La Lega araba ha chiesto ieri alle Nazioni Unite di aprire un’inchiesta internazionale sulle “violazioni” commesse da Israele nelle sue carceri. I palestinesi, intanto, denunciano i trasferimenti dei prigionieri e i continui blitz delle guardie israeliane nelle loro celle. Manifestazioni di solidarietà a Betlemme e Ramallah
della redazione
Roma, 5 maggio 2017, Nena News – La Lega araba ha chiesto ieri alle Nazioni Unite di aprire un’inchiesta internazionale sulle “violazioni” commesse nelle carceri israeliane ai danni dei prigionieri palestinesi in sciopero della fame. In una risoluzione approvata ieri, l’organismo panarabo ha esortato il Palazzo di Vetro e le sue agenzie a inviare una commissione d’indagine nelle strutture detentive dello stato ebraico e a fare pressioni affinché Israele rispetti il diritto internazionale. La richiesta è di “intervenire immediatamente e con urgenza” visto le preoccupanti condizioni in cui versano ormai molti prigionieri che da 18 giorni consumano solo acqua e sale.
Ieri i palestinesi hanno accusato il sistema carcerario israeliano (Ips) di continuare a trasferire i detenuti, di restringere l’accesso ai loro avvocati e di costringere i prigionieri a terminare la loro protesta. Secondo la “Commissione dei media per lo sciopero della dignità e libertà” – un comitato congiunto formato dalla Società dei prigionieri palestinesi (Pps) e da quello per gli Affari dei prigionieri (Pps) – le autorità carcerarie israeliane avrebbero trasferito 41 detenuti dalla prigione di Ashkelon (sud d’Israele) a quella di Ohalei Keidar, nel deserto del Neghev.
La commissione, inoltre, riferisce anche la testimonianza di un avvocato che, dopo aver incontrato gli scioperanti, ha denunciato i continui blitz delle guardie israeliane nelle loro sezioni. Ieri, intanto, sulla tv libanese al-Mayadeen, il rappresentante di Fatah, Abd al-Majeed Shadid, ha rivelato che l’Ips avrebbe presentato ai prigionieri dei carceri di Nafha e Rimon “un’offerta” (rifiutata) in cambio della fine della loro protesta. A rigettare i tentativi di mediazione israeliana, riferisce il centro Hadala per i prigionieri, sarebbe stato anche il leader del maggior partito della sinistra palestinese (il Fronte popolare per la Liberazione della Palestina, Fplp) Ahmed Sa’dat che, unitosi due giorni fa allo sciopero, avrebbe riconfermato il suo impegno a continuare la protesta iniziata il 17 aprile scorso da 1.500 detenuti.
Ha fatto sentire ieri la sua voce anche il Consiglio legislativo palestinese (Plc, il parlamento) che, in una nota, ha espresso le sue preoccupazioni per le “gravi potenziali implicazioni” dello sciopero. Rivolgendosi al Segretario generale dell’Onu, il Plc ha esortato Guterres a “intervenire personalmente affinché il governo israeliano ponga termine alle sue misure repressive, rispetti il diritto internazionale e la Quarta convenzione di Ginevra”. “L’intervento dell’Onu – recita ancora il comunicato – potrebbe salvare la vita dei palestinesi in sciopero della fame e porre fine allo stato di tensione all’interno e all’esterno delle carceri israeliane”.
Ieri, intanto, decine di palestinesi sono rimasti feriti a Betlemme durante una marcia a favore dei prigionieri palestinesi. Gli scontri con le forze di sicurezza israeliane sono iniziati quando i manifestanti (alcuni dei quali vestiti da carcerati) hanno raggiunto il muro di separazione israeliano. Tra i feriti, scrive l’agenzia Ma’an, anche i giornalisti Safiyyeh Omar e Abed Hashlamoun. Manifestazione per i detenuti anche a Ramallah organizzata dall’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). Il corteo si è mosso dal quartier generale dell’Olp, è passato per la tomba mausoleo dell’ex presidente Yasser Arafat e si è sciolto nella centralissima piazza Manara. Presenti molti esponenti politici locali e i familiari dei prigionieri. Nena News