Il movimento, nato nel 2019 in solidarietà con la giornalista Hajar Raissouni, negli anni è cresciuto e oggi si batte per l’abrogazione del divieto all’aborto e al sesso fuori dal matrimonio. Intervista a Karima Nadir, portavoce del collettivo
di Melissa Aglietti
Roma, 28 gennaio 2022, Nena News – Quando alcune donne e uomini marocchini si sono riuniti per protestare contro l’arresto della giornalista Hajar Raissouni, accusata di aver avuto un aborto e di aver fatto sesso fuori dal matrimonio, non pensavano che le loro voci sarebbero state ascoltate.
Il loro manifesto, uscito a settembre 2019, subito dopo l’incarcerazione della Raissouni, è stato pubblicato in arabo, francese e inglese e ha dato nuova linfa al dibattito pubblico sui diritti individuali in Marocco. Ma a poco più di due anni dalla sua pubblicazione, il tema è ancora sul tavolo. «[Il dibattito sulle libertà individuali] non è un lusso, non è un favore, è una necessità», si legge nel manifesto dei «fuorilegge marocchini», redatto dalla regista Sonia Terrab e dalla scrittrice Leila Slimani.
Il documento, che è servito come spunto per la costituzione del Collectif 490, in riferimento all’articolo 490 del Codice penale marocchino, che punisce i
rapporti sessuali fuori dal matrimonio con la reclusione da un mese a un anno, ha raccolto 20 mila firme in due settimane. Ma se Raissouni è stata rilasciata, grazie anche alla mobilitazione pubblica innescata dal manifesto, molte altre sono costrette a confrontarsi con la prigione e la vergogna.
«Non volevamo dare vita a un altro movimento», spiega a Nena News Karima Nadir, portavoce del collettivo. «Doveva essere un’azione limitata nel tempo per la liberazione di Hajar Raissouni. Ma siamo rimasti sorpresi dal numero di persone che hanno sostenuto il nostro messaggio». Con più di 50mila follower su Instagram e una vasta rete di attivisti, il Collectif 490 si batte oggi per l’abolizione dell’articolo che proibisce il sesso fuori dal matrimonio e per il diritto all’aborto.
«È ora che all’interno della società marocchina si avvii un dibattito maturo su questi temi», dice Nadir. «Questo sistema di leggi non è in accordo con la Costituzione marocchina del 2011 e non lo è nemmeno con le convenzioni che il Marocco ha firmato per combattere le discriminazioni contro le donne, perché le più colpite da questo tipo di legislazione sono proprio loro».
La strada per l’abolizione dell’articolo 490 e l’introduzione di un aborto sicuro e garantito per tutte le persone è, però, in salita. «Siamo un Paese musulmano, i politici non hanno preso posizioni chiare su queste problematiche. Solo in qualche occasione alcuni si sono detti contrari a questo tipo di leggi che criminalizzano le libertà individuali. Gli altri avevano paura di perdere voti», racconta Nadir. «Il Marocco infatti soffre di una specie di schizofrenia: ci sono relazioni sessuali fuori dal matrimonio, ci sono aborti volontari, ma molti non vogliono che questo tipo di leggi vengano toccate, perché le ritengono in accordo con i valori di una nazione musulmana».
Per il collettivo, perfino il sostegno da parte della società civile non è scontato. «C’è chi crede che lottare per le libertà individuali non debba essere prioritario. Prima bisognerebbe lottare per il lavoro e per la salute. Ma questa visione dei diritti umani non è corretta: non puoi scegliere cosa mettere da un lato e cosa no. O prendi tutto, oppure lasci: le scelte individuali devono essere protette».
Nonostante molti marocchini non vogliano ammetterlo, le relazioni sessuali fuori dal matrimonio sono in aumento, così come i giovani che decidono di vivere la vita di coppia al di fuori dell’istituzione del matrimonio. «Sposarsi è visto come una formalità dai ragazzi e dalle ragazze marocchine», dice Nadir. «Ma di sesso in Marocco non bisogna parlarne: è qualcosa che si fa di nascosto perché considerato immorale. E la colpa è sia della religione che della società».
Un’altra critica che il collettivo muove all’articolo 490 è l’assenza, all’interno della sua formulazione, del concetto di consenso. «Una donna che subisce una violenza sessuale viene considerata colpevole perché ha avuto un rapporto sessuale fuori dall’istituto del matrimonio. E così in molte stanno in silenzio e non denunciano gli abusi», spiega Nadir.
«Un uomo che viene arrestato e che finisce in carcere per aver fatto sesso fuori dal matrimonio è visto come un eroe quando esce. Ma le donne invece sono considerate puttane. Sono rinnegate dalla famiglia, a stento trovano lavoro. Molte diventano prostitute. È una doppia pena. Chi non ha abbastanza soldi, poi, non ha nemmeno la possibilità di accesso a un aborto sicuro a casa. È un sistema di leggi che rende le differenze più grandi di quello che già sono».
Il collettivo raccoglie centinaia di testimonianze, grazie anche alla forte presenza sui social che gli ha permesso di raccogliere le voci dei più giovani. «Internet è diventato per i ragazzi e le ragazze marocchine lo strumento per farsi sentire. È il loro spazio per discutere e mettere sul tavolo le loro richieste. In televisione si sente dire che i giovani non si impegnano in politica e nella vita pubblica. Ma questo non è vero», racconta ancora la portavoce.
Un fenomeno testimoniato anche dal successo degli strumenti digitali nel promuovere idee e iniziative tra le nuove generazioni. Non è un caso, quindi, che in molti si proclamino femministi. «Se nasci in Marocco, non hai scelta», dice Nadir. «Devi essere femminista: una società sana può essere costruita solo da uomini e donne con gli stessi diritti». Nena News