Crescono i casi nel continente. Preoccupazione per l’effetto della pandemia su comunità con sistemi sanitari deboli, proliferazione dell’economia informale, affollamento urbano e scarsità di acqua potabile
di Federica Iezzi
Roma, 28 marzo 2020, Nena News – Dall’imposizione dei divieti di viaggio, al divieto di raduni di massa, alla chiusura delle scuole, i governi dell’intera Africa stanno adottando misure sempre più radicali nel tentativo di frenare la diffusione del nuovo coronavirus SARS-CoV-2.
Le mosse di emergenza seguono un preoccupante aumento del numero di infezioni registrate negli ultimi giorni in tutto il continente, dopo settimane di relativo silenzio, con pochi casi segnalati. Dai dati del WHO Regional Office for Africa (Oms/Afro), 41 Paesi africani hanno riportato un totale di più di 2.200 casi e almeno 40 decessi legati all’infezione da Covid-19. I pazienti guariti sono più di 70.
Tedros Adhanom Ghebreyesus, biologo etiope e direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha sottolineato che il numero di casi nel continente africano al momento attuale potrebbe essere sottostimato.
Le raccomandazioni erano già arrivate quando la Nigeria, il paese più popoloso del continente, aveva vietato completamente l’ingresso agli arrivi da tredici paesi colpiti gravemente dal contagio.
Sulla scia della Nigeria, numerosi altri Stati africani hanno adottato misure simili, soprattutto in relazione ai viaggi dall’Europa, attuale epicentro della pandemia. Hanno per esempio imposto periodi di quarantena obbligatoria dei passeggeri provenienti dalle regioni colpite. L’ampio e rapido aumento del numero di paesi coinvolti dall’infezione ha spinto alla chiusura dei confini e a misure di isolamento sociale, nel tentativo di rallentare la diffusione del virus.
Sebbene finora l’infezione da Covid-19 non abbia una terapia valida, vengono raccomandate una serie di azioni che possono minimizzare il rischio di infezione, incluso il lavaggio frequente e completo delle mani semplicemente con acqua e sapone.
Seguendo le richieste dell’Oms, i presidenti di Senegal e Ruanda, Macky Sall e Paul Kagame, hanno preso parte alla campagna sui social media #SafeHands per mostrare le corrette pratiche di lavaggio delle mani, nella prevenzione della diffusione del coronavirus. Altri leader africani, tra cui il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa e il presidente liberiano, George Weah, hanno esortato i loro cittadini a evitare strette di mano come saluto.
Già all’inizio dell’emergenza sanitaria, l’Oms aveva espresso profonda preoccupazione riguardo il rischio di diffusione del virus SARS-CoV-2 in paesi con sistemi sanitari più deboli, compresa l’Africa sub-sahariana, dove le scarse strutture sanitarie, la proliferazione dell’economia informale e l’affollamento urbano pongono ulteriori sfide negli sforzi per combattere i quadri infettivi.
La sensibilizzazione per diffondere le regole base contro il contagio, in contesti rurali e informali, è inadeguata. Negli slum delle grandi città africane molte persone sono costrette alla vita in piccoli spazi. La mancanza di acqua è la norma, quindi lavarsi le mani diventa un atto impraticabile. Inoltre, le persone devono andare a lavorare indipendentemente da sintomi o contatti.
Accanto ai divieti di viaggio imposti di recente, paesi come Senegal, Ruanda, Sudafrica, Kenya, Etiopia, Zambia e Tanzania sono tra quelli che hanno strutture scolastiche chiuse. La maggior parte dei paesi, tra cui Botswana, Ghana ed Etiopia, hanno vietato eventi sportivi. Altre nazioni come la Repubblica Democratica del Congo, il Ruanda e il Ghana hanno anche vietato incontri nei luoghi di culto. Alcune aziende africane stanno incoraggiando le persone a lavorare da casa, ma ci sono paesi in cui sono presenti interruzioni di corrente anche di 18 ore.
Le lezioni apprese dalle precedenti emergenze sanitarie, incluso il devastante focolaio di ebola nel 2013-2016, che ha ucciso oltre 11mila persone nell’Africa occidentale, dovrebbero essere considerate in prima linea nella lotta contro il nuovo coronavirus. La prevenzione di un grande focolaio si basa sul contenimento dei casi importati e sul tentativo di fermare la trasmissione nella comunità.
Uno dei più forti miglioramenti visti rispetto all’epidemia di ebola nell’Africa occidentale iniziata nel 2013, è il coordinamento e il sostegno di WHO Regional Office for Africa, Africa Centers for Disease Control e West African Health Organizations.
In Senegal, al momento uno dei pochi paesi dell’Africa sub-sahariana che ha registrato una trasmissione locale del virus, il dipartimento di malattie infettive dell’Ospedale Universitario di Fann, ritiene vincente nella gestione del contagio una combinazione di capacità di laboratorio, direttive governative e popolazione aderente alle linee guida. Tuttavia, rimangono forti le preoccupazioni che vanno dalla capacità dei sistemi sanitari tesi a gestire un grave focolaio infettivo, alle sfide sull’assistenza all’infanzia, all’effetto delle restrizioni sulle economie locali in tutto il continente. Nena News
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