Partiti, sindacati di Stato ed esercito tentano di salvare se stessi sacrificando il presidente. L’intervento del capo di stato maggiore che ne chiede la destituzione ha già provocato reazioni: il fuggi fuggi dell’establishment e la rabbia dei manifestanti che chiedono la totale rimozione del sistema attuale
della redazione
Roma, 28 marzo 2019, Nena News - L’Algeria, o meglio la sue élite politica, sembra giunta alla resa dei conti. Un si salvi chi può dall’ormai imminente deposizione di Bouteflika: da giorni è partita la corsa a prendere le distanze dal presidente oggetto delle proteste della piazza ormai da più di un mese. Sindacati, il suo stesso partito, l’Fln, l’esercito, pezzi interi dell’establishment che governa l’Algeria da due decenni cercano di salvare il sistema sacrificando il suo simbolo.
Due giorni fa la parola l’aveva presa il capo di stato maggiore, il generale Gaid Salah, che ha avanzato la proposta di applicazione dell’articolo 102 della Costituzione che prevede la destituzione del presidente nel caso questi sia impossibilitato a esercitare il mandato per malattia grave e duratura. Il “suggerimento” dell’esercito è rivolto al Consiglio costituzionale, il solo che potrebbe applicare l’articolo costituzionale e che finora non si è riunito né espresso in merito. In tal caso l’interim della presidenza andrebbe al presidente del Senato, Abdelkader Bensalah, chiamatoa organizzare elezioni entro i tre mesi successivi.
Sulla proposta del generale i partiti si sono spaccati tra chi la definisce un tentato golpe – l’Rcd, Raggruppamento per la cultura e la democrazia – e chi la rilancia – il Raggruppamento nazionale democratico, Rnd. Diviso il partito del presidente, il Fronte di liberazione nazionale tra chi chiama l’intero Fln ad accogliere il suggerimento di Gaid Salah e chi si mantiene in silenzio. Appoggio al presidente è stato tolto anche dal capo del potente sindacato Ugta, Sidi Said, noto sostenitore di Bouteflika che ha fatto sapere ieri di ritenere la deposizione del presidente la via verso la stabilità.
Questa è la narrazione che dà il clan Bouteflika, in sfregio delle proteste di piazza: liberarsi dello scomodo presidente per mantenere in piedi un sistema che i manifestanti invece prendono di mira nel suo insieme. Una lotta che li mantiene nelle strade algerine: gli ultimi giorni hanno visto di nuovo proteste consistenti, guidate per lo più dagli studenti che non intendono accettare una soluzione di comodo, che di fatto è una “non soluzione”. Soprattutto alla luce delle dichiarazioni del capo di stato maggiore che, mentre presentava in tv la sua proposta, di fatto rigettava le manifestazioni definendole incapaci di prevenire infiltrazioni esterne o interne interessate a destabilizzare il paese.
In risposta, subito dopo le dichiarazioni di Gaid Salah, in migliaia sono scesi in strada per protestare contro le interferenze dell’esercito, spettro di un passato che preoccupa anche le nuove generazioni, quelle che non hanno vissuto gli anni di piombo algerini e la guerra civile che ha lasciato sul campo 200mila morti.
Numerosi attivisti stanno intervenendo in queste ore per rigettare la “soluzione” dell’esercito: passare il potere a Bensalah significherebbe solo trasferire il potere a chi per anni ha preso parte al radicamento del sistema statale di corruzione e di mala gestione. E ieri è giunta una reazione dai banchi del parlamento: i membri del Partito dei Lavoratori si sono dimessi in blocco accusando Gaid Salah di voler “salvare il sistema, cacciando Bouteflika per trasferire il potere al presidente del Senato”.
Da parte sua la Rcd chiede la dissoluzione del parlamento e del Consiglio costituzionale e la creazione di una presidenza collegiale che guidi la transizione, formata da persone scelte tra i sindacati indipendenti, la magistratura e le istituzioni universitarie. Nena News