Secondo il nuovo libro del giornalista americano Woodward, il presidente Usa non crede inoltre che il principe ereditario saudita sia il mandante dell’assassinio dell’editorialista del Washington Post (come invece ritiene l’intelligence Usa). Lunedì un tribunale saudita ha convertito le pene di morte di cinque persone condannate per l’omicidio in 20 anni di carcere
della redazione
Roma, 11 settembre 2020, Nena News –Il presidente statunitense Donald Trump si sarebbe vantato di aver protetto il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman (Mbs) dopo la brutale uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi avvenuta nell’ottobre del 2018. E’ quanto emerso dalle indiscrezioni del libro “Rage” del giornalista e saggista statunitense Bob Woodward in uscita il prossimo 15 settembre. Secondo quanto ha riferito ieri Businness Insider citando parti del libro, Trump avrebbe detto: “Gli ho salvato il culo. Sono riuscito a fare in modo che il Congresso (americano) lo lasciasse in pace. Sono riuscito a fermarli”. In effetti, nonostante il putiferio scatenato nel mondo politico americano dall’uccisione del giornalista saudita, The Donald riuscì ugualmente a farsi beffa del Congresso e a vendere a Riyadh circa 80 miliardi in armi (missili guidati e altri armamenti ad alto valore tecnologico). Trump pose anche il veto a tre risoluzioni del Congresso che lo rimproveravano per la vendita di armi e bloccò una risoluzione che chiedeva lo stop al sostegno militare americano alla guerra di Arabia Saudita ed Emirati in Yemen.
Editorialista del Washington Post, Khashoggi (59 anni) si era recato nell’ottobre del 2018 nel consolato saudita a Istanbul per poter ottenere la necessaria documentazione per sposare la sua fidanzata Hatice Cengiz. Ma dal consolato non è mai più uscito.
Sempre secondo quanto scrive Woodward, contraddicendo rapporti dell’intelligence statunitense e straniera, Trump è convinto che Bin Salman non sia il mandante dell’assassinio. Alcune anticipazioni del libro di Woodward già stanno facendo discutere: Trump, ad esempio, sapeva dei pericoli del Covid, ma ha ammesso di aver minimizzato sui rischi della pandemia. Woodward ha scritto di aver contattato Trump il 22 gennaio poco dopo il World Economic Forum di Davos (Svizzera) e di averlo pressato sul caso Khashoggi. In quella conversazione il presidente si sarebbe vantato della sua protezione di bin Salman.
L’uccisione brutale dell’editioralista del Washington Post fa ancora discutere perché restano molti interrogativi irrisolti. Innanzitutto dove sono i suoi resti. Quel che pare ormai certo è che il suo corpo fu fatto a pezzi all’interno del consolato da un team giunto direttamente dall’Arabia Saudita (alcuni uomini erano vicini a bin Salman). Zeki Demir, un tecnico che lavorava nella struttura diplomatica saudita, ha detto ad un tribunale turco lo scorso 3 luglio che gli fu chiesto di accendere un forno meno di un’ora dopo l’arrivo di Khashoggi nell’edificio consolare. “C’erano 5 o 6 persone, mi chiesero di accenderlo. C’era un atmosfera di panico”, ha detto Demir durante il processo parallelo svolto in Turchia.
Quello “vero”, tenuto in Arabia Saudita, è stato ampiamente criticato a livello internazionale. Lunedì un tribunale saudita ha convertito cinque sentenze di morte in 20 anni di reclusione. Altri tre imputati hanno ricevuto pene dai 7 ai 10 anni di carcere. Tra i principali critici del lavoro svolto dalla corte saudita, c’è Agnes Callamard, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani, che ha definito il processo una “farsa” per la sua mancanza di trasparenza e per non aver tenuto in conto la responsabilità di bin Salman. Nel giugno del 2019 Callamard rilasciò un rapporto in cui affermava che c’erano “prove credibili” che Khashoggi fu “vittima di una esecuzione extragiudiziale premeditata di cui è responsabile lo stato saudita”. Nena News