La “capitale” dell’Isis non è ancora del tutto libera, 300 miliziani resistono. E non è nota la sorte dei 275 islamisti evacuati in questi giorni
della redazione
Roma, 16 ottobre 2017, Nena News – La fase finale per la ripresa di Raqqa è stata lanciata ieri. La città, “capitale” dello Stato Islamico, è data per liberata da giorni ma resistono ancora sacche di islamisti. Si parla di qualche centinaio di miliziani, dopo l’evacuazione di quasi 300 combattenti dopo l’accordo siglato con la coalizione a guida Usa e le Forze Democratiche Siriane, federazione di kurdi, assiri, turkmeni, arabi attiva sul terreno.
Continua anche la fuga dei civili: tra sabato e ieri sono riusciti a lasciare la città altre 3mila persone. In condizioni terribili: la devastazione di Raqqa è visibile nel grigiore dei palazzi distrutti, nei quartieri in macerie ma soprattutto nei volti emaciati della popolazione, che inizia ad uscire da quattro anni di occupazione islamista, di punizioni corporali, fame e assenza di servizi.
Secondo quanto dichiarato dalle Sdf, il 90% della città è libera. Ma proseguono i bombardamenti: questa mattina i jet statunitensi hanno lanciato altri attacchi sulle postazioni Isis rimanenti. Le forze kurde rassicurano, i civili sono stati evacuati, nessuno sarà più utilizzato come scudo umano dai 300 miliziani ancora presenti e intenzionati a non arrendersi come i 275 che hanno invece lasciato a bordo di autobus la città. La destinazione è ignota. Dubbi anche sull’accordo che sarebbe stato stipulato con i miliziani, mancano i dettagli e le dichiarazioni che si sommano in queste ore paiono contradditorie: “L’ultima cosa che vogliamo è che i foreign fighters possano tornare nei loro paesi di origine e provocare altro terrore”, ha detto il portavoce della coalizione Usa, il colonnello Dillon. Che parla di “soluzione locale”, senza fornire informazioni aggiuntive.
Prima città a cadere in mano allo Stato Islamico nel 2014, prima di Mosul, Raqqa ha rappresentato in questi anni il progetto statuale dell’Isis, l’aspirazione a farsi Stato. La sua perdita, come quella della città irachena, sarà sicuramente un colpo duro per i vertici islamisti che hanno comunque già mostrato l’intenzione di proseguire, con strategie diverse, nella loro avanzata: reclutamento online nei paesi dell’area, attentati delle cellule presenti nelle città non occupate, guerriglia che destabilizza gli Stati-nazione, semi falliti.
L’Isis dunque non è finito, sebbene indebolito dalle perdite subite, ormai quasi privo di roccaforti stabili. E il conflitto continua. Non solo quello contro lo Stato Islamico: a nord della Siria la Turchia avanza nonostante le condanne di Damasco. Dopo i primi 30 veicoli militari entrati a Idlib la scorsa settimana, ieri le forze turche sul terreno sono aumentate. Sarebbero almeno 200 i soldati presenti, sostenuti e coperti dall’Esercito Libero Siriano e – dice proprio l’Els – dai qaedisti dell’ex al-Nusra che avrebbero scortato i tank turchi a Idlib.
Secondo fonti locali, Ankara avrebbe inviato anche escavatori per innalzare fortificazioni e costruire posti di osservazione. Al momento le truppe turche si trovano nella zona di Samaan e le montagne di Sheikh Barakat. Vicinissimo, dunque, a pochi chilometri dalle postazioni delle Ypg kurde di Rojava che difendono il cantone di Afrin, vero obiettivo dell’operazione di Ankara. Nena News