L’uccisione di una donna per mano di un gruppo di soldati è l’ultimo abuso insabbiato nel paese, dove i giornalisti sono minacciati, picchiati, arrestati. E i militari aumentano di numero, richiesti dalle multinazionali
di Alessandra Mincone
Roma, 22 settembre 2020, Nena News – Dal 15 settembre il governo del Mozambico è sotto i riflettori a causa di un video choc fatto circolare da associazioni umanitarie come Amnesty International. Il video dovrebbe risalire al 7 settembre e mostra una donna nuda che viene rincorsa da alcuni uomini con indosso le uniformi militari del governo che, dopo averla colpita al corpo e alla testa con un bastone in legno, le sparano una trentina di colpi con un fucile d’assalto AK44.
Voci circolate tramite i canali del ministero dell’Interno parlano di una persona che dai soldati era accusata di essere una collaboratrice di un gruppo locale islamico ed armato, da qualche anno intento a conquistare il territorio mozambicano. Ma Amnesty e Human Right Watch accusano a loro volta il governo di non prendere alcun provvedimento, contro l’ennesimo caso di tortura che verrebbe commesso dalle autorità militari. Zenaida Machado, ricercatrice per Hrw, ha dichiarato che il governo si benda gli occhi davanti alle violenze commesse dai suoi militari, “accusando di falsa propaganda chi le denuncia ma ottenendo un’ascesa del terrorismo jihadista in tutto il paese”.
Non sarebbe il primo caso di depistaggio dalla verità in Mozambico: Cabo Delgado è ormai un territorio inaccessibile alla stampa, sia locale che internazionale. Negli ultimi anni sono stati numerosi gli attacchi contro i giornalisti che provavano a documentare i conflitti, ma anche i giochi di potere e corruzione che vedono protagonista il governo mozambicano. Nel 2018 l’esecutivo presentava una proposta di legge per il duro incremento delle tasse per i corrispondenti stranieri e per i giornalisti locali, arrivando a proporre da 500 dollari fino a quasi 9mila dollari l’anno per l’accreditamento. Ma nonostante la pressione mondiale da gruppi per la libertà di stampa e il ritiro della proposta, la tensione per i giornalisti nell’esercitare liberamente la propria professione continua a crescere.
Basti ricordare le storie di Ericino da Salema, pestato a sangue e rapito nel 2018 mentre usciva dagli uffici del Sindacato nazionale dei giornalisti, e Amade Abubacar arrestato nel 2019 senza alcun capo di imputazione solo per aver voluto intervistare degli sfollati, e a cui negarono cibo e cure mediche in carcere per mesi.
Ad agosto 2020 il giornale Canal de Moçambique è stato avvolto dalle fiamme in una dinamica del tutto sconosciuta ma che ha definitivamente peggiorato le sorti della libertà di stampa. Il Mozambico scende oggi al 104° posto su 180 nella classifica della libertà di stampa, perdendo undici posizioni dal 2018.
Quello che sappiamo è che circa tre mesi prima il direttore esecutivo e il direttore editoriale della succitata testata, Fernando Veloso e Matias Guente, erano stati accusati di violazione di segreto di Stato e cospirazione per un articolo intitolato “il business della guerra di Capo Delgado”. Nell’articolo si sosteneva l’esistenza di un contratto illegale tra il ministero della Difesa, il ministero degli Interni ed una società di gas naturali, che utilizzava servizi di sicurezza forniti dal governo ma versando i pagamenti sul conto bancario personale dell’ex ministro della difesa, Atanásio Salvador Ntumuke.
Se a febbraio del 2020, durante la Giornata degli Eroi mozambicani, il presidente in carica Filipe Nyusi si rivolgeva al popolo chiedendo di difendersi dall’attacco dell’Isis, nuove forze militari sono sempre più richieste soprattutto dalle multinazionali.
Le aziende petroligere ExxonMobil e Total sembrano piuttosto preoccupate del controllo da parte dei terroristi nei pressi di giacimenti di gas naturali al largo di Palma e, a seguito dell’attacco presso l’area portuale nella provincia di Sofala, dal 2017 continuano a premere per un ulteriore supporto militare che sorvegli l’area, chiedendo l’arrivo di nuovi 300 militari da aggiungerso ai cinquecento già presenti sul sito.
A fine agosto 2020, durante il vertice della Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale (Sadc) il governo mozambicano ha avanzato la sua richiesta di un intervento armato, seppur in via ufficiale – considerato l’assenza di un esercito comune disposto a intervenire unitariamente.
È in particolare dal 2017 che il Mozambico registra una spaventosa ascesa del terrorismo islamico, con l’inferocirsi dell’organizzazione di Al-sunna wa-Jama, definito dagli abitanti al Shebab. Nel 2019 la stessa cellula terroristica avrebbe rivendicato oltre 120 assalti nei villaggi popolari a nord di Pemba, che causarono più di 300 per decapitazioni, e migliaia di sfollati.
Dal 2017 sono più di 3mila i morti decapitati, con machete, torturati o smembrati e il conflitto ha prodotto oltre 250 mila sfollati, alcuni dei quali in passato hanno anche denunciato forme di strozzinaggio da parte dei soldati governativi, per costringerli a trasferirsi in aree considerate sicure. Secondo Hrw molti degli abusi nelle carceri o delle esecuzioni sommarie, sarebbero proprio da imputare ai reparti militari del governo in carica “poiché non collaborano con lo Stato”; ma ad oggi, nessuno dentro le Nazioni Unite pare interessarsi a un processo legale per crimini contro i diritti umani. Nena News