La crisi economica ha significativamente diminuito le ambizioni indipendentiste, mentre le richieste sociali e politiche di rivolgersi a Baghdad crescono
di Ali Taher – Al Monitor
Erbil, 6 ottobre 2016, Nena News – La crisi dei salari nella regione del Kurdistan iracheno (Krg) ha portato ad una maggiore interdipendenza economica, politica e sociale con Baghdad, che ha cominciato a liquefare il sogno kurdo dell’indipendenza. La situazione economica ha colpito anche il fronte più duro dei politici nazionalisti. Massoud Barzani, presidente del Kurdistan iracheno, ha visitato Baghdad il 29 settembre, a capo di un’ampia delegazione politica che rappresentava buona parte delle forze kurde, nel tentativo di risolvere le rilevanti questioni economiche e politiche con il governo centrale.
Barzani ha detto di aver chiesto autonomia per il Kurdistan iracheno ma non la secessione. Allo stesso modo Nechirvan Barzani, primo ministro, aveva detto il 2 giugno di considerare Baghdad come lo spessore strategico del Kurdistan iracheno. Simili dichiarazioni erano inimmaginabili prima della crisi economica e del crescente malcontento popolare; il presidente e il primo ministro erano soliti sfruttare ogni opportunità per promuovere la creazione dello Stato kurdo.
La visita del presidente a Baghdad ha coinciso con ed è stata preceduta da una serie di proteste nella regione. Migliaia di dipendenti pubblici – soprattutto insegnanti e professori universitari – hanno manifestato in strada il 30 settembre per il taglio dei salari nel Krg che aveva deciso a settembre di ridurre gli stipendi degli impiegati statali del 50%, dopo non aver pagato quanto dovuto da luglio. Alcuni impiegati si sono ritrovati in una situazione molto complessa.
Sarhad Kheiry, funzionario del Ministero dei Comuni e del Turismo a Erbil, ha detto ad al Monitor: “Non vengo pagato da mesi e devo lavorare come autista per poter mantenere la mia famiglia”. La storia di Kheiry è simile a quella di moltissimi impiegati pubblici nella regione del Kurdistan. Oggi i cittadini non accusano più il governo centrale di Baghdad per la difficile situazione economica.
Hocar Hassan, dipendente di una compagnia privata a Sulaimaniyah, dice ad al Monitor: “Alla luce dell’attuale situazione economica nel Kurdistan iracheno la gente non ritiene più responsabili i leader arabi a Baghdad ma piuttosto le autorità kurde”. Secondo comunicati ufficiali del Krd, la regione produce un milione di barili di greggio al giorno, bypassando Baghdad. Ma è incapace di pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici, mentre quelli degli altri impiegati nel resto dell’Iraq vengono versati.
Hawnar Akrawi, insegnante in una scuola di Erbil, ha detto ad al Monitor: “La gente ora vorrebbe tornare ai tempi di Nouri al-Maliki [ex premier iracheno] quando gli stipendi venivano inviati al Kurdistan iracheno in tempo. La crisi economica è un peso enorme per molte persone. Uno dei miei colleghi ha commesso suicidio a causa delle cattive condizioni di vita. Era padre di tre bambini”.
Al Monitor ha verificato come decine di progetti edili siano stati sospesi e come tanti cittadini kurdi non frequentino più i centri commerciali, molti dei quail chiudono. Sembra che la sempre peggiore crisi economica li abbia spinti a cercare alternative economiche, soprattutto nel commercio e nel turismo con gli arabi che arrivano da Baghdad o da altre province del paese.
I turisti arabi iracheni hanno incrementato gli scambi culturali con la regione kurda. Pochi anni fa era raro sentire musica araba nelle strade. Oggi i turisti arabi visitano le città kurde e, ad esempio, è musica pop araba quella che viene passata in quasi ogni centro commerciale. Questo potrebbe riflettere la voglia kurda di sfidare i propri leader o un modo per attrarre i turisti arabi.
In tale contesto Sarwa Abdul Wahid, parlamentare kurdo del partito di opposizione Goran, spiega ad al Monitor: “Le comunità kurde e arabe non hanno nulla contro l’altra. I problemi esistenti sono creati dai politici. I migranti arabi che vengono in Kurdistan non sono vessati da nessuno. È un’altra prova che la questione kurdo-araba non è un problema sociale ma politico”.
Dopo l’occupazione di Mosul da parte dello Stato Islamico nel 2014, oltre 2.5 milioni di rifugiati arabi sono arrivati nel Kurdistan iracheno. Come conseguenza, la comunità kurda – soprattutto i più giovani – hanno capito che imparare l’arabo è uno strumento necessario per entrare nel settore del commercio e del turismo con la comunità araba. Dall’inizio degli anni ’90 l’arabo non viene più insegnanto nelle scuole della regione a causa della semi-secessione da Baghdad: “La generazione post-’90 . dice Akrawi – ha pochissima conoscenza dell storia e la lingua dell’Iraq”.
L’uso della lingua araba ora si è diffuso nella regione kurda tanto che i nomi di alcuni siti turistici sono stati cambiati in arabo, come il noto resort di Shaqlawa, ora chiamato Ahaqlouja a causa dei tanti arrivi dalla città di Fallujah. Ciò mostra l’importanza delle comunicazioni sociali ed economiche. Il giornalista kurdo Dlovan Berwani spiega ad al Monitor: “Quello che più importa ai kurdi è guadagnarsi da vivere. La crisi economica ha rivelato che attaccarsi al governo di Baghdad è meglio dell’inesperienza dei politici nel Krg”. E Kheiry a tal proposito aggiunge: “Ci vergogniamo delle azioni dei nostri politici”. Gli fa eco Hassan: “Se il sogno di uno Stato kurdo significa il collasso dell’economia, il popolo kurdo non lo sosterrà”.
Abdul Wahid dice: “La maggior parte del popolo kurdo crede che il riavvicinamento a Baghdad sarà il mezzo di uscita dalla crisi”. Berwari segue la stessa linea: “Ogni kurdo che chiede unità con Baghdad sta aspettando da anni che il governo federale si occupi dei propri cittadini”.
E così i duri slogan nazionalisti che invocano la secessione da Baghdad colpiranno due muri: la grave crisi economica e le comunicazioni sociali e culturali tra arabi e kurdi, lo status quo nel paese prima del 2003.
Traduzione a cura della redazione di Nena News