La nostra rubrica del sabato sul continente africano vi porta anche in Sudan dove per la prima volta dal 2011 rappresentati governativi si sono recati nella città di Kauda (nello stato del Sud Kordofan), roccaforte del movimento ribelli Splm-n
di Federica Iezzi
Roma, 18 gennaio 2020 –
Repubblica Democratica del Congo
Solo dall’inizio dell’anno, le morti nella prigione centrale di Makala, nella capitale della Repubblica Democratica del Congo, Kinshasa, sono arrivate a undici.
Ormai è cronica la mancanza di farmaci e risorse.
Il portavoce dell’associazione ‘Fondation Bill Clinton pour la paix’ (FBCP), Emmanuel Cole, particolarmente attiva nelle prigioni del Paese, riferisce che dallo scorso ottobre, lo stato non ha erogato fondi per fornire alla prigione farmaci di base e cibo.
Secondo il Ministro della Giustizia Celestin Tunda Ya Kasende, ci sarebbe un ritardo nel pagamento ai commercianti, causa dell’interruzione delle forniture.
Il carcere di Makala è il più grande della capitale e ospita circa 9000 detenuti in una struttura di epoca coloniale con una capacità massima prevista di 1.500, secondo i dati ufficiali.
Sono in corso lavori per rinnovare almeno tre ali della grande prigione, ma l’attività ha costretto i detenuti a vivere in condizioni sempre più anguste e malsane.
Della popolazione di reclusi a Makala, solo 500 sono stati processati e condannati.
Sudan
Per la prima volta dall’inizio del conflitto avuto inizio nel 2011, sono approdati nella città di Kauda, nello stato del Sud Kordofan, i rappresentanti del governo di transizione del Sudan, guidati dal Primo Ministro Abdalla Hamdok, nonché diplomatici e rappresentanti di organizzazioni umanitarie.
Kauda, circondata dalle montagne di Nuba, è una roccaforte del movimento popolare ribelle Sudan’s People Liberation Movement-North (SPLM-N), guidato da Abdelaziz al-Hilu, e composto principalmente da combattenti del sud, militanti degli stati del Kordofan meridionale e del Nilo azzurro.
In seguito, mentre il Sud Sudan, che ha ottenuto uno status semi-autonomo, e quindi il diritto a un referendum per l’indipendenza, a seguito di un accordo strappato nel 2005, Kordofan meridionale e Nilo azzurro hanno ottenuto solo una consultazione popolare.
Le tensioni nelle due aree hanno raggiunto il picco nel 2010 durante le elezioni nazionali e governative. Al-Hilu, che correva per il governatorato per il SPLM-N, criticava le politiche di Ahmed Haroun, allora governatore in carica. Haroun fu poi accusato dalla Corte Penale Internazionale di crimini di guerra e crimini contro l’umanità nella regione occidentale del Darfur.
Il dittatore Omar al-Bashir bloccò gli aiuti sanitari e umanitari nelle aree controllate dal gruppo SPLM-N. Si contano ancora più di 100.000 sfollati interni nel Sud Kordofan.
Nell’ottobre dello scorso anno grazie ad un’azione del World Food Program, si è aperto ufficialmente un corridoio umanitario su Kauda, dopo bollenti colloqui con il governo Hamdok, subentrato al presidente al-Bashir.
Guinea Conakry
La Nazione dell’Africa occidentale è stata investita da manifestazioni anti-governative da metà ottobre, a causa del sondaggio parlamentare, con il quale l’attuale presidente Alpha Conde cercherà di estendere il suo mandato costituzionale.
Conde il mese scorso ha pubblicato un progetto di costituzione, sostenendo che le leggi dell’era coloniale del Paese devono essere modificate. Ma i critici sono convinti che abbia intenzione di usare la riforma per rimanere in carica oltre i due termini presidenziali attualmente previsti dalla costituzione.
I gruppi di opposizione stanno continuando ad organizzare cortei di protesta, aumentando i timori di un nuovo giro di violenza.
La risposta non tarda ad arrivare nel formato di un comunicato governativo, secondo cui ‘i poteri statali saranno esercitati con tutto il loro rigore nei confronti di coloro che cercano di turbare l’ordine pubblico e di negare ad altri guineani il libero esercizio dei loro diritti fondamentali’. Intanto, almeno 20 persone sono state uccise in scontri con le forze di sicurezza da quando le proteste di massa sono iniziate nell’ottobre dello scorso anno. Centinaia i feriti e i detenuti. Il divieto generale di protesta, l’arresto arbitrario dei leader della società civile e la violenta dispersione di manifestanti dimostrano che il governo è pronto a calpestare i diritti umani per reprimere il dissenso.
Secondo l’attuale costituzione della Guinea, affinché un leader possa modificare la costituzione per consentirgli di cercare un ulteriore mandato in carica, la maggioranza dei due terzi in parlamento deve approvare l’emendamento. Attualmente, il partito guidato da Conde, il Rassemblement du peuple de Guinee, detiene solo una maggioranza ristretta. Nena News
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