Demolita la separazione dei poteri: Erdogan ha trasformato i tribunali in strumenti di repressione: sospendono i media, incarcerano sindaci e deputati, inventano sentenze assurde
di Chiara Cruciati
Roma, 2 dicembre 2016, Nena News – “Sono state chiuse 12 televisioni e 11 stazioni radio. I media kurdi sono stati decimati. I siti web sono regolarmente bloccati, le reti di comunicazione sospese, i social media censurati”. Questa, in poche parole, la situazione dell’informazione in Turchia nei confronti dalla stampa indipendente kurda secondo l’incaricato speciale delle Nazioni Unite per la libertà di stampa, David Kaye.
Con i media al palo, cresce anche il numero di giornalisti arrestati, ormai 155 in pochi mesi, un dato che lascia la Turchia a “godersi” il secondo posto nell’ignobile classifica sulle violazioni contro la stampa. Prima c’è solo la Cina. E ieri un giornalista kurdo è stato trovato morto a Amadiya: Sukri Zainadin , della tv locale Knn, era scomparso da 4 giorni.
Kaye punta il dito sul responsabile politico, il president Erdogan: “Erdogan stesso ha lanciato circa 1.900 denunce per diffamazione, spesso basate su post ironici nei social media”. I più colpiti sono i reporter e le agenzie kurde, dal più noto quotidiano Ozgur Gundem fino ad un canale tv per bambini, nell’ambito di una più vasta campagna repressiva che usa ormai ogni mezzo a disposizione, dai coprifuoco e gli attacchi militari alla sospensione dei sindaci kurdi e il commissariamento dei comuni.
Una caccia alle streghe che è la base dell’ideologia politica del partito di governo Akp, un mix di re-islamizzazione della società e nazionalismo radicale, che mira al sogno imperialista ottomano e ad una società uniforme e “turchizzata”. In tale contesto l’identità kurda è una minaccia sia ideologica che politica: il suo principale rappresentante parlamentare è l’Hdp, formazione di sinistra che ha saputo attrarre anche il consenso dei turchi laici e progressisti come di tanti stanchi della repressione silenziosa – ma non troppo – che ha ucciso ogni movimento sociale e critico.
I casi si sprecano, arrivando all’assurdo: pochi giorni fa il procuratore di Diyarbakir ha presentato la richiesta di pena per la co-sindaca della città, Gultan Kisanak. 230 anni di prigione per “essere membro esecutivo di un gruppo terrorista armato, aver diffuso propaganda terrorista e organizzato manifestazioni illegali”. E a chi pensa che la Turchia del presidente-sultano non sia capace di portare a termine le minacce, basti ricordare che dieci deputati dell’Hdp, compresi i due co-presidenti Dermitas e Yuksekdag, sono in prigione dal 4 novembre, in isolamento.
Ieri sono stati arrestati i co-sindaci di Halfeti, membri del partito Dbp, vicino all’Hdp. Nelle stesse ore la stessa sorte toccava ad un consigliere comunale di Bozova e ad uno di Hilvan. Intanto uscivano i dati relativi al distretto di Van: dall’11 settembre 223 impiegati comunali sono stati sospesi dai commissari che hanno preso i comuni e sostituito i sindaci legittimi.
Ma la giustizia usata come arma politica non si ferma ai confini turchi: mercoledì è toccato al leader del Partito di Unione Democratica, il braccio politico della siriana Rojava, Saleh Muslim, che insieme ad altri membri del gruppo è stato ufficialmente accusato di aver organizzato l’attentato dello scorso febbraio ad Ankara. Morirono 29 persone, per lo più soldati, in un attacco ad un convoglio militare poi rivendicato dal Tak, costola del Pkk uscita anni fa perché non più concorde con le politiche del movimento.
Per Muslim e gli altri 68 sospetti i procuratori chiedono 30 ergastoli a testa, uno per ogni vittima più uno per aver agito “contro la sicurezza dello Stato”. A monte sta la definitiva morte della separazione dei poteri in un paese che si definisce nonostante tutto una democrazia: la magistratura, del tutto in mano al potere politico, non è che un altro strumento di repressione della società e delle sue voci critiche, dei nemici veri e di quelli presunti, creati ad hoc per mantenere alto il livello di paura dell’opinione pubblica.
Con il golpe fallito del 15 luglio la situazione non ha fatto che peggiorare: la campagna di epurazioni di massa ha permesso l’eliminazione di tutti quei magistrati, giudici, inquirenti che non piacevano troppo al governo, sostituendoli con figure vicine all’Akp e a lui fedeli. Nena News
Chiara Cruciati è su Twitter: @ChiaraCruciati