La nostra rubrica del sabato sul continente africano parlerà anche del nuovo rapporto della Fao e del Wfp secondo cui tre Paesi africani (insieme allo Yemen) presentano gravi livelli di insicurezza alimentare e potrebbero raggiungere una preoccupante carestia entro tre o sei mesi
di Federica Iezzi
Roma, 5 dicembre 2020, Nena News –
Burkina Faso, Sud Sudan, Nigeria
Gli hotspot in tre Paesi africani, Burkina Faso, Sud Sudan e Nigeria, insieme allo Yemen, presentano gravi livelli di insicurezza alimentare e potrebbero potenzialmente raggiungere una preoccupante carestia entro tre o sei mesi.
Il rapporto Early Warning Analysis of Acute Food Insecurity Hotspots, condotto dall’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e dal Programma Alimentare Mondiale (WFP), ha rilevato che milioni di persone, già di fronte ad una critica carenza di cibo, sono oggi sull’orlo della carestia, mentre la pandemia legata al virus SARS-CoV-2 saccheggia l’occupazione, interrompe le attività agricole, abbatte l’economia e fa salire i prezzi del greggio.
I Paesi stanno già fronteggiando una pericolosa combinazione di eventi tra conflitti armati, sfollamento di massa, crisi economica e calamità climatica e agricola.
L’importo disponibile per soddisfare i bisogni primari è estremamente ridotto e dunque altre spese come l’istruzione e la spesa sanitaria saranno irrimediabilmente tagliati.
L’analisi della FAO e del PAM elenca altri 16 Paesi e territori, da Haiti allo Zimbabwe, a rischio di aumento dei livelli di malnutrizione acuta. Nel 2019, 135 milioni di persone hanno affrontato una crisi o un’emergenza alimentare in 55 Paesi.
A meno che non venga intrapresa un’azione critica, il mondo potrebbe sperimentare il suo primo focolaio di carestia da quando è stato dichiarato l’ultima volta nel 2017, in alcune regioni del Sud Sudan. La carestia è la più grave delle cinque fasi utilizzate dall’Integrated food security Phase Classification (IPC) per tracciare i gradi crescenti di insicurezza alimentare.
Burundi
Almeno 18 rifugiati e richiedenti asilo di nazionalità burundese sono scomparsi forzatamente dai campi profughi in Tanzania nell’ultimo anno, secondo un nuovo rapporto di Human Rights Watch.
Molti sono stati torturati in una stazione di polizia a Kibondo, in Tanzania. Sette rimangono dispersi, mentre tre sono stati rilasciati dopo diverse settimane. Otto sono stati consegnati alle autorità del Burundi e trattenuti in prigione in condizioni pessime, senza un giusto processo.
Molti degli oltre 150.000 rifugiati in Tanzania sono fuggiti da disordini politici nel 2015, quando sono state represse decine di proteste contro la candidatura del presidente Pierre Nkurunziza per un ulteriore mandato.
L’ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite è stato espulso dal Paese dopo aver segnalato più di 300 esecuzioni extragiudiziali.
L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati ha espresso preoccupazione alle autorità tanzaniane per le sparizioni forzate.
Etiopia
Il governo etiope e le Nazioni Unite hanno raggiunto un accordo per convogliare gli aiuti umanitari disperatamente necessari nella regione settentrionale del Tigray, in seguito all’inasprimento del conflitto interno.
L’accordo consentirà agli operatori umanitari un accesso senza ostacoli alle aree del Tigray, dove le truppe federali stanno combattendo contro il Tigray People’s Liberation Front (TPLF).
Il conflitto ha ucciso migliaia di persone, costretto più di 45.000 civili a rifugiarsi nel vicino Sudan, e aggravato le sofferenze in una regione in cui 600.000 persone dipendevano già dagli aiuti alimentari. Secondo il Comitato Internazionale della Croce Rossa, inoltre, attualmente in Tigray mancano attrezzature mediche di base.
Le Nazioni Unite e i partner umanitari in Etiopia si sono impegnati, con il governo Abiy e tutte le parti in conflitto, a garantire che l’azione umanitaria nelle regioni di Tigray, Amhara e Afar sia rigorosamente condotta in conformità con i principi di umanità, imparzialità, indipendenza e neutralità.
Pingback: FOCUS ON AFRICA | federicaiezzi