Il presidente Barzani cerca di mantenere saldo il proprio potere mentre le opposizioni scendono in piazza e i movimenti curdo-turchi e curdo-siriani guadagnano sempre maggiore legittimità
di Francesca La Bella
Roma, 30 ottobre 2015, Nena News- Manifestazioni e scontri stanno scuotendo ormai da alcune settimane la regione autonoma del Kurdistan Iracheno (KRG). A partire da inizio ottobre, le piazze delle maggiori città della parte meridionale della regione, Suleymania ed Halabja in particolare, sono state attraversate da cortei che, inizialmente indetti dai sindacati degli insegnanti che protestavano per il mancato pagamento degli stipendi, si sono presto trasformati in atti d’accusa contro le scelte anti-democratiche del Presidente Massoud Barzani e della dirigenza del Partito Democratico del Kurdistan (KDP). Per comprendere al meglio gli eventi di queste settimane, bisogna, però, prendere in considerazione il sistema curdo-iracheno sia dal punto di vista della politica interna sia da quello del contesto internazionale e d’area in cui si inserisce. Senza questi elementi, sarebbe difficile comprendere la violenza degli attacchi alle sedi del KDP, così come la dura risposta del Governo Centrale di Erbil che, da un lato, ha portato all’uccisione di 5 persone ed al ferimento di altre 180 negli scontri e dall’altro ha indotto il blocco dell’attività parlamentare. La scelta di destituire quattro parlamentari appartenenti alla formazione politica Gorran (Movimento per il cambiamento), accusata dal Governo di essere promotrice dei disordini, e il divieto di ingresso ad Erbil al Presidente del Parlamento Yousif Mohammed, della stessa formazione, in quanto soggetto non gradito, sono, infatti, reazioni dettate più da antagonismi pregressi che dalla situazione contingente.
Lo scorso agosto è scaduto il termine della carica presidenziale. Eletto dal Parlamento una prima volta nel 2005, Barzani ottenne nel 2009 un nuovo mandato grazie al voto popolare. Durante la legislatura precedente, infatti, la Costituzione era stata modificata a favore dell’elezione diretta del Capo dello Stato. Barzani avrebbe, dunque, dovuto lasciare la Presidenza nel 2013, ma, nonostante la legislazione non lo prevedesse ufficialmente, riuscì a rinnovare per altri due anni la carica grazie ad una alleanza tra KDP e Unione Patriottica del Kurdistan (PUK) basata sulla necessità di portare a conclusione la ratifica della Costituzione nel segno della continuità e della stabilità. La conclusione di questi due ulteriori anni e la mancata convocazione di nuove elezioni hanno fatto temere alle opposizioni un nuovo intervento del KDP per mantenere la carica e Gorran, in continuità con il suo passato, è stato uno dei partiti che più nettamente si sono schierati in opposizione a questa possibilità.
Fin dal 2009, anno della sua formazione, Gorran si è, infatti, opposto alla rielezione di Barzani ed alla modifica della Costituzione. Nato da una scissione dell PUK, il nuovo partito, contestando la corruzione ed il nepotismo all’interno delle istituzioni statali curdo-irachene, prese immediatamente posizione contro l’elezione diretta del Presidente che, da un lato, toglieva al Parlamento potere di controllo sull’operato della Presidenza e, dall’altro, ampliava la capacità di azione di Barzani grazie all’indipendenza data dal voto popolare. Ad oggi, Gorran ha sempre maggiore seguito nella popolazione ed anche altri partiti come il PUK o i partiti islamici stanno prendendo posizione contro le scelte del Governo, pur scegliendo un atteggiamento più moderato rispetto ad altre forze di opposizione. In questo senso il KDP e Barzani temono che queste forze possano sfruttare la crisi economica dovuta alla perdurante guerra contro lo Stato Islamico, allo sfaldamento dello Stato Iracheno ed al crollo del prezzo del petrolio, per indire nuove elezioni che avrebbero risultati falsati dal contesto. Il partito di Governo sostiene che un mutamento netto nella dirigenza in questa fase storica potrebbe portare alla guida del KRG soggetti politici deboli, incapaci di bilanciare le alleanze interne ed internazionali e di mantenere le linee guida della politica economica dei precedenti governi con il rischio di ulteriore destabilizzazione della regione e di collasso della stessa.
Ad aumentare le paure del Governo Barzani concorre anche il contesto internazionale. L’avanzata dello Stato Islamico, la guerra civile siriana e il rinnovato interventismo turco contro la guerriglia curda hanno intaccato la sicurezza politica ed economica del KRG e, parallelamente, hanno rafforzato i gruppi politici ed armati curdi nei Paesi limitrofi. Da questo punto di vista, l’ambivalente rapporto tra KRG e Turchia, la chiusura delle frontiere tra KRG e Siria e il ruolo sempre più significativo delle forze di combattimento del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) turco e del Partito dell’Unione Democratica (PYD) siriano anche in territorio curdo-iracheno hanno indebolito la legittimità del KDP presso la popolazione curda nel suo complesso. E’ questo, ad esempio, il caso della difesa degli Yezidi contro l’avanzata dello Stato Islamico sul monte Shengal (Sinjar). Dopo l’intervento congiunto delle milizie curdo-turche e curdo-siriane nelle aree settentrionali del KRG, a difesa della popolazione Yezidi, la presenza costante di milizie armate curde provenienti da Siria e Turchia hanno fatto temere al Governo di Erbil che ci fosse la possibilità di perdere il controllo effettivo dell’area. Sotto questa luce bisogna, ad esempio, leggere il blocco da parte dei Peshmerga della strada che unisce il Rojava (Kurdistan siriano) a Shengal e l’annuncio del Comandante delle forze Peshmerga secondo il quale l’intervento per la liberazione della città di Sinjar sarà esclusiva competenza curdo-irachena e che non è prevista la presenza di milizie curdo-turche e curdo-siriane.
I due aspetti potrebbero sembrare separati, ma le interconnessioni sono significative e si radicano nella storia dei rapporti tra le diverse espressioni politiche della popolazione curda nei quattro paesi in cui è suddivisa: gestione esclusiva del potere e controllo territoriale come aspetti di una stessa politica di centralizzazione del potere tesa al rafforzamento dell’autonomia del KRG dall’esterno e alla marginalizzazione delle opposizioni all’interno. Nena News