L’attentato dello “Stato Islamico” è avvenuto sabato nella provincia di Deir Ezzor. Attacchi bomba anche nell’irachena Kirkuk (almeno 5 morti) da poco tornata sotto il controllo di Baghdad. Dal Golan occupato, intanto, i drusi d’Israele invitato Tel Aviv a proteggere i correligionari siriani di Hader
della redazione
Roma, 6 novembre 2017, Nena News – Più di 70 rifugiati siriani sono stati uccisi sabato da un’autobomba fatta esplodere dallo “Stato Islamico” (Is). A darne notizia è stato ieri l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdu), ong di stanza a Londra e vicino all’opposizione siriana. Secondo l’osservatorio, l’attacco è avvenuto nella provincia orientale di Deir Ezzor e ha ucciso almeno 75 sfollati (tra questi molti bambini) e ferito 140 persone. Secondo il direttore di Osdu, Rami Abdel Rahman, le vittime erano scappate ai combattimenti in corso nell’area dove sia il governo siriano di Bashar al-Asad che le forze a maggioranza curde sostenute dagli Usa (le Sdf) stanno combattendo quel che resta della formazione jihadista in due separate offensive.
Non è la prima volta che il fu “califfato” attacca civili scappati da Deir Ezzor (riconquistata la scorsa settimana da Damasco): l’ultimo attacco è avvenuto lo scorso 12 ottobre quando una macchina imbottita di esplosivo è saltata in aria nella provincia di Hasake (nord est della Siria) uccidendo almeno 18 persone (le vittime erano rifugiati e forze di sicurezza curde). Secondo l’ong Save the Children sono almeno 350.000 le persone fuggite alle violenze della guerra nell’area di Deir Ezzor. Metà sono bambini.
Ma le autobombe sono tornate a seminare morte anche in Iraq. Due esplosioni, ancora non rivendicate da nessun gruppo, hanno infatti colpito la città di Kirkuk uccidendo almeno cinque persone e ferendone 20. L’obiettivo dell’attentato erano le Forze di mobilitazione popolare (Pmf) dispiegate nella via Atlas (nel cuore della città) riferiscono fonti di sicurezza. Le Pmf, unità militari sostenute dall’Iran e per lo più sciite, combattono a fianco del governo iracheno dal 2014 e hanno svolto un ruolo importante nella riconquista dei territori in precedenza occupati dall’autoproclamato califfato.
Al di là del nuovo bagno di sangue, l’attacco di ieri è significativo perché è il primo attentato avvenuto nella città multi-etnica ricca di petrolio da quando il governo centrale guidato da Haider al-Abadi è riuscito a riprenderne il controllo dopo 3 anni di gestione curda. La città ha rappresentato uno dei temi più controversi del referendum sull’indipendenza del Kurdistan iracheno promosso, lo scorso 25 settembre, dal dimissionario presidente curdo Barzani. L’obiettivo del governo regionale autonomo del Kurdistan (Krg), infatti, era quello di mantenere Kirkuk – liberata dall’occupazione dell’Is grazie alle forze Peshmerga curde – all’interno del suo territorio pur non rientrando nei confini del Krg pre-avvento del califfato. Un desiderio che ha dovuto però fare presto i conti con la realtà: l’esercito iracheno, complice il sostegno delle potenze regionali e internazionali, è riuscito in poco tempo due settimane fa a riprendere il controllo di gran parte delle “aree contese”.
Ieri, intanto, il premier al-Abadi ha celebrato la recente conquista di al-Qaim e del valico di Huybah alzando di nuovo la bandiera irachena in città dopo gli anni di dominio jihadista. Una vittoria militare importante quella raggiunta giovedì da Baghdad: situata a due chilometri da al-Qaim e 410 dalla capitale della provincia occidentale Ramadi, il valico di Husaybah collega il confine iracheno con la città siriana di Abu Kamal nella provincia di Deir Ezzor lasciando pertanto allo Stato Islamico il controllo di solo piccole zone nell’area, nella provincia siriana di Hama e a sud di Damasco.
Proprio nell’area meridionale della Siria aumentano i timori dei drusi di Siria e d’Israele. Intervistato dal portale israeliano Ynet, il leader della comunità drusa dello stato ebraico, Shaykh Muwaffak Tarif, ha detto che il “Fronte an-Nusra [il ramo siriano di al-Qa’eda, ndr] è sotto l’occhio vigile dell’esercito israeliano che potrebbe dirgli di “stare attento, di non andare vicino a questo villaggio perché per noi rappresenta una linea rossa”. Il riferimento di Tarif è a Hader dove la scorsa settimana un attentato qaedista ha ucciso 18 persone. L’attacco jihadista ha aumentato i timori dei drusi israeliani dando vita a proteste spontanee a Majdal Shams (nella parte “israeliana” del Golan occupato) che hanno portato una decina di manifestanti ad oltrepassare la frontiera ed entrare in territorio siriano salvo poi essere riaccompagnati sul versante israeliano dall’esercito dello stato ebraico.
“Il fronte an-Nusra è una organizzazione terroristica – ha aggiunto il religioso – alla fine punterà le sue armi contro di noi e lo stato d’Israele. Abbiamo detto al primo ministro, a quello della difesa, al capo dell’esercito e al comando centrale settentrionale che per noi quel villaggio [Hader] è una linea rossa e [abbiamo chiesto] di non permettere al Fronte an-Nusra di conquistare e massacrare i suoi abitanti”. Nena News