoccupazione alle stelle, diseguaglianze sociali. Gli stessi di un anno fa. Il primo ottobre è stato celebrato un anno di proteste, di nuovo il 25 si è mobilitata la capitale come sul sud sciita. Dal 25 in poi le proteste non si sono interrotte. Lo stesso governatore di Basra, Asaad al-Eidani, ha ordinato alla sua polizia di rimuovere le tende nella città, tra le prime a mobilitarsi contro il governo e il sistema di potere già negli anni precedenti. Ma le barricate al momento restano in piedi, nonostante gli agenti abbiano dato fuoco ad alcune tende e arrestato manifestanti.
Proteste da giorni si tengono anche a Nasiriyah, a Hilla, a Kut, dove in migliaia scendono in strada per chiedere giustizia per i manifestanti uccisi e fatti sparire. Specificando che non si tratta di commemorazioni di una rivoluzione finita ma il prosieguo di una mobilitazione viva. Nena News
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