La vendetta promessa dopo le elezioni si abbatte sulle opposizioni politiche e sociali: arrestati 5 poliziotti e attaccata la fabbrica simbolo della lotta dei lavoratori turchi.
di Serena Tarabini
Istanbul, 12 aprile 2014, Nena News – Non tarda a farsi sentire sull’azione di governo in Turchia l’effetto delle elezioni amministrative, il cui risultato ha legittimato la figura del premier Recep Tayp Erdogan. Ne è un esempio l’anatema contro i presunti componenti di uno Stato parallelo lanciato dal balcone la sera della vittoria e che ha già prodotto i primi arresti: cinque ufficiali di polizia, del distretto di Adana sono accusati di attività di intercettazione illegali.
Un altro segnale di come il governo si senta maggiormente autorizzato ad agire in maniera autoritaria è lo sgombero avvenuto ieri di GREIF, una fabbrica di sacchi di plastica situata nella periferia europea di Istanbul, occupata il 10 febbraio del 2014. Un esempio di lotta operaia radicale e coraggiosa in un Paese in cui tradizionalmente i diritti dei lavoratori e l’agibilità sindacale sono fortemente limitati. Per mesi la fabbrica occupata è stata fucina di incontri, attività che sono andate oltre la vertenza specifica, puntando ad un’unificazione delle lotte nel Paese e alla mobilitazione di tutti i lavoratori delle aziende in un’ottica di rafforzamento quando non superamento dell’agire sindacale.
Un ambito di lotta che rappresenta, se non una spina nel fianco, un sassolino nella scarpa per il governo Turco, e di cui ora, tronfio del successo elettorale, ha deciso di liberarsene. Lo sgombero della fabbrica è avvenuto in pieno stile Erdogan: ingente dispiegamento di forze di polizia, operai aggrediti e feriti, decine e decine di arresti. Un segnale chiaro e minaccioso verso i movimenti e i sindacati che hanno dichiarato di non voler rinunciare a Piazza Taksim per le celebrazioni del Primo Maggio.
Nel frattempo il premier continua la sua guerra contro gli organi giudiziari: dichiara di non voler rispettare la decisione della corte che ha ritenuto una violazione della libertà d’espressione l’oscuramento di Twitter e YouTube e tarda nel rimuovere il blocco. Anche l’ultimo pronunciamento della Corte Costituzionale sulla recente riforma della giustizia non è risultata gradita al governo: la parte che conferisce maggiori poteri al titolare del Ministero della Giustizia è stata ritenuta incostituzionale in quanto non rispetta l’indipendenza dei giudici. Fra i tanti commenti infastiditi del governo spicca quello, ambiguo, del ministro delle Scienze, della Tecnica e dell’Industria, secondo cui la decisone della Corte mostra la necessità di cambiare la Costituzione.
Un governo quindi che incrocia le spade con qualsiasi forma di dissenso e che ventila forzature allo scheletro istituzionale per legittimare la sua logica autoritaria. Una tendenza già individuata e denunciata dalle forti proteste che hanno attraversato il Paese nell’ultimo anno, ma che non sono riuscite a influenzare il risultato delle urne. Nena News