La nostra rubrica del sabato sul continente africano vi porta anche in Mali dove le autorità locali hanno liberato una ventina di oppositori politici arrestati durante l’ultima ondata di proteste durante che ha chiesto le dimissioni del presidente Keita
di Federica Iezzi
Roma, 18 luglio 2020, Nena News –
Zimbabwe
Il Paese è in preda a una grave crisi economica. La sua valuta, il dollaro dello Zimbabwe, è praticamente crollata e ora scambia a 1:90 contro il dollaro USA. I prezzi delle merci stanno aumentando rapidamente, la produzione e le esportazioni stanno diminuendo e la valuta estera scarseggia.
Con una valuta in rapida svalutazione e un’iperinflazione misurate per l’ultima volta a maggio quasi all’800% su base annua, la maggior parte degli zimbabwani ha visto sparire i propri guadagni.
Inoltre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 90%. I professionisti sono stati duramente colpiti dal tracollo economico.
I leader dell’opposizione e gli economisti sostengono che la crisi economica è a un punto di non ritorno, per gli alti livelli di inflazione, la grave compressione dei salari per lavoro, le perdite di reddito e di cambio per le imprese, le persistenti carenze di carburante, la corruzione e l’enorme necessità di aiuti umanitari.
Nel 2009, l’inflazione ha spinto lo Zimbabwe a abbandonare la sua valuta sovrana in fallimento a favore di una serie di valute estere guidate dal dollaro degli Stati Uniti.
Nel tentativo di porre fine alla carenza di dollari USA, la banca centrale dello Zimbabwe nel 2016 ha introdotto una forma di valuta surrogata, che è stata sostenuta da un meccanismo obbligazionario da 200 milioni di dollari dell’Africa Export-Import Bank.
Ma le speculazioni del mercato nero hanno rapidamente eroso il valore delle obbligazioni, innescando una carenza che la banca centrale ha cercato di compensare creando banconote elettroniche. Nel febbraio 2019, le obbligazioni, sia fisiche che elettroniche, sono state fuse nello Zimdollar (Real Time Gross Settlement dollar, RTGS).
I problemi dello Zimbabwe risiedono nella cultura della governance, nello spirito del clientelismo nella leadership, nell’incoerenza delle politiche e nelle istituzioni in declino.
Repubblica Democratica del Congo
Nuovo focolaio di Ebola nella provincia di Equateur, nella regione occidentale della Repubblica Democratica del Congo, al confine con la Repubblica Centrafricana.
La provincia comprende parte del fiume Congo. Si tratta di una vasta area geografica in cui le comunità sono fortemente collegate e gli abitanti sono abituati a percorrere lunghe distanze.
Un’epidemia di Ebola dall’altra parte del Paese, nelle province di Ituri e Nord Kivu, iniziata nell’agosto 2018, ha ucciso oltre 2.200 persone.
Quasi 50 nuovi casi noti secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
L’OMS ha dichiarato di aver vaccinato 11.327 persone contro l’Ebola nell’ultimo mese.
La Repubblica Democratica del Congo, uno dei Paesi più poveri del mondo, sta anche affrontando un’epidemia di morbillo che ha ucciso oltre 6.000 bambini, e l’epidemia legata al virus SARS-CoV-2, che ha contagiato 8199 persone e ne ha uccise 193.
Mali
Le autorità maliane hanno liberato una ventina di oppositori politici arrestati dalle forze di sicurezza durante l’ultima ondata di proteste, ancora in corso a Bamako, che chiede le dimissioni del presidente Ibrahim Boubacar Keita.
Il gesto appare come un’offerta di Keita per calmare le tensioni scatenate dal malcontento, legato alla responsabilità nella gestione dei gruppi armati ribelli in Mali.
Gli scontri sono arrivati dopo il rinnovo dell’ennesima missione delle Nazioni Unite in Mali e dell’Unione Africana, nel blocco regionale dell’Africa occidentale ECOWAS.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha votato all’unanimità di prorogare il mandato della sua forza di mantenimento della pace in Mali per altri 12 mesi, senza alcun taglio del personale.
Il rinnovo della missione, nota come MINUSMA, rimane dunque con 13.289 soldati e 1.920 agenti di polizia.
Per più di un anno, gli Stati Uniti, con il più grande contributo finanziario delle Nazioni Unite, hanno regolarmente messo in discussione la missione, ritenendola inadatta a causa della violenza continua nella nazione dell’Africa occidentale.
Nel frattempo, la Francia, che ha assunto il ruolo militare più attivo di qualsiasi potenza straniera nella sua ex colonia, vede la missione MINUSMA come una componente essenziale di un’ampia coalizione di forze che sta tentando di allontanare gruppi armati ribelli.
Il Mali sta lottando per contenere un conflitto multistrato e complesso che è scoppiato nel 2012 e che ha ucciso migliaia di civili. Nonostante la presenza di migliaia di truppe francesi e delle Nazioni Unite, la violenza ha inghiottito il Mali e si è diffusa nei vicini Burkina Faso e Niger. Gli attacchi sono cresciuti esponenzialmente, con 4.000 persone uccise nel 2019, secondo le Nazioni Unite.
Anche il numero di persone costrette a lasciare le loro abitazioni a causa del rapido deterioramento della sicurezza nella regione è aumentato a 1,5 milioni.
La missione MINUSMA opera in un ambiente instabile che limita le iniziative di costruzione della pace e costringe la missione verso un piano difensivo.