Il Parlamento approva il disegno di legge del governo Erdogan che permette un maggiore controllo politico di giudici e procuratori. Obiettivo, insabbiare la maxi inchiesta anti-corruzione.
dalla redazione
Roma, 15 febbraio 2014, Nena News – La controversa proposta di legge sul sistema giudiziario turco ha ricevuto ieri il via libera del Parlamento di Ankara. Obiettivo del governo, la reintroduzione di una legge che rafforza il controllo politico sulla Supremo Consiglio dei Giudici e i Procuratori (HSYK) a seguito degli scandali e le successive inchieste aperte sul sistema di corruzione intorno al governo che ha coinvolto note personalità politiche e del mondo degli affari. Dallo scorso 17 dicembre, centinaia di procuratori e migliaia di poliziotti sono stati rimossi dai loro incarichi nel tentativo di insabbiare le indagini. La nuova legge permetterà la sostituzioni di altri membri del Supremo Consiglio.
Ieri è giunto l’ok del Parlamento alla proposta del governo Erdogan, che nelle settimane passate aveva sospeso i lavori sulla legge a causa delle dure proteste dei partiti di opposizione e dell’Unione Europea, preoccupata per l’indipendenza della magistratura turca. L’esecutivo non si è però dato per vinto, rimandando il voto per la continua mancanza del quorum necessario al voto.
Il Partito Repubblicano del Popolo, principale avversario politico del premier Erdogan, ha già annunciato il ricorso alla Corte Costituzionale per cancellare la legge, senza attendere il parere del presidente turco Gul. “Vogliono intimidire la popolazione, i giudici e i procuratori – ha commentato Kemal Kilicdarglu, leader del Partito Repubblicano – Guardiamo alla discussione parlamentare in corso come ad una vergogna per la nostra democrazia. L’esecutivo ha già posto il potere legislativo sotto il proprio controllo e ora tenta di fare lo stesso con la magistratura. E sappiamo che i media sono già controllati”.
Lo scandalo sulla corruzione turca ha investito alleati e personaggi molti vicini al premier Erdogan e al suo sistema di potere: la Tangentopoli del Bosforo, come è stata ribattezzata dalla stampa, vede coinvolto anche il figlio del primo ministro, Bilal Erdogan, interrogato ieri dalla magistratura impegnata nella maxi inchiesta che rischia di travolgere il governo a un mese e mezzo dalle elezioni amministrative.
Il premier ha risposto con una vera e propria campagna repressiva, nel tentativo di scardinare le indagini: in due mesi oltre 120 magistrati e tremila funzionari di polizia – tra cui i responsabili della maxi inchiesta – sono stati trasferiti o allontanati dagli incarichi. A fine gennaio, in un solo giorno, sono stati rimossi 96 giudici e procuratori e 600 poliziotti a Smirne, Ankara e Istanbul. Una campagna di censura e insabbiamento che ha spaventato anche l’Unione Europea, da anni in trattative con la Turchia per un suo possibile ingresso come Stato membro.
E mentre il Parlamento votava a favore della controversa riforma della giustizia, l’ex capo esecutivo della Halkbank, Suleiman Aslan, arrestato con l’accusa di corruzione e frode insieme ad altre 24 persone (tra cui i figli di tre ex ministri), è stato rilasciato ieri in attesa del processo. La polizia aveva trovato nella sua casa 4,5 milioni di dollari in banconote: Aslan si era difeso affermando che non si trattava di denaro sottratto alla banca statale, ma di una donazione ad un’associazione di beneficienza.
Erdogan, che da undici anni lavora per fare della Turchia un Paese sempre più vicino alla legge islamica e per consolidare il suo potere, lo ha difeso come ha difeso tutti i personaggi coinvolti nella Tangentopoli del Bosforo, accusando i media internazionali di essere parte di un complotto contro la grande nazione turca. Ma, dopo le proteste di Gezi Park e la maxi inchiesta, il potere del premier si sta sgretolando, insieme alla sua credibilità. Nena News