Un documento reso pubblico ieri rivela che i servizi segreti israeliani smorzarono l’allarmismo propagandistico del premier. Proseguono intanto i negoziati tra Teheran e 5+1 a Ginevra.
della redazione
Gerusalemme, 24 febbraio 2015, Nena News – “L’Iran in questo momento non sta svolgendo attività necessarie a produrre armi”. Parola del Mossad. Secondo i documenti pubblicati da Al Jazeera e dal The Guardian ieri, nell’ottobre 2012 – mentre il premier Netanyahu si presentava all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con il fumetto di una bomba iraniana pronta all’esplosione – i servizi segreti israeliani erano di tutt’altra opinione: Teheran non stava affatto costruendo la bomba nucleare e non ci sarebbe comunque arrivata nel corso dell’anno successivo.
Secondo i due media, il documento era parte di una corrispondenza scambiata con l’intelligence sudafricana, ma girata anche ad altri servizi segreti tra cui quelli russi e statunitensi. La rivelazione giunge in un momento politicamente caldo per il premier Netanyahu, a meno di un mese dalle elezioni: il prossimo 3 marzo, tra una settimana, il primo ministro parlerà al Congresso Usa della minaccia nucleare iraniana, un discorso che aveva provocato non pochi screzi con la Casa Bianca. Netanyahu non è stato invitato dal presidente Obama, come prassi diplomatica vuole, ma dal partito Repubblicano: l’aver saltato a piè pari la procedura standard e il via libera di Washington non era piaciuto affatto all’amministrazione Usa, soprattutto nel bel mezzo del dialogo sul programma nucleare di Teheran.
Ma a Netanyahu lo spettro iraniano fa comodo: meglio parlare di minaccia esterna che dei problemi socio-economici del paese. Certo è che la velina del Mossad non aiuta il premier: negli stessi giorni in cui veniva inviata, Netanyahu era al Palazzo di Vetro con in mano la vignetta di una bomba che voleva rappresentare il livello di arricchimento dell’uranio raggiunto da Teheran. Al 90%, secondo Bibi, pronto ad esplodere: “Entro la prossima primavera [2013, ndr], al massimo entro l’estate con tali tassi di arricchimento, avranno passato il livello medio e si prepareranno all’ultimo gradino. Da allora, in pochi mesi, forse poche settimane, avranno abbastanza uranio arricchito per la loro prima bomba”.
Diversa la versione del Mossad: “Anche se l’Iran ha accumulato il 5% di uranio arricchito per alcune bombe e 100 kg di materiale arricchito al 20%, non sembrano pronto a superare tali livelli – si legge nel documento reso pubblico ieri – Ovvero l’Iran in questo momento non sta svolgendo l’attività necessaria a produrre armi, sta lavorando per coprire gap in are che appaiono legittime, come l’arricchimento, i reattori, che ridurranno i tempi di produzioni di armi”.
Insomma, niente allarmismi, dicono i servizi segreti israeliani. Ma, per Netanyahu, il campanello d’allarme stava già suonando: di lì a poco, nel novembre 2013, sarebbe partito il dialogo senza precedenti tra Iran e comunità internazionale per un accordo definitivo sul nucleare. Un dialogo che con il 5+1 (Usa, Gran Bretagna, Francia, Russia, Cina e Germania) prosegue, più o meno spedito: inizialmente si sperava di giungere ad un accordo entro lo scorso giugno.
In mezzo resta Bibi: la Casa Bianca, ufficiosamente, non nasconde il timore che il discorso che il premier israeliano terrà al Congresso possa minare i negoziati, già molto sensibili ad ogni intervento esterno, con Teheran. Soprattutto in vista della nuova scadenza: entro marzo il 5+1 intende gettare le basi dell’accordo che si vorrebbe stipulato entro il 30 giugno prossimo.
Ieri dopo 4 giorni di incontri a Ginevra, un funzionario statunitense ha fatto sapere che le due parti hanno discusso della possibilità di congelare il programma nucleare per 10 anni e poi permettere a Teheran di costruire gradualmente le proprie capacità nucleari, che da sempre la leadership iraniana afferma di essere dirette a scopi energetici e pacifici. Che sia in dirittura d’arrivo il compromesso definitivo? Washington preme per un congelamento ventennale, Teheran rilancia con uno decennale.
I negoziati proseguiranno questa settimana, per buona pace del premier israeliano. Non è la prima volta che Netanyahu viene sbugiardato dai suo più stretti collaboratori: era successo con l’ex capo del Mossad Meir Dagan, che dopo le dimissioni nel 2010 rivelò di essersi opposto fermamente all’ordine di attaccare l’Iran; nel 2012 quando l’ex capo dello Shin Bet (i servizi segreti interni), accusò Netanyahu di leadership “messianica” e di usare la questione Iran per fare propaganda; e infine con il capo di Stato maggiore Benny Gantz, che suggerì di trattare Teheran “con accortezza, senza isterismi”. Nena News
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