Dopo l’incidente di ieri – un palestinese ha investito sette pedoni e ucciso una bambina di tre mesi – sale la tensione: raid nella casa del sospetto, arrestati 4 familiari. Il governo di Tel Aviv punta il dito sull’esecutivo Hamas-Fatah, già target dell’offensiva contro Gaza
di Chiara Cruciati
Roma, 23 ottobre 2014, Nena News – Incidente o attentato? Le autorità israeliane sono certe: ieri a Gerusalemme il 21enne Abdel-Rahman al-Shaloudi voleva uccidere. Il ragazzo palestinese, originario di Silwan, ha centrato con la sua auto sette pedoni a una fermata del tram ad Ammunition Hill, uccidendo un bambino di tre mesi, Haya Zissel Braun.
Al-Shaloudi – secondo le autorità militari israeliane, è il nipote di un membro di Hamas ucciso in Cisgiordania nel 1988 – è stato subito colpito dal fuoco dalla polizia ed è morto stamattina in ospedale. A pagare per prima è stata la famiglia di al-Shaloudi: la polizia ha fatto irruzione nella casa del giovane a Silwan e ha poi arrestato quattro membri della famiglia che si erano recati in ospedale a far visita al ragazzo.
Subito sono scoppiati scontri in tutta Gerusalemme Est, già protagonista di vere e proprie battaglie tra manifestanti palestinesi e polizia israeliana a giugno e luglio, durante la campagna di ricerca dei tre coloni scomparsi vicino Hebron. Una campagna durissima che solo a Gerusalemme condusse ad oltre 760 arresti.
La polizia israeliana ha promesso misure immediate e “tolleranza zero” per simili atti, per chiunque “disturbi la quiete e la sicurezza pubbliche”. La stessa tolleranza zero non è stata invece applicata pochi giorni fa quando un colono israeliano ha investito una bambina palestinese di 5 anni, Enas Khalil, senza fermarsi a soccorrerla, nel villaggio di Sinjil, vicino Ramallah.
Immediata la reazione del governo di Tel Aviv: il premier Netanuyahu ha accusato il presidente dell’Autorità Palestinese Abbas di incitamento alla violenza, di aver incoraggiato tali atti tra la popolazione palestinese. Un’accusa non certo nuova. Ogni volta che nei Territori occupati accade qualcosa di simile la colpa è riversata sulla leadership palestinese, nel tentativo chiaro di screditare l’Anp agli occhi della comunità internazionale e dipingerla come un partner inaffidabile nel processo di pace.
Il dito israeliano è puntato sul nuovo governo di unità nazionale Fatah-Hamas, spettro di Tel Aviv che contro la riconciliazione ha lanciato la più sanguinosa offensiva di sempre contro la Striscia di Gaza, la scorsa estate, oltre 2.150 vittime: “Questo è il modo in cui i partner di Abbas nel governo operano, lo stesso Abbas pochi giorni ha incitato a colpire ebrei a Gerusalemme”, ha detto Netanyahu in riferimento al discorso del presidente palestinese che chiedeva di fermare i coloni ebrei che entravano nella Spianata delle Moschee. Da giorni la moschea di Al-Aqsa è teatro di scontri tra manifestanti e polizia, perché chiusa a gran parte dei fedeli musulmani che vedono invece entrare scortati dai poliziotti estremisti israeliani che così tentano di rivendicare per sé il luogo sacro.
Quando accade il contrario – quando sono coloni o cittadini israeliani a compiere atti di violenza contro residenti palestinesi, atti molto più frequenti – il responsabile è additato di estremismo o instabilità mentale. Niente a che vedere con la politica. È accaduto per l’omicidio brutale del piccolo Mohammed Abu Khdeir, accade ogni volta si registri un nuovo atto ‘Price tag’ in Cisgiordania.
A dar man forte al premier israeliano è la Casa Bianca che condanna “nei termini più forti possibile, l’attacco terroristico a Gerusalemme”, ha detto la portavoce del Dipartimento di Stato, Jen Psaki: “Chiediamo a tutte le parti di mantenere la calma ed evitare un’escalation della tensione”.
Ma la calma a Gerusalemme non regna mai. Lo spiega bene questa mattina Gideon Levy, editorialista israeliano del quotidiano Ha’aretz: a monte il regime di apartheid che vige sulla città santa e che è dietro la tensione mai sedata: “L’attacco di Gerusalemme non dovrebbe sorprendere nessuno. Dopotutto due nazioni vivono nella Pretoria dello Stato di Israele. A differenza di altre aree occupate, qua ci dovrebbe essere una certa uguaglianza tra i due popoli: carta d’identità blu per entrambi, libertà di movimento, tasse di proprietà pagate al comune, assicurazione nazionale. Tutto israeliano. Ma Gerusalemme è riempita di bugie. È diventata la capitale dell’apartheid israeliana”.
“La verità va detta: eccetto per l’incidente scioccante di mercoledì, i palestinesi sono diventati una delle nazioni più tolleranti della storia. Arresti di massa, violenze dei coloni, deprivazione, espulsione, confische. E restano in silenzio, fatta eccezione per le recenti proteste con le pietre – continua Levy – Gli arresti di massa a Gerusalemme che non generano interesse in Israele, l’invasione coloniale dei quartieri arabi con il sostegno di tribunali e governo, l’abbandono criminale da parte dei responsabili della città: tutto ciò avrà un prezzo. Quanto a lungo guarderanno i loro figli uscire di casa con la paura di essere aggrediti da estremisti nelle strade? Quando a lungo guarderanno i loro figli arrestati per ogni pietra lanciata? Quanto a lungo assisteranno all’abbandono del loro quartiere? Quanto a lungo consentiranno la tacita espulsione dalla città? Non è apartheid questa?”. Nena News