La principale forza della sinistra palestinese non si presenterà alle elezioni di maggio in seguito alla “violenta repressione” delle manifestazioni di domenica da parte di Ramallah
della redazione
Roma, 14 marzo 2017, Nena News – La repressione delle manifestazioni di protesta di domenica a Ramallah (prima) e nel campo rifugiati di Duheishe (dopo) compiuta dall’Autorità Palestinese (Ap) ha avuto una prima conseguenza politica: il Fronte popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) ha sospeso ieri la sua partecipazione alle elezioni locali in programma il prossimo 13 maggio. A riferirlo è stata la parlamentare Khalida Jarrar. Il “no” della principale forza della sinistra palestinese, ha spiegato Jarrar, è figlio delle misure “repressive” dell’Ap contro i membri della famiglia e sostenitori di Basel al-Araj, l’attivista e intellettuale palestinese ucciso il 6 marzo nel corso di un conflitto a fuoco con l’esercito israeliano.
La decisione del Fronte popolare, ha aggiunto la parlamentare, potrebbe essere rivista solo se gli ufficiali dell’Autorità palestinese responsabili delle violenze saranno incriminati. Il caso al-Araj e di altri 5 palestinesi arrestati dall’Ap, poi rilasciati per poi essere riarrestati (quasi tutti) da Israele e per i quali un tribunale di Ramallah domenica ha detto di volerli processare ha suscitato molto rabbia presso la popolazione locale. Molti, infatti, lo considerano un nuovo inaccettabile esempio della cooperazione alla sicurezza tra Tel Aviv e Ramallah. Del resto lo stesso al-Araj era stato detenuto dalle forze dell’Ap per sei mesi senza alcun capo d’accusa, secondo alcuni probabilmente su esplicita richiesta israeliana.
La risposta repressiva domenica delle forze di sicurezza palestinesi non ha fatto che gettare altra benzina sul fuoco sul già diffuso malcontento verso l’Ap. Le immagini diffuse da emittenti locali come al-Quds Network in cui si vedono decine di manifestanti violentemente colpite dai manganelli della polizia sono state molto condivise sui social scatenando un ginepraio di polemiche. Nel tentativo di calmare gli animi, il premier Rami Hamdallah ha provato a metterci ieri una pezza promettendo l’apertura di una inchiesta volta a chiarire quanto accaduto fuori il tribunale.
Ma l’annuncio di Hamdallah è stato tutto tranne che chiaro: le indagini verteranno sulle possibili violenze commesse dai manifestanti o sugli abusi della polizia? E perché non c’è stato alcun riferimento agli scontri simili accaduti qualche ora dopo nel campo rifugiati di Duheishe dove le forze di sicurezza hanno sparato pallottole vere verso i manifestanti? Quel poco che si sa è che la commissione d’inchiesta dovrebbe iniziare i suoi lavori il prossimo lunedì e sarà guidata dal sottosegretario agli Interni Mohammd Mansour e includerà anche il direttore della Commissione indipendente palestinese per i diritti umani Ammar Dweik così come il capo dell’Unione avvocati Hussein Shabana.
Hamdallah ha provato a tranquillizzare tutti: “Nessuno è al di sopra la legge neanche le unità di sicurezza” aggiungendo poi di rifiutare “qualunque attacco alla libertà di parola e di opinione, diritti garantiti per il diritto palestinese”. Una lancia è stata spezzata anche a favore dei giornalisti che avevano denunciato domenica di essere stati aggrediti dagli agenti di sicurezza. Eppure non è la prima volta che le forze palestinesi finiscono sul banco degli imputati per eccessiva violenza, intimidazione verso di chi osa criticare la collaborazione con le autorità israeliane. Una cooperazione che, nonostante i litigi tra Ramallah e Tel Aviv sulle colonie, viaggia spedita. Tra i risultati più riusciti vi è sicuramente la “politica delle porte girevoli”, espressione che indica come i detenuti palestinesi passino dalle celle dell’Ap a quelle d’Israele senza alcun tipo di problema.
La decisione del Fronte di ritirarsi dalle municipali rappresenta un nuovo duro colpo alle contestatissime elezioni locali. Quando infatti il governo palestinese (dominato dal partito Fatah) le ha annunciate a fine gennaio sia in Cisgiordania che a Gaza, dalla Striscia gli islamisti di Hamas e della Jihad Islamica le hanno prontamente rifiutate. A loro giudizio sarebbe necessario prima giungere ad una pacificazione tra Hamas e Fatah e solo in un secondo momento attivare la macchina elettorale. La risposta piccata dell’Ap è arrivata alla fine di febbraio quando ha deciso che le municipali avrebbero avuto luogo sempre a maggio, ma questa volta solo in Cisgiordania. Senza poi dimenticare che le elezioni erano state inizialmente fissate per ottobre del 2016, ma erano state posticipate con la scusa che si sarebbero dovute tenere in tutta la Palestina occupata.
Nella notte, intanto, l’esercito israeliano ha arrestato 18 persone (tre sono minori). Secondo uno studio dell’Onu, i blitz settimanali delle forze armate di Tel Aviv in territorio (teoricamente) palestinese sono stati 95 nel 2016, mentre sono finora 73 nel 2017. Alla lista dei detenuti si è aggiunto anche il noto cartografo palestinese Khalil Tufaji che è stato arrestato mentre era nel suo ufficio di Gerusalemme est. Nel corso del raid, i militari israeliani avrebbero sequestrato anche documenti e computer. In una nota della polizia, Tufaji, ex negoziatore di pace, è stato accusato di condurre ricerche con l’Autorità palestinese. La stessa Ap con cui Tel Aviv si coordina alla sicurezza. Nena News